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Sanità, i sindacati bocciano Ceriscioli
«Pronti alla mobilitazione»

ANCONA – Cgil, Cisl e Uil aprono la vertenza. Sauro Rossi (Cisl): “Troppi ruoli per il presidente della Regione, troppe poche persone decidono i destini della sanità regionale”. Case della salute, sanità privata, liste d'attesa, marchigiani costretti a curarsi fuori regione e le condizioni di lavoro degli operatori socio sanitari in testa all'agenda

Da sinistra i segretari regionali Cisl Sauro Rossi, Cgil Daniela Barbaresi e Uil Graziano Fioretti

 

Pronti alla mobilitazione, i sindacati aprono la vertenza sanità con la Regione Marche. “Servono impegni chiari, precisi e condivisi” dichiarano i segretari regionali Cgil Daniela Barbaresi, Cisl Sauro Rossi e Uil Graziano Fioretti. Altrimenti saranno indette le manifestazioni in tutta la Regione. Destinatario del messaggio di sfiducia e dissenso è soprattutto uno, Luca Ceriscioli. “Presidente della Regione, assessore alla sanità, assessore ai servizi sociali e vice commissario alla ricostruzione. Nemmeno superman ce la potrebbe fare” dichiara Sauro Rossi, senza girarci attorno, accusando la concentrazione di deleghe nelle mani del governatore. “La sensazione è che troppe poche persone decidono il destino della sanità regionale” continua Rossi, invocando maggiore “equilibrio nelle scelte delle dotazioni strumentali e delle strutture a favore dei territori”. Rossi prende spunto dall’ultima inaugurazione della Tac ultraveloce all’ospedale di Torrette. “Vanno resi trasparenti gli obiettivi programmatici delle scelte che si fanno. Anche nell’applicazione dei criteri di legge, come nella distribuzione delle specialità, ci sono margini di riflessione e confronto con i territori” conclude Rossi. Obiettivo dei sindacati dunque raccogliere e portare alla Regione “quelle sacche di disagio trascurate in modo colpevole”. “Non siamo portatori di interessi lobbistici, ma di interessi generali. Non riusciamo a comprendere la mancanza di volontà politica di confronto con le organizzazioni sindacali” aggiunge Graziano Fioretti. Il segretario regionale Cgil Daniela Barbaresi ha quindi illustrato la piattaforma dei sindacati. “C’è bisogno di un quadro di programmazione, basato sulle evidenze epidemiologiche e demografiche che superi gli interventi e le delibere spot con cui si fanno i conti attualmente – spiegano i sindacati -. Va inoltre favorita un’azione di maggior coinvolgimento dei territori nella definizione delle scelte di politica sanitaria che non possono ridursi ad un’asettica traduzione di disposizioni ministeriali. Tante sono le questioni rimaste aperte, a partire dall’offerta di servizi socio sanitari che, sebbene in via di potenziamento, resta troppo costosa per gli utenti, soprattutto nel caso dei servizi residenziali, e comunque insufficiente a rispondere ai bisogni dei cittadini più fragili, specie anziani, disabili e persone con disturbi mentali. L’assistenza socio sanitaria a domicilio, in particolare, oltre a ad essere sempre più oggetto di esternalizzazione, si caratterizza per livelli di copertura troppo esigui, come certificato dal Comitato Ministeriale per la verifica del rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza, che ha registrato carenze nelle Marche proprio rispetto all’Assistenza distrettuale, all’Assistenza Domiciliare Integrata e a quella semiresidenziale e residenziale. La trasformazione dei piccoli ospedali – continuano i sindacati – in strutture territoriali (Ospedali di Comunità) va combinata con importanti investimenti sulla rete dell’emergenza sanitaria, a partire dall’aumento dei Mezzi di Soccorso dotate di personale medico. Va altresì accompagnata dallo sviluppo delle Case della Salute, strutture fondamentali per la riorganizzazione delle cure primarie. Ai 15 presìdi che oggi risultano attivi ne vanno aggiunti un numero tra 8 e 11 – in coerenza con il piano di sviluppo concordato nel 2014 – da localizzare subito privilegiando le aree più sguarnite della nostra Regione. Indispensabile un rafforzamento di tutte le aree della prevenzione per le quali vanno irrobustite le risorse e aggiornate le dotazioni organiche”. Ancora: “Bisogna ripensare al ruolo della sanità privata, che “copre” in media il 13,2% dei posti letto ospedalieri, livello che sale al 36,3% nel settore della post acuzie. Gli erogatori privati dovrebbero integrare il sistema pubblico, piuttosto che concorrere apertamente nei suoi confronti, sfruttando condizioni di maggior favore dovute in parte a cornici contrattuali meno tutelanti per il loro personale. Il peggioramento delle condizioni di lavoro è una costante anche per i dipendenti pubblici, che dal 2010 ad oggi hanno visto venir meno 722 unità lavorative con contratto a tempo indeterminato. Ne risente la qualità dei servizi, come dimostra l’aumento dei costi per la mobilità sanitaria. Nel 2015, quella passiva ha toccato 153,8 milioni di euro, con un saldo negativo record di 48,2 milioni. Vanno adottate azioni efficaci per la riduzione dei tempi di attesa. Sempre nel 2015 si sono registrati 30.867 ricoveri fuori Regione, con un aumento di 1.223 casi rispetto al 2014. Chirurgia generale, ortopedia, traumatologia e rieducazione funzionale assorbono da sole quasi il 46% dei casi. Sono numeri che dimostrano la necessità di un potenziamento reale delle dotazioni organiche di enti e aziende del servizio sanitario regionale, a partire dalla stabilizzazione dei tanti operatori precari”.

 

 

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