di Giampaolo Milzi
Duecentomila euro più “spiccioli” per tirar su una lunga fascia di parete crollata nell’agosto scorso nell’area della Rocca e per ricollocare sul Bastione Gregoriano lo stemma papalino distaccatosi e precipitato al suolo nell’estate 2014. Un reperto dimenticato che è costato a due funzionari della Regione la segnalazione da parte dei carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale per il mancato rispetto di due ordinanze della Soprintendenza. Finalmente qualcosa si muove dalle casse della Regione Marche per mettere un paio di sostanziose “pezze” al progressivo stato di degrado che grava da un pezzo sull’intero, vastissimo complesso dell’antica struttura militare della Cittadella di Ancona (XVI secolo), comprensivo dell’edificio che svetta a mo’ di fortino sul colle di Capodimonte e del lunghissimo tratto di mura che delimita il campo trincerato. Merito dell’assessore al Patrimonio Fabrizio Cesetti. Il quale giustifica, in parte, i ritardi negli interventi programmati, a causa dell’emergenza terremoto che assorbe da mesi la maggior parte delle forze operative e risorse finanziarie del massimo ente locale, che della Cittadella detiene la proprietà (tranne il parco interno di competenza del Comune di Ancona, anche questo in abbandono). Per quanto riguarda la porzione di parete (due spezzoni, uno di 18 e uno di 6 metri) si è letteralmente sgretolato all’inizio dell’agosto scorso (leggi l’articolo), a causa di forti piogge, proprio nel cortile interno vicino all’edifico del complesso difensivo (l’unico fino ad ora restaurato dalla Regione) che da anni ospita la prestigiosa sede del Segretariato permanente dell’Iniziativa Adriatico Ionica.
“I lavori di ricostruzione del muro e risistemazione del cortile inizieranno tra un mese – ha annunciato ieri l’assessore Cesetti – dopo che avremo incamerato l’ok della Soprintendenza e concluso la procedura di gara d’appalto”. Quando finiranno? Cesetti non si sbilancia: “Sarà rispettata la tempistica di legge per lavori di questo tipo”. Diverso il discorso per l’elegante scudo in pietra d’Istria venuto giù ormai una trentina di mesi fa, che riporta un simbolo araldico bipartito: a sinistra quello della famiglia del pontefice Gregorio XVI (al secolo Bartolomeo Alberto Cappellari) che nel 1841 fece riedificare il bastione a lui intitolato; a destra quello della congregazione camaldolese.
All’inizio dello scorso autunno, infatti, i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale (Ntpc – sezione di Ancona) avevano denunciato proprio la Regione, segnalando alla procura della Repubblica i nomi di due funzionari dell’ente, per violazione di ben due ordinanze della Soprintendenza, una emessa subito dopo la caduta dello scudo in pietra nell’erba sottostante, l’altra l’estate scorsa. Il reato indicato nell’atto di denuncia è la reiterata violazione dell’art. 180 del decreto legislativo n° 42 del 2004, che punisce chi, in quanto appunto proprietario del bene culturale vincolato, non provvede a tutelarlo e, in questo caso, a riposizionarlo nella sua collocazione originale. L’atto di denuncia era scattato perché il 14 agosto 2014 la Regione si era limitata solo a recuperare il reperto artistico, per poi trasferirlo e “dimenticarlo” in un locale a piano terra di Palazzo Raffaello, una delle sedi istituzionali dell’ente. Già nel giugno 2016 Cesetti aveva promesso di adoperarsi subito affinché la storica opera tornasse al suo posto. Due mesi dopo, l’altra grana del crollo della parete vicina alla sede del Segretariato. “Ad allungare i tempi della nostra azione, oltre alla calamità del sisma, ha contribuito una riorganizzazione interna dei nostri uffici – ha precisato l’assessore – con il passaggio delle competenze dal Servizio manutenzioni ed interventi al Servizio tutela, gestione e assetto del territorio, diretto dall’ing. Nardo Goffi, che risponde a più assessorati”.
Col risultato che l’operazione ricollocazione stemma, decisa come “urgente” nel novembre scorso, è stata ordinata con nota all’ing. Nardi il 1 febbraio di quest’anno, e con lo stesso atto si impone il ripristino della murata del Segretariato accanto alla Rocca. Anche in considerazione dell’imminente avvio del duplice cantiere (si spera fra 30 giorni), è possibile, per quanto riguarda il caso dello stemma papalino, che il fascicolo aperto dal magistrato titolare delle indagini possa non ravvisare ipotesi di reato penale.
Ma tant’è. Una condanna, in questa triste storia già c’è. E’ quella che continua ingiustamente a colpire tutto il gioiello
architettonico della Cittadella, realizzata su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane a partire dal 1532 per volere di papa Clemente VII. La rocca è ridotta a un rudere da decenni. Le mura del campo trincerato, vittime dell’attacco delle intemperie e delle erbacce, si presentano sempre più lesionate e martoriate. E pensare che nel 2008 il Consiglio dei ministri approvò un maxi progetto, d’intesa con la Regione, per la totale riqualificazione dell’intero complesso
militare -monumentale, per un’area di circa 25mila metri quadri. L’accordo, dal punto di vista finanziario, prevedeva lo stanziamento di 26 milioni di euro, di cui 18 a carico dello Stato e 8 a carico della Regione. Un accordo “carta straccia”. Visto che di quei 26 milioni non s’è visto un euro. Una beffa, a cui seguono – ed era prevedibile – i danni: visto che – nonostante gli annunci della Regione e i suoi appelli d’aiuto al Governo (l’ultimo lo scorso giugno, sotto forma di lettera consegnata al ministro Franceschini da Sturani, capo staff del presidente della Regione Ceriscioli) – la Cittadella attende ancora semplici opere di manutenzione.
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