Non avevano risposto alle domande del pm Andrea Laurino quando lo scorso novembre erano stati portati alla caserma della Montagnola di Ancona e lo stesso hanno fatto questa mattina in carcere. Davanti al gip Roberto Veneziano, Giuseppe e Simone Santoleri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto nella casa circondariale di Teramo dopo la misura cautelare firmata dal giudice anconetano Carlo Cimini che ha portato tutti e due in cella. L’ex marito e il figlio 43enne della pittrice uccisa, entrambi accusati dell’omicidio volontario e della soppressione del cadavere della donna, non hanno proferito parola. La difesa dei due, rappresentati dai legali Gianluca Carradori, Gianluca Reitano e Alessandro Angelozzi, hanno espresso la volontà di impugnare il provvedimento diventato esecutivo martedì, ricorrendo al Tribunale del Riesame per ottenere la scarcerazione di padre e figlio. Nel frattempo che le carte vengano depositate, i difensori hanno chiesto di far scontare la misura cautelare a Pino nella casa di cura di San Giuseppe, ad Ascoli Piceno, la stessa struttura che lo ha ospitato per più di un mese dopo che l’uomo aveva ingerito una dose massiccia di antidepressivi. L’intossicazione lo aveva portato al ricovero ospedaliero a Giulianova e poi ad Ascoli. Il gip, nella sua ordinanza, aveva definito la vicenda come un modo per sottrarsi al confronto con gli investigatori e lasciare che fosse il figlio Simone a gestire i tentativi di depistaggio eseguiti per rallentare le indagini della procura dorica.
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