Gli eredi dei coniugi Diomede, vittime del crollo del ponte 167 dell’A14, non si costituiranno parte civile all’eventuale processo che si aprirà per la tragedia avvenuta il 9 marzo 2017. La decisione è stata presa qualche mese fa, a seguito del risarcimento ottenuto da Autostrade per l’Italia, una delle quattro società (le altre sono Spea Engineering, Pavimental e Delabach) indagate nell’ambito dell’inchiesta aperta dal pm Irene Bilotta per una serie di reati che vanno dall’omicidio colposo plurimo fino al disastro colposo, passando per la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. Con il risarcimento, i due figli della coppia – rappresentati dall’avvocato Vincenzo Maccarone – sono di fatto usciti dal procedimento per cui tra poco potrebbe scattare l’avviso di conclusione delle indagini. L’inchiesta è alle battute finali. Sui 42 indagati iniziali, la procura ha deciso di stralciare due posizioni. Anche le perizie affidate alla magistrature a degli esperti per valutare le cause del collasso sono state quasi tutte presentate. Una, redatta dall’ingegner Luigino Dezi dell’Università Politecnica delle Marche, sembra aver fugato ogni dubbio sul collasso del ponte, a metà tra i caselli di Ancona sud e Ancona nord. Il troncone centrale sarebbe caduto a causa del cedimento di un pilone su cui poggiava uno dei martinetti utilizzati per il sollevamento dell’intero cavalcavia, necessario alle operazione di estensione della carreggiata dell’A14 con il progetto delle tre corsie. Il pilone sarebbe stato sovraccaricato così da far collassare l’intera struttura. Quella che poi è caduta sopra il cofano dell’auto su cui viaggiavano i coniugi di Spinetoli, diretti all’ospedale di Torrette per una visita di controllo. Quel maledetto 9 marzo erano rimasti feriti anche tre operai che al momento del crollo stavano lavorando sopra il cavalcavia. Il trio risulta parte offesa all’interno del procedimento.
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