di Emanuele Garofalo
Per la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle Marche, il campeggio Il Cònero non può riaprire. E così l’area attrezzata, con 120 piazzole di sosta per camper, roulotte e oltre 70 posti tenda, resta chiusa, ormai per il settimo anno consecutivo. Da quando a giugno 2010, appena due anni dopo l’inaugurazione, la procura ne ha deciso il sequestro. La vicenda penale per i presunti abusi edilizi e reati ambientali si è conclusa in corte di Appello con l’assoluzione di tutti i 7 indagati, tra tecnici comunali e soci della cooperativa proprietaria del camping, perché i fatti non costituiscono reato. Questo succedeva a gennaio, ma il camping non vede ancora la luce in fondo al tunnel e nemmeno per questo anno prevede di riaprire. Per la baia significa fare a meno di 6 o 7 mila visitatori all’anno. Il motivo? “La posizione incomprensibile della Soprintendenza” spiega l’avvocato Riccardo Leonardi, che assiste i soci della coop. Conclusa la vicenda processuale, la coop ha chiesto di riaprire il campeggio, ma serve una manutenzione dell’area e dunque una sanatoria dei presunti abusi edilizi, tra cui la struttura dei bagni. Il Comune è d’accordo, la Soprintendenza no. Secondo l’ente di tutela dei beni paesaggistici, va ripristinato lo stato naturale dell’area ed in particolare del cosiddetto “cappellaccio”, lo strato del terreno più superficiale. Il parere non è vincolante, ma il Comune non ha intenzione di contraddirlo. “Quanto viene chiesto è tecnicamente impossibile, non c’è modo di ricostituire il cappellaccio originario, non è qualcosa che si compra. C’è uno strato di terreno e verde che si è ricostituito naturalmente durante questi 7 anni di abbandono dell’area. Intervenire oggi con dei lavori per eliminarlo può solo danneggiare l’ambiente” commenta Leonardi. “La posizione della Soprintendenza è infondata e dannosa: nega a prescindere l’istituto della sanatoria, inoltre, la stessa Soprintendenza, in una conferenza dei servizi, aveva riconosciuto che il terreno originario non è idoneo ad un campeggio, in quanto non drena l’acqua.
E infine non viene spiegata quale dovrebbe essere l’alternativa” continua l’avvocato. La coop ha anche prodotto una perizia di un docente di agronomia dell’Università di Camerino per dimostrare che il terreno ha recuperato il suo stato naturale. Sembra dunque un vicolo cieco: così com’è il campeggio non può riaprire, ma non è nemmeno possibile intervenire per ripristinare l’ambiente naturale. Fatto sta che i soci della coop hanno portato la vicenda al Tar con un ricorso pendente in fase di prima udienza. La magistratura ha chiesto al Comune di eseguire tutti i rilievi fotografici necessari, la prossima udienza è fissata dopo l’estate. Se anche coop e Comune ottenessero di abbreviare i tempi del giudizio, sarebbe comunque tardi per organizzare a questo punto la prossima stagione estiva. Leonardi conferma. “E’ improbabile una ripresa della funzionalità del campeggio per questa estate” risponde l’avvocato. E i soci, come l’hanno presa? “Con grande spirito di sacrificio, solidarietà e unità di intenti. Credono ancora in questo progetto, non vogliono rinunciare. Sono vittime incolpevoli di questo sequestro che ormai va avanti dal 2010” replica Leonardi. Per la ottantina di soci della cooperativa infatti, il camping Il Cònero era un sogno, che si è trasformato in un incubo giudiziario. I soci hanno pagato oltre 23 mila euro a testa per finanziare il loro progetto, quasi due milioni di euro sborsati. Dal professionista fino al pensionato, molti di loro sono dovuti ricorrere all’accensione di mutui e prestiti con le banche, qualcuno era già presente dalla nascita del campeggio Adriatico nel 1951, quando ancora era il camping era nella baia di Portonovo a ridosso dei laghetti, prima di essere trasferito nel 2008 nell’area detta del Contadino. E invece di essere un rilancio dell’intera baia, quel trasferimento a monte è diventato maledetto per i campeggiatori. Un’odissea che non esclude azioni di richieste di risarcimento danno al Comune, quando il camping riaprirà.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
una storia incredibile,se al posto di noi 80soci ci fosse stato un imprenditore che voleva investire dei bei soldini al progetto campeggio,ora lo avremmo trovato impiccato in qualche albero della baia,dopo 7anni di chiusura e non so di indagini,tutti assolti nessun colpevole,e a noi soci chi ci risarcisce del danno subito,inconsapevoli di tutto con la solo voglia di poter campeggiare a Portonovo,visto che ci sono soci che da 60anni campeggiano a P
portonovo,non chiediamo soldi risarcimenti basta che ci fate riaprire il campeggio.Con una sola clausola,riaprire prima che l’ultimo socio passi a miglior vita