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Tentato suicidio da Blue Whale,
il Salesi: “E’ il nostro primo caso”

ANCONA – Il primario di Neuropsichiatria infantile Nelia Zamponi rassicura sulle condizioni della 13enne. “Durante l’adolescenza vanno sorvegliati attentamente i cambiamenti, ma i ragazzi sfuggono ai controlli". Grucci, polizia postale: "Ci arrivano tante segnalazioni ma ancora nessuna denuncia di genitori"

Il primario di Neuropsichiatria infantile del Salesi Nelia Zamponi

 

di Federica Serfilippi

«Ho partecipato al Blue Whale». Arrivata al pronto soccorso di Pescara e poi a quello del Salesi, la 13enne ricoverata da due giorni ad Ancona nel reparto di Neuropsichiatria Infantile dell’ospedale pediatrico avrebbe confermato con queste parole l’iscrizione al gioco perverso che l’avrebbe potuta portare al suicidio (leggi l’articolo). Non ha negato. Anzi, fin da subito ha collaborato con medici e psicologi, professionisti che per la prima volta in assoluto hanno dovuto interfacciarsi con un caso simile. «Non c’era mai capitato il fenomeno della balena blu», afferma Nelia Zamponi, primario del reparto di Neuropsichiatria infantile del Salesi, dove la minorenne è stata trasferita – data l’eccellenza del materno infantile – dopo una breve permanenza al Santo Spirito di Pescara.

Cinzia Grucci

Alla polizia postale di Ancona non si registrano ancora denunce dirette da parte di familiari. «Abbiamo tante segnalazioni, soprattutto da parte di amici di ragazzini che sarebbero coinvolti in questo fenomeno – chiarisce Cinzia Grucci, dirigente del Compartimento polizia postale – ma nessuna denuncia o segnalazione specifica da parte dei genitori. Questo per noi significa comunque fare delle verifiche che comportano tempo e che non hanno portato a qualcosa di concreto. Bisogna stare attenti a parlare di Blue Whale».

Intanto dal Salesi ci sono segnali rassicuranti per la 13enne salvata. «Sta bene, è vigile e si interfaccia col personale sanitario – spiega la dottoressa -. Da ieri ha iniziato a sottoporsi agli esami psicodiagnostici e ai colloqui con gli psicologi». Un’eventuale terapia dipenderà dal quadro che emergerà dal suo profilo psicologico. Con la minore c’è la mamma. Le sue condizioni non destano preoccupazione. Almeno, non tanto quanto la situazione che aveva messo in guardia i familiari e le compagne di classe della 13enne. Le coetanee avevano notato dei tagli sulle braccia della ragazzina, ormai cicatrizzate, simbolo dell’autolesionismo che impone il Blue Whale. La minore sarebbe arrivata a un passo dall’ultimo step per completare il percorso: gettarsi dall’ottavo piano di un edificio. «Se davvero le amiche hanno lanciato l’allarme – continua il primario – sono state portatrici di un grande gesto di solidarietà. Forse non tutti lo avrebbero fatto». Ciò che fa paura è che sembra che il rito sia un invito alla morte molto silenzioso. Una delle regole imposte dal cosiddetto curatore, il tutor che impartisce i 50 ordini da eseguire, è quella di non parlare con nessuno delle missioni da compiere. «Servono vigilanza e attenzione – prosegue la Zamponi – per notare i cambiamenti fisici a cui va incontro un ragazzo. Possono essere di natura fisica, se ci sono lesioni sospette, oppure comportamentale, con modifiche radicali del ritmo sonno-veglia». Il Blue Whale, tra le altre follie, comporterebbe lo svegliarsi bruscamente nel cuore della notte per guardare film horror o uscire di casa. «Durante l’adolescenza andrebbero sorvegliati attentamente – prosegue il medico – ma non è facile dato che in quell’età si fa di tutto per eludere i controlli e le attenzioni della famiglia, da cui si cerca di svincolarsi. L’opposizione alle regole e il voler trasgredire sono proprio delle caratteristiche degli adolescenti. Alla fine, i genitori arrivano dove possono arrivare e anche per i più attenti potrebbe essere difficile accorgersi di un cambiamento. C’è anche da dire questo: un controllo troppo stretto potrebbe sortire l’effetto contrario». E ancora: «L’adolescenza è un momento di crisi e di crescita. Se qualcuno se ne approfitta in rete – dice Zamponi – allora ne dovrebbe rispondere. Forse, bisognerebbe mettere dei filtri sul web e limitare gli accessi». Sono partite le indagini per fare luce sul percorso autolesionista intrapreso dalla 13enne. A coordinare l’inchiesta, la squadra mobile di Pescara. Al lavoro anche il Tribunale dei minorenni dell’Aquila.

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