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Parla l’ex di Simone Santoleri:
«Renata credeva suo figlio fosse il demonio
Ucciderla? Non ci credo»

DELITTO - Spezza il silenzio una 42enne anconetana che all'epoca delle superiori si era legata al figlio della Rapposelli. "Tra madre e figlio c'era un rapporto conflittuale, soprattutto a causa della visione religiosa di lei. Gli spargeva la biancheria intima in un torrente per purificarlo dall'ascolto della musica metal"

 

“Quello che Simone ha dichiarato è vero: sua madre pensava fosse il demonio semplicemente perché gli piaceva ascoltare musica metal. Benediceva con l’acqua santa le sue cose e poi le sparpagliava lungo i torrenti per farle purificare. Subiva molto la personalità forte della madre, litigavano spesso, ma su di lei non ha mai detto una parola fuori posto. Ucciderla? Spero non sia così, altrimenti si sarà rovinato la vita più di quanto non l’abbia già fatto Renata “. Sono le parole di una 42enne anconetana che all’epoca del liceo aveva intrecciato una relazione d’amore con Simone Santoleri, quando ancora lui abitava nel capoluogo dorico con la sua famiglia, in un appartamento nei pressi della stazione. Per quasi tre anni, la donna ha vissuto a contatto con Simone, conoscendo suo padre Giuseppe, ma soprattutto la madre Renata, trovata morta lo scorso 10 novembre. “Aveva un carattere prevaricante – racconta – e con Simone aveva un rapporto conflittuale, di amore e di odio. I litigi scaturivano sopratutto da motivi religiosi. Essendo appassionato di metal, passava il tempo ad ascoltare musica che a Reny non piaceva oppure a disegnare i loghi delle band sul diario. Lei si era convinta che il figlio fosse il demonio e per questo prendeva la sua biancheria intima e andava a purificarla lungo i torrenti. Siccome anche a me piaceva quel tipo di musica e mi vedeva vestita sempre di nero, un giorno ha anche buttato nell’acqua un braccialetto che avevo regalato a Simone. Glielo aveva strappato per purificare anche quello”.  Spesso, i litigi sarebbero stati così forti da spingere Renata a cacciare il figlio fuori di casa. “E lui passava la notte fuori. Aveva trovato rifugio in un garage vicino alla stazione. Alla fine, aveva fatto amicizia con il custode. Il giorno dopo tornava a casa ed era come se nulla fosse. Era un’altalena il loro legame, ma Simone l’ha sempre rispettata. Anzi, era contento quando lei gli dava le attenzioni che lui cercava. Proprio per questo, non ho mai sentito da parte sua una parola di odio nei confronti di Renata. All’epoca, era un ragazzo semplicissimo, educato e rispettoso sia a scuola che con la famiglia. Quel tempo, il padre Giuseppe lavorava a Milano e il venerdì tornava ad Ancona. Tutti i fine settimana, Simone correva alla stazione da lui per andarlo a prendere. Qualsiasi cosa accadesse, alle 19 di ogni venerdì, lui ci teneva a vedere il padre di ritorno con il treno”. Anche Pino è indagato assieme al figlio per omicidio volontario e occultamento di cadavere. “Mi ricordo di Giuseppe come una persona silenziosa, buona, che come Simone doveva subire le prevaricazioni di Renata. Data la sua personalità, all’inizio della vicenda pensavo si fosse allontanata volontariamente, poi invece è venuto fuori altro. Quando ho visto Simone in tv è stato un incubo per me. Mai pensavo di ritrovarlo dopo tanti anni in quel contesto. Vent’anni fa non avrebbe mai alzato un dito contro la madre, cosa è successo nel frattempo e se Simone è cambiato non posso dirlo. Posso però dire che quello che ha più volte raccontato sulla sua giovinezza, della biancheria purificata, dell’orrore della madre per il metal è vero. Lui, in quel periodo, ha sofferto molto. La situazione era pesante. Ovviamente, ciò non giustificherebbe un omicidio”.

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