di Giampaolo Milzi
Se ci potessero essere anche loro, i rappresentanti dei residenti di Falconara Marittima, al tavolo convocato per il 7 novembre in Regione per riesaminare l’Autorizzazione integrata ambientale -Aia di cui ha beneficiato la raffineria Api, inizierebbero a protestare con una specie di slogan, quello risuonato nel corso della conferenza stampa convocata oggi pomeriggio dai comitati cittadini “Ondaverde onlus” e “Mal’aria Falconara/Castelferretti”: “Affrontate finalmente i problemi per risolverli, e non per fare scena”. Scena nel senso di “opera di distrazione di massa”, per dirla con l’avvocato Monia Mancini, da anni legale dei comitati. Quanto ai problemi, sono ben noti, via via diventati cronici: reiterai episodi di incidenti all’Api che hanno prodotto “fortissime esalazioni di idrocarburi nell’aria (e non solo, ndr.); l’ultimo dei quali, che ha determinato alte concentrazioni di benzene, verificatosi l’11 aprile di quest’anno al serbatoio TK61, serbatoio gemello dell’adiacente TK62, quello dell’identico incidente del 1999”. In tutto i comitati “hanno notizia di 6 emergenze”, a partire dal 28 giugno 1999.
Ecco dunque che, dopo l’ultima protesta pubblica del 28 aprile scorso, i comitati alzano ancora più la voce proprio in vista del summit del 7 novembre, al quale prenderanno parte rappresentanti, oltre che della Regione Marche, di Provincia di Ancona, Comune di Falconara, Arpam, Ars, Asur, Vigili del fuoco, Protezione civile. Tutti soggetti, tra l’altro, coinvolti negli iter legati alla concessione Aia, l’ultima rilasciata con prescrizioni per l’Api con decreto ministeriale a fine maggio.
Già, le prescrizioni. “Non ottemperate in modo reiterato. E temiamo fortemente che in sede di tavolo di verifica sulla loro effettiva attuazione, spuntino nuove richieste molto blande, che riteniamo, anche qualora applicate, non sortiranno effetto sulle esalazioni in corso”, hanno rimarcato oggi Roberto Cenci, per “Mal’aria” e l’avvocato Mancini. I quali pensano che sia arrivato il momento di “un cambio di passo, di applicare misure e interventi efficaci”. Una richiesta rivolta a tutti gli enti preposti ai controlli, oltre a quelli del nuovo tavolo in Regione, anche e soprattutto all’Ispra del Ministero e al Comitato tecnico regionale prevenzione incendi – Ctr (che fa capo ai Vigili del fuoco e alla Prefettura”. Misure efficaci nei confronti dell’Api, dunque. Quali? “Il Ctr è tenuto ad intervenire, in caso, ripetiamo, di reiterata inottemperanza delle prescrizioni, per la sospensione dell’attività aziendale o di parte di essa, fino alla chiusura totale o parziale. Inoltre chiediamo alle istituzioni anche il riavvio della procedura Aia”. Perché, secondo i comitati, l’Api non avrebbe rispettato in tanti anni le prescrizioni cui è soggetta. Anche perché dal 1999 l’azienda è sottoposta alla normativa “Seveso” per le aziende a rischio incidente rilevante e quindi deve redigere un rapporto di sicurezza volto ad individuare criticità impiantistiche e relazionarle, assieme ad un cronoprogramma di interventi, ogni 4 anni al Ctr, ed in effetti esiste un cronoprogramma Api datato 2003. Un esempio su tutti di prescrizioni non ottemperate? Quelle dettate dal Ctr nel lontano dicembre 2002, in base alle quali “il gestore dell’impianto petrolifero doveva realizzare il doppio fondo in molti serbatoi, una misura di sicurezza necessaria visti i problemi di corrosione e perdita di prodotto inquinante”, hanno spiegato Cenci e Mancini. Ebbene, si arriva addirittura al 2010, e “il Ctr è costretto a diffidare l’Api a provvedere entro il 2011-2013, pena lo svuotamento, la bonifica e la messa fuori esercizio dei serbati non adeguati, tra cui il TK 61, quello dell’incidente di aprile scorso, che comunque è rimasto in funzione fino a febbraio 2018. Che esito ha avuto quella diffida? Se n’’è persa traccia!” Anche l’Ispra, hanno ricordato i rappresentati dei comitati “ha la facoltà di procedere alla diffida (una ulteriore, dunque, dopo quella del Ctr, ndr.) e contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato in base allo stato di fatto venutasi a creare: ovvero situazioni di pericolo immediato per la salute umana o per l’ambiente, o nel caso in cui le violazioni (dell’Api, ndr) si ripetano più di due volte l’anno”. In ogni caso anche “a partire dall’Aia del 2018 sembra proprio che i doppi fondi ai serbatoi non siano stati realizzati”
Nel mirino dei comitati, ci sono ovviamente anche il Comune di Falconara (“In 10 anni non ci ha mai convocato in commissione”), la Regione Marche (“Non abbiamo notizie di suoi interventi, nonostante la diffida del Ctr del 2010”) e l’Agenzia regionale di protezione ambientale – Arpam. Quanto all’Arpam, i comitati si chiedono “come mai in dieci anni il suo Servizio epidemiologia non ha indagato sulle cause delle esalazioni, pur essendo noto, grazie a vari autorevoli studi, che nel territorio di Falconara e dintorni si è verificato un numero eccessivo di casi di gravi malattie come tumori, ricoveri ospedalieri, aborti spontanei e malformazioni congenite”. E ancora: “Come mai, limitandosi al monitoraggio dell’aria, l’Arpam non lo ha esteso all’individuazione dei metalli pesanti e non ha analizzato quali componenti via siano nelle polveri sottili Pm 2,5”.
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