«Non è andato alla Lanterna Azzurra quella notte. E’ sempre rimasto con noi a Senigallia, nei dintorni del residence Avana». Sono amici e conoscenti a fornire un alibi al 17enne entrato nell’inchiesta sulla tragedia di Corinaldo perchè sospettato di aver utilizzato all’interno della Lanterna lo spray che poi ha provocato il fuggi fuggi mortale, provocando sei vittime. Le indagini difensive, portate avanti dagli avvocati Andrea Mone e Martina Zambelli, indicherebbero l’estraneità del minore dalla drammatica vicenda accaduta tra il 7 e l’8 dicembre. Stando a quanto emerso dalle testimonianze raccolte e da altri riscontri, il 17enne sarebbe uscito attorno all’1 dell’8 dicembre dall’Avana di Senigallia, quel residence a pochi passi dal lungomare Dante Alighieri che ospitava il minore e altri due ragazzi poi finiti in arresto all’alba per spaccio di droga. Una volta fuori, sarebbe sempre rimasto nei paraggi con un gruppetto di amici. Nessuna tappa nei locali del centro di Senigallia, nessuna toccata e fuga in discoteca. A dire che il minore quella notte non ha mai messo piede alla Lanterna Azzurra sono stati alcuni conoscenti che, invece, nel locale ci sono andati. «Se fosse venuto, sarebbe stato con noi, invece non si è visto» è il senso delle parole della combriccola che si è riunita nella discoteca di Corinaldo. La presenza del 17enne a Senigallia emergerebbe anche da alcuni rilievi tecnici, come le celle telefoniche agganciate dallo smartphone del giovane indagato per omicidio preterintenzionale, lesioni colpose e lesioni dolose. In tutta la vicenza, però, non torna un particolare. I due ragazzi che erano con lui al residence, durante l’udienza di convalida degli arresti, avevano detto di aver visto il minore uscire attorno a mezzanotte. Che abbiano sbagliato orario? Nel residence erano stati trovati dai carabinieri circa due etti di cocaina e in manette c’erano finiti sia il minorenne che gli altri due ragazzi.
(Fe.ser)
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