Il presunto untore deve rimanere a Montacuto, respinta l’istanza di scarcerazione presentata al gip Carlo Cimini dal difensore Alessandra Tatò. Il legale l’aveva inoltrata lo scorso venerdì dopo aver ricevuto l’esito delle analisi e degli approfondimenti clinici a cui è stato sottoposto durante le scorse settimane Pinti, in carcere con l’accusa di lesioni gravissime per aver contagiato dolosamente con il virus dell’Hiv – dice la procura – la sua ex fidanzata. Dagli esami è emerso uno stato avanzato del virus che avrebbe causato nel 35enne una profonda immunodeficienza. Nonostante la malattia conclamata da circa dieci anni, però, le condizioni di salute dell’ex autotrasportatore non sarebbero compromesse. Gli organi vitali sarebbero infatti in buone condizioni, tanto da non compromettere la sua permanenza in carcere. Dunque, Pinti sarebbe compatibile con la vita di Montacuto, struttura dove è recluso da circa un mese e mezzo. Inoltre, stando a quanto emerso, il 35enne avrebbe ancora una volta rifiutato di intraprendere una cura terapia antiretrovirale per tenere sotto controllo l’Aids.
All’istanza di scarcerazione si erano opposti i legali Elena Martini e Cristina Bolognini, rappresentanti della sorella e della mamma dell’ex compagna di Pinti, morta nel giugno 2017 per un patologia connessa alla contrazione del virus. Stando all’ipotesi della procura, sarebbe stato proprio il 35enne a contagiare la donna, portandola verso la morte. La magistratura, infatti, gli contesta anche l’omicidio volontario aggravato.
Inchiesta sull’untore, si fanno avanti altre dieci presunte vittime: «Pinti ci ha tramesso l’Hiv»
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