di Gianluca Ginella
Il palazzo di giustizia di Macerata al piano terra è rimasto illuminato fino a tarda notte. Di fronte diverse auto di carabinieri e polizia. Dentro uno schieramento di forze dell’ordine con agenti e militari chiamati a garantire la sicurezza in tribunale dove dalle 23 di ieri erano tutti in attesa della sentenza del processo nato dall’operazione Gustav, nel 2009, della direzione distrettuale antimafia di Ancona. I giudici però usciranno dalla camera di consiglio solo 2 ore e mezza più tardi. Nei corridoi del tribunale avvocati in attesa della sentenza, nel gabbiotto all’interno dell’aula 1 del tribunale alcuni degli imputati, sottoposti a misura cautelare, guardati dagli agenti della polizia penitenziaria. Il processo per i presunti fatti della Mafia della movida si è chiuso dopo circa 7 anni nel cuore di una notte di gennaio. Si è chiuso col silenzio con cui in aula imputati, pm e avvocati hanno ascoltato il presidente del collegio, il giudice Daniela Bellesi, leggere la sentenza. Tutti condannati. Riconosciuta l’associazione per delinquere di stampo mafioso, questo uno dei nodi del processo (veniva contestata a 9 imputati, solo una di loro è stata assolta da questa contestazione) e che le difese hanno cercato nel corso di questi anni di far cadere.
Mafia della movida: condanne per 135 anni di carcere. Diciotto gli imputati al processo che si è chiuso questa notte, all’1,30 quando i giudici del collegio del tribunale di Macerata sono usciti dopo poco meno di undici ore di camera di consiglio (si erano ritirati alle 14,40 di ieri). Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni. Il processo si è retto fondamentalmente sulle testimonianze di alcuni pentiti, in particolare di Marco Schiavi, già condannato in abbreviato dal gup del tribunale di Ancona (a 6 anni e sei mesi) perché ritenuto uno dei leader del presunto sodalizio. Schiavi sta anche scontando l’ergastolo per la strage di Sambucheto. I fatti contestati agli imputati sarebbero avvenuti tra l’aprile e il settembre del 2009. L’accusa contestava agli imputati, a vario titolo, di essersi associati allo scopo di mettere a segno estorsioni a titolari di locali notturni della costa, ma anche per lo spaccio di droga.
Tra le contestazioni quello di aver chiesto tra i 1.500 e i duemila euro mensili e fino a 4mila euro per la protezione a locali come lo Zen e il Le Gall di Porto San Giorgio, il night club Play di Porto Recanati e il Babaloo di Potenza Picena
. Contestati anche incendi, come quello al CocoLoco di Porto San Giorgio e al night club Eden. Altre contestazioni riguardavano la detenzione di armi. Un processo che è durato 7 anni. Accuse contestatissime dalle difese che nel corso del processo hanno sollevato forti dubbi sulla veridicità di quanto affermato dai pentiti, a partire proprio da Schiavi, e anche la contestazione dell’associazione di stampo mafioso.
LE CONDANNE – Mauro Amidei (6 anni e 7 mesi), Rosario Arienzo (4 anni), Nicola Maria Giuseppe Bella (10 anni e 4 mesi), Lorenzo Bitocchi (3 anni), Mirco Calvari (6 anni e 7 mesi), Alessandro Cavalieri (9 anni e 2 mesi), Salvatore Fontana (6 anni), Agostino Giachetti (2 anni e 3 mesi), Margherita Linardelli (4 anni e 1 mese, assolta dall’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso), Francesco Maenza (10 anni e 4 mesi), Roberto Olivieri (7 anni), Giuseppe Perricciolo (9 anni, 6 mesie 15 giorni), Salvatore Roberto Perricciolo (15 anni, ritenuto uno dei leader del presunto sodalizio), Alessandro Petrolati (12 anni), Agostino Porcelli (9 anni e 10 mesi), Filippo Riggio (8 anni e 8 mesi), Sandro Sabini (5 anni e 3 mesi), Domenico Sanfilippo (6 anni).
L’associazione per delinquere di stampo mafioso veniva contestata a Bella, Cavalieri, Linardelli (assolta), Maenza, Giuseppe Perricciolo, Salvatore Roberto Perricciolo, Petrolati, Porcelli, Riggio.
L’accusa aveva chiesto pene anche più sostanziose che arrivavano a circa 160 anni di carcere. I giudici non hanno riconosciuto il metodo mafioso, e hanno assolto gli imputati per alcuni dei capi di imputazione come il 47esimo, l’associazione a fini di spaccio, ritenuto non sussistere.
Gli imputati erano difesi tra gli altri dagli avvocati Gianluca Gattari, Gian Luigi Boschi, Anna Indiveri, Massimo Di Bonaventura, Domenico Biasco, Giancarlo Giulianelli, Donato Attanasio, Maurizio Cacaci. Tra le parti civili al processo il Cocoloco, tutelato dal legale Luciano Pacioni.
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