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Ancona tra le sette città
più tartassate d’Italia

INDAGINE - Ad affermarlo uno studio di Unimpresa che traccia la "Mappa del fisco locale". Il capoluogo dorico tra le sette città italiane con le aliquote più alte per Irap, Imu, Irpef e Tasi a cui si aggiunge il caos Tari

Ancona (foto d’archivio)

 

 

Anconetani tra i più tassati d’Italia. A dirlo è l’indagine del Centro studi di Unimpresa che ha disegnato “Mappa del fisco locale”, comparando i livelli di imposte sulle imprese e sulle famiglie dei capoluoghi italiani. Sette le città con la pressione fiscale più alta d’Italia, con le aliquote più alte per i principali tributi, tra le quali Ancona, l’unica città medio-piccola della classifica insieme a Campobasso. A valere ad Ancona un posto nella classifica il suo 4,73% di aliquota Irap (l’imposta sulle attività produttive), l’1,06% di Imu (la tassa sulla proprietà degli immobili) e lo 0,33% di Tasi (il tributo per i servizi indivisibili). A questo si aggiunge il caos Tari (la tassa sui rifiuti) con il calcolo sbagliato dell’importo per 16mila famiglie che hanno pagato più del dovuto e che ora sono in attesa di rimborso.  L’analisi dell’associazione – basata su dati dell’Agenzia delle Entrate, della Corte dei conti e del Dipartimento Finanze – prende in considerazione le aliquote Iperf (definite dalle regioni), il totale delle addizionali Irpef (regioni e comuni), l’Irap, l’Imu e la Tasi. La classifica è stata realizzata sulla base di punti attribuiti alle città e alle relative regioni che applicano aliquote particolarmente elevate nei quattro principali tributi pagati anche su base territoriale. Più è alto il punteggio, più è elevato il livello del prelievo tributario a carico dei contribuenti (cittadini e imprese). Nella classifica, il Centro studi di Unimpresa ha assegnato da uno a quattro punti. Sono sette le città col fisco al top, con tre “punti” accumulati. Ecco i dettagli: a Roma si paga il 4,82% di Irap, il 4,23% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu; a Torino si paga il 4,13% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; a Napoli si paga il 4,97% di Irap, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; a Genova e Bologna si paga il 3,13% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; ad Ancona si paga il 4,73% di Irap, l’1,06% di Imu e lo 0,33% di Tasi; a Campobasso si paga il 4,97% di Irap, il 3,43% di addizionali Irpef, l’1,06% di Imu.

Per quanto riguarda l’Irap, l’aliquota più alta rilevata è pari al 4,97% (Napoli), dunque Ancona non si trova al primo posto in classifica, in compenso però è al massimo consentito rispetto l’aliquota Imu (1,06%), 0,40% è l’aliquota massima è stata rilevata a Bolzano (0,40%), che però compensa con livelli bassi negli altri tributi, mentre Ancona si attesta sullo 0,33%.

«Da sempre i nostri interventi sono volti alla riduzione della tassazione per le imprese, tanto che è stato ridotto del 50% il diritto annuale camerale, credo che contenere al massimo le tasse alle imprese sia un impegno che deve essere assunto da tutti», il commento del segretario generale della Camera di Commercio di Ancona, Michele De Vita.

«Unica nota positiva è che a fronte di una tassazione elevata oggi possiamo dire che iniziamo a vedere i risultati in città − il commento del presidente di Confindustria Ancona, Claudio Schiavoni −. È chiaro che ridurre la pressione fiscale alle imprese come alle famiglie deve essere l’obiettivo, ma quando ad una tassazione elevata corrisponde un miglioramento dei servizi, si percepisce maggiormente l’utilità dei tributi. Sappiamo che i Comuni stanno vivendo momenti di difficoltà per via della continua riduzione dei trasferimenti statali e devono poter continuare a garantire servizi. Ad Ancona questo sta avvenendo, a partire dal decoro della città».

Se i Comuni sono in difficoltà, lo sono anche le famiglie costrette a far fronte a spese sempre più elevate, ed alla vigilia di nuovi aumenti sulle bollette di gas e luce, già annunciate dall’autorità dell’energia. «Non si spiega come mai il livello delle imposte non venga calibrato sul tasso di inflazione, che scende − le parole di Francesco Varagona, presidente di Adiconsum Marche −. Una pressione fiscale elevata ha effetti negativi sulla capacità di risparmio e spesa delle famiglie. Diminuendo le possibilità di consumo si frena anche la crescita. E se è vero che diminuiscono i trasferimenti statali ai Comuni non cala nemmeno la pressione fiscale a livello nazionale, così le famiglie si trovano a dover fare i conti con tasse locali e nazionali senza vedere i benefici a livello di servizi».

Ancona non costituisce “un caso”, per il segretario Cgil Ancona, Marco Bastianelli. «L’indagine di Unimpresa andrebbe letta più nel dettaglio. Al netto delle situazioni come quella verificatasi per la Tari, Ancona rientra nelle media nazionale per pressione fiscale. Sul caso specifico Tari − prosegue − l’amministrazione al tavolo di concertazione ha annunciato il pieno rispetto delle disposizioni di legge, procedendo d’ufficio al rimborso delle cifre, e ci aspettiamo azioni conseguenti».

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