di Giampaolo Milzi
E’ scattata da giorni e prosegue l’attività volta alla messa in sicurezza e al consolidamento di alcune parti murarie dei magazzini e cantieri del porto Traianeo, dopo due crolli, uno verificatosi il 2 aprile e l’altro il 12 aprile. Massimo riserbo da parte della Soprintendenza unica delle Marche, ma fonti autorevoli segnalano che la situazione non viene affatto sottovalutata, e che si sta operando su più fronti: un primo consolidamento delle parti in stato precario e quindi che potrebbero cedere ancora in altri punti; studi sulla valutazione del rischio, indagini geologiche mirate, scelta delle tecniche di lavoro finalizzate ad un consolidamento generale.
Il materiale distaccatosi e frammentatosi nell’importante sito archeologico – che si estende a margine dell’area storica dello scalo marittimo, dalla parte finale di lungomare Vanvitelli fino al primo tratto di via Giovanni XXIII, ad una quota più bassa – è costituito in prevalenza da pezzi di arenaria e da una certa quantità di mattoni. Materiale attinente a una struttura in muratura lunga una decina di metri e alta circa due e ad un altro piccolo tratto di pareti. Un pezzo di mura è finito nella parte inferiore della zona, spaccandosi in due pezzi, proprio mentre una ditta si stava occupando della rimozione di una prima prorzione delle vecchie e malandatissime tettoie in plexigas (con relativi sostegni in tubi innocenti) di copertura di reperti edilizi che complessivamente coprono un periodo che va dal II sec. a.C al VI sec. d.C. (periodo repubblicano, augusteo, traianeo, bizantino). Un altro grosso blocco di pietra è rotolato verso il basso assieme a un pezzo di plexiglas ad esso fissato.
I tecnici e gli archeologi della Soprintendenza hanno già provveduto allo smontaggio e all’eliminazione della sezione di tettoia corrispondente alla struttura edilizia vittima del distacco più grave. Inoltre, in quel punto, hanno attuato un’opera di messa insicurezza attraverso un intervento di “cinghiatura”.
Crolli inattesi, dovuti all’aggravarsi nel corso degli anni dai danni arrecati dagli agenti atmosferici. E il cantiere volto a superare l’emergenza crolli andrà di fatto ad inserirsi sempre più corposamente in quello che era già stato avviato all’inizio di aprile per la sostituzione di tutto l’impianto di copertura del sito, ridotto ad un colabrodo, con le bimillenarie vestigia oltraggiate da uno scheletrico apparato di ferraglia arrugginita, erbacce, sporcizia e, in alcuni punti, da rifiuti.
La principale questione da risolvere, per la Soprintendenza (una volta ultimati gli studi sulla valutazione del rischio e le indagini geologiche), è l’individuazione dei fondi necessari per il nuovo cantiere di consolidamento di parte dei vari ambienti (alcuni voltati) e pareti che si estendono su due quote differenti. Come già anticipato da Cronache Ancona, per la sostituzione dell’intera tettoria (l’appalto e il via ai lavori sono in calendario per il prossimo settembre) è previsto uno stanziamento di circa 800mila euro, di cui 500mila già individuati nel bilancio della Soprintendenza. Almeno altri 300mila verranno attinti dal fondo complessivo di 3milioni e 200mila euro stanziato dal Mibact per attuare il “Parco culturale”, un progetto – da attuare per lotti – comprensivo di interventi di cantiere riguardanti anche gli altri siti archeologici del centro storico anconetano. Il lotto riguardante i cosiddetti “mercati portuali traianei” dovrebbe avere una certa priorità.
Si spera che parte delle risorse per il nuovo cantiere (che non era previsto) di risanamento delle parti edilizie a rischio cedimento possa essere ritagliata dal fondo generale sopra citato di 800mila euro. Per il resto, una volta quantificata la precisa esigenza di spesa, la Soprintendenza dovrebbe inoltrare una richiesta mirata al Mibact.
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