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Indagine Api: due nuovi sopralluoghi
in raffineria, avranno valore
di prova in caso di processo

FALCONARA - Il 26 ottobre ed il 7 novembre il tank incidentato lo scorso 12 aprile è stato esaminato dai consulenti di tutte le parti in causa. Intanto due delle 1034 parti lese hanno presentano certificati medici

I controlli scattati il 12 aprile sera alla raffineria (foto d’archivio)

 

di Giampaolo Milzi

La Magistratura procede spedita sul caso delle esalazioni potenzialmente nocive sprigionatesi l’11 aprile scorso dal mega-serbatoio 61 dell’Api che si era inclinato provocando una fuoriuscita di nafta sul tetto. Lungaggini burocratiche, invece, e risposte fumose si registrano da parte delle autorità competenti (stando a quanto lamentano comitati e associazioni di cittadini) sia per la revisione dell’Autorizzazione integrata di impatto ambientale (Aia) alla raffineria di Falconara Marittima, sia sul fronte dell’aggiornamento del Piano di emergenza funzionale alla salvaguardia e alla sicurezza esterna (Pee) allo stabilimento.

La novità è che il 26 ottobre e il 7 novembre scorsi, su input del sostituto procuratore della Repubblica Irene Bilotta – che conduce l’inchiesta penale sull’incidente di aprile e fin dall’inizio ha emesso avvisi di garanzia per varie ipotesi di reato nei confronti di 16 indagati, tra cui l’amministratore delegato dell’azienda Api, Giancarlo Cogliati – il tank TK61 è stato oggetto, in due fasi, di un approfondito sopralluogo volto a chiarire meglio le circostanze dell’incidente. La prima fase del sopralluogo – un accertamento tecnico irripetibile, i cui esiti avranno valore di prova se si arriverà alla fase dibattimentale – si è svolta in un paio d’ore della mattina del 26 ottobre in presenza dei vari consulenti che avevano diritto a parteciparvi: un’incaricato dalla procura, l’ingegnere Gabriele Annovi, che già in passato aveva compiuto ispezioni all’Api, grande esperto in incidenti e problemi di operatività di elementi di impiantistica industriale, in particolare tank di petrolchimici; un consulente dell’Api; uno in rappresentanza di 135 soggetti (tra cui l’associazione “Onda Verde” di Falconara) su un totale dei 1034 querelanti entrati come parti lese nel procedimento penale; e Fabio Amici, l’esperto legale dell’Associazione consumatori e utenti Marche (Acu). Protagonista principale dell’atto giudiziario irripetibile del 26 ottobre, il consulente del pm Bilotta, Annovi, che ha compiuto rilievi e misurazioni in tute le parti accessibili del tank, pienamente coadiuvato dai tecnici dell’Api. Sotto esame innanzitutto il tetto, costituito da una struttura cilindrica in metallo galleggiante (scorrevole in altezza a seconda della quantità di nafta stoccata) che funge da “tappo” per il serbatoio. Nella sua sommità è dotato di alcuni piccoli avvallamenti destinati a raccogliere le acque piovane, e di una intercapedine interna con pompe funzionali proprio per captare l’acqua che, eventualmente, filtri dentro il serbatoio.
La stessa dirigenza del petrolchimico aveva ammesso già a metà maggio che l’uso del TK61 doveva subire uno stop nel febbraio 2017 per interventi di manutenzione. Svuotato della nafta per consentire la realizzazione di un doppio fondo, si era poi rinviata l’operazione, e sul fondo erano rimasti scarti di lavorazioni. Una presenza preoccupante, segnalata da alcuni operai ai superiori responsabili.

L’incidente dell’11 aprile. L’ingegnere Annovi avrebbe anche ricostruito la dinamica – già avvalorata dalla procura – legata all’incidente dell’11 aprile. Quel giorno, nel corso di una prova aziendale finalizzata alla produzione di una certificazione anti-incendio, alcuni addetti al grande deposito del diametro di 100 metri, peraltro usurato in una sua componente, avevano azionato una grossa pompa d’acqua e la pressione d’impatto dell’acqua aveva fatto inclinare il tetto galleggiante e consentito la fuoriuscita del prodotto ancora presente. Il sopralluogo del 13 ottobre sarebbe stato finalizzato anche ad una sorta di prova del nove sul rinvio, in passato, di oltre un anno dei necessari interventi manutentivi, circostanza considerata molto grave. Il sopralluogo bis dell’atto irripetibile del 10 novembre si è concretizzato in sostanza nella prosecuzione degli accertamenti avvenuti durante il primo.
Il consulente Annovi, prima dei due sopralluoghi citati, aveva ricevuto dalla dirigenza e studiato la completa documentazione dell’identikit tecnico del TK61 e quella relativa alle sue modalità d’esercizio nei tempi passati, anche piuttosto remoti. Ciò era accaduto all’inizio dell’inchiesta, quando proprio Annovi era stato nominato come “perito inquirente” dalla procura, per essere poi in tempi brevi affiancato da un altro perito indicato dal pm, il chimico triestino Sergio Cozzuto. Il 21 maggio i due si erano già recati nello stabilimento per acquisire una prima parte della documentazione loro necessaria. Particolarmente difficile e intensificato dietro nuovo impulso della procura, il compito di Cozzuto: valutare l’entità della contaminazione dell’atmosfera e l’esistenza di un nesso di causalità coi danni alla salute pubblica in rapporto al malfunzionamento del serbatoio di nafta probabilmente tipo “Virginia”. Un incarico difficile, quello di Cozzuto, in quanto non è noto se abbia ancora a disposizione tutti i dati delle centraline Arpam sui rilievi di sostanze che, dopo l’incidente dell’11 aprile, per ben una settimana hanno ammorbato l’aria di Falconara con ondate nauseabonde avvertite perfino a Senigallia. Completi, perché già acquisti dai carabinieri del Noe, i dati registrati nel quartiere di Villanova alle ore 12 del 17 aprile, indicativi di picchi di concentrazione di benzene fino a 102 microgrammi per metro cubo; potrebbero essere ancora parziali quelli sugli idrocarburi non metanici (Nmhc), rilevati il 12 aprile nel pomeriggio e nella prima serata a Fiumesino e a Falconara Alta. In ogni caso, un’attività fondamentale, quella di Cozzuto, per confermare le ipotesi di reato formulate dal pm che vanno da vari tipi di inquinamento ambientale colposo alle lesioni personali che due delle parti offese sostengono di aver subito, allegando certificati medici. Due delle ben 1034 entrate in tale veste nell’inchiesta, per lo più residenti falconaresi, tra questi l’ex sindaco Brandoni che, singolarmente, o in gruppi, avevano presentato denunce in varie forme, anche molto tempo prima dell’incidente dell’11 aprile, a seguito di fortissime e reiterate esalazioni provenienti dallo stabilimento Api. Tra queste quella verificatasi il 28 giugno 1999 per un problema al serbatoio TK62, adiacente al TK61.
L’inchiesta, pur attraversando un momento di svolta, si preannuncia ancora lunga, con altri ed eterogenei accertamenti d’indagine preliminare.
A proposito dei serbatoi, vale la pena di ricordare che – come avevano reso noto “Onda Verde” e il comitato “Mal’aria Falconara-Castelferretti” il 26 ottobre scorso in una conferenza stampa – sono oggetto di alcune delle prescrizioni dettate dal Comitato tecnico regionale (Ctr) all’azienda Api nel lontano dicembre 2002. L’Api è oggetto di prescrizioni anche perché dal 1999 l’azienda è sottoposta alla normativa delle direttive “Seveso” per quelle a rischio incidente rilevante. E deve sottostare a un Piano di emergenza esterna (Pee) che per legge va emanato dal prefetto, previa consultazione dei cittadini, sulla base delle indicazioni del Ctr (costituito, tra gli altri, da direzione regionale vigili fuoco, Regione, Asur area vasta 2, Arpam, Comune di Falconara). Sempre per legge “il Pee va aggiornato ad intervalli appropriati, non superiori ai 3 anni”. Ma l’ultimo aggiornamento del Pee risale al 2014, e quindi, passato il 2017, i termini sono scaduti. Il 30 ottobre scorso, in ritardo, c’è stata una riunione in Prefettura per l’aggiornamento del Pee e, forse, entro la fine di questo novembre sarà riconvocato il tavolo di consultazione.
Ma non finisce qui. Ecco quello che aggiunge – preoccupato per la salute e la sicurezza pubblica – Fabio Amici, dell’Acu Marche: «In base all’ultima direttiva Seveso 3 e al d.lgs 105/2015 l’azienda Api ha trasmesso nel maggio 2016 al prefetto e al Ctr le informazioni aggiornate necessarie per la redazione di un vero e proprio nuovo Pee. Prefetto e Ctr, sempre in base al citato decreto, avrebbero dovuto entro il maggio 2018, previa consultazione dei residenti di Falconara e delle città di limitrofe, redigere il Pee ma non l’hanno fatto. Io ho provveduto a vari solleciti, uno diretto al ministro Salvini. Inoltre ho sollecitato anche il sindaco di Falconara ad informare di nuovo la popolazione, come previsto da altre norme, sui rischi derivanti dalla presenza dello stabilimento Api e sui comportamenti da adottare in caso di incidente rilevante. Ma il sindaco non ha ancora provveduto. Per quanto mi riguarda, continuerò nelle mie iniziative di sensibilizzazione nei confronti del Comune».
A favore dell’amministrazione comunale, e non solo, c’è l’aver reso noto l’8 agosto l’esito di tre ispezioni compiute su incarico del Ctr da un eterogeneo gruppo di lavoro tecnico, tra cui i vigili del fuoco, all’interno della raffineria a partire dal 5 luglio: esaminati 8 serbatoi (ma non il TK61), “notate alcune situazioni critiche e riscontri non positivi”.

 



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