di Agnese Carnevali
Un percorso di passerelle, accessibili anche ai disabili, che possano far arrivare al porto traianeo anche dallo scalo senza dover aggirare tutto il muro di fronte al Nautico. Ma anche passerelle interne per calarsi all’interno dell’area archeologica. E ancora: la nuova copertura leggera in acciaio ed in materiale opaco per evitare i giochi di luci ed ombre che oggi falsano la vista dei reperti ed una piazza dove far sostare le persone che potranno rivedere da lì l’antico edificato urbano. Sono alcuni dei passaggi chiave della tesi di laurea di Alessandra Gini, in Ingegneria edile-Architettura, sulla riqualificazione urbana ed architettonica del porto traianeo di Ancona discussa nel 2015 con il professore Gianluigi Mondaini (direttore del corso di laurea della Politecnica) e realizzata in collaborazione con la soprintendenza ai Beni archeologici e paesaggistici, vincitrice di numerosi premi e concorsi internazionali ed anche della borsa di studio intitolata all’indimenticato Giuseppe Cingolani.
IL PROGETTO ITI-WATERFRONT. Il progetto dell’ingegnere Gini è stato inserito anche nel progetto Iti-Waterfront per il quale proprio oggi alle 12 si sono chiusi i termini per il bando relativo al progetto di nuova illuminazione dell’arco portuale e di tutta la zona del Guasco. Due le proposte arrivate agli uffici comunali. Nei prossimi giorni la commissione esaminatrice aprirà le buste, annunciando i nomi dei due partecipanti e valuterà la proposta migliore. Alla soprintendenza, partner dell’intero progetto Iti-Waterfront spetterebbe proprio il piano di riqualificazione del porto traianeo per il quale sono stati stanziati 800mila euro, con appalto dei lavori previsto a settembre.
L’INGEGNERE ALESSANDRA GINI. Intanto prova ad immaginare come potrebbe trasformarsi l’area Alessandra Gini, ingegnere 29enne di Ancona, nella sua tesi di laurea pluripremiata, presentata l’altra sera ad una conviviale di Vista Mare. Una tesi che nasce da un percorso formativo affrontato da Gini nel 2012, quando vincendo un concorso di progettazione, intraprende un master internazionale in “Progettazione strategica delle aree archeologiche” che la porta in giro per il mondo ad Atene, New York, Roma, Valencia. «Così 2014, quando ho chiesto la tesi al professore Mondaini la mia intenzione era proseguire su questo percorso ed il professore mi ha proposto l’area del porto traianeo − racconta Alessandra Gini −. Da lì è nata la collaborazione con la soprintendenza, all’interno di un laboratorio di tesi della Politecnica delle Marche». Lo studio di Gini si è rivolto all’intera area urbana, passando attraverso l’analisi delle carte storiche, dalle origini ai giorni nostri, attraverso le due Guerre mondiali che hanno cambiato morfologia dell’area, con i bombardamenti che hanno spazzato via l’edificato. «La ricostruzione post bellica è stata eseguita senza omogeneità − riprende Gini − senza pensare alla potenzialità paesaggistica del sito, di fronte al mare, dentro al porto, contornato da importanti monumenti, dalla Casa del Capitano alla Porta Capoleoni. L’area è rimasta praticamente in abbandono fino alla fine degli anni ’90, inizio 2000, tornata alla luce grazie al progetto del parcheggio del Comune. Sono partita dunque dalla necessità di recuperare quell’area e ricreare quel rapporto tra città e porto andato distrutto».
IL PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE. Dall’impianto concettuale al progetto, che l’ingegnere anconetano divide in cinque step. Il primo: la demolizione degli edifici inutilizzati del Nautico, in particolare la palestra ed il laboratorio officine. Interventi quest’ultimi in opera dai quali il Comune è partito per avviare il progetto di Iti-Waterfront. Poi la creazione di passerelle leggere, accessibili anche ai disabili, sia trasversali che longitudinali per arrivare agli scavi. «Oggi per arrivare al porto traianeo o si passa da lungomare Vanvitelli − illustra l’ingegnere −, quindi non dal porto, oppure si entra nello scalo o dal varco Vittorio Emanuele o dalla portella Santa Maria con la necessità di fare un buon tratto di strada a piedi per poi tornare indietro dal Nautico per arrivare agli scavi, un percorso poco agevole».
Ed ancora, l’idea di entrare fisicamente dentro agli scavi. «Attualmente l’area archeologica la si può solo costeggiare, guardandola dall’alto − aggiunge Gini −, mentre sarebbe bellissimo poter godere dell’area dal suo interno». Poi le nuove coperture per un’area di 77 per 25 metri. «È la parte più importante, perché deve servire alla salvaguardia del sito favorendone comunque la fruibilità. La mia idea − spiega ancora Gini − è di dividere l’area in tre zonE e tre diverse coperture relative alle tre fasi più importanti dell’epoca romana. Una divisione creata anche in altezza. Il materiale da utilizzare scelto, oltre all’acciaio, che renderà la struttura leggera, un trasparente ma semi opaco, in modo che la luce possa filtrare senza giochi di ombre che non fanno percepire in maniera corretta la bellezza e le caratteristiche dell’area. Il tutto con la massima reversibilità ed il minimo impatto, in modo che anche per chi arriva con le navi non abbia un impressione di copertura pesante. L’idea è anche quella di demolire il muro di contenimento fatto negli anni ’50 quando fu costruito il Nautico, quello che costeggia l’attuale passerella, in modo che da quota banchina si possa vedere il sito. Dobbiamo pensare che quando fu costruito il porto romano lì c’era tutta acqua».
Ultimo step, la creazione di una piazza, di una vera e propria promenade dove far sostare le persone creando una pavimentazione con cementi di colore diverso che ricostruisca l’antico edificato urbano del quartiere porto, così come risultava dal catasto gregoriano. «Oggi sembra impossibile immaginarlo, ma il quartiere del porto avevo un edificato urbano molto denso. Ecco il progetto a cui ho lavorato ha inteso andare oltre alla sola protezione dell’area area archeologica per farne un monumento ma vuole essere anche un viaggio indietro nella memoria, nel nostro passato, considerando anche che il porto era il quartiere più importante della nostra città».
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