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Donne infettate con l’Hiv,
Claudio Pinti grave in ospedale
Chiesti 18 anni di carcere

ANCONA - Questa mattina le richieste della procura e la discussione delle parti al primo piano del tribunale. Il 36enne accusato di omicidio volontario e lesioni personali gravissime era assente. Da quasi tre settimane ha lasciato Rebibbia per trasferirsi in una struttura sanitaria a causa dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute, provate da una profonda immunodeficienza derivata dal virus mai curato

Pinti in tribunale la scorsa udienza

 

di Federica Serfilippi

Diciotto anni di reclusione. Questa la richiesta di condanna della procura nei confronti di Claudio Pinti, il 36enne affetto da Hiv accusato di aver provocato la morte dell’ex convivente, infettata con il virus, e di lesioni personali gravissime inflitte all’ultima fidanzata, la donna che lo scorso maggio lo ha denunciato alla polizia. La discussione del processo, che si tiene con il rito abbreviato, è avvenuta questa mattina in tribunale in un’udienza durata quasi quattro ore. L’imputato, difeso dagli avvocati Alessandra Tatò e Andrea Tassi, era assente. Dal 27 dicembre è ricoverato in ospedale a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Sieropositivo da una decina d’anni e con una immunodeficienza mai contenuta, Pinti ha lasciato il carcere di Rebibbia per trasferirsi in un nosocomio, sempre nel Lazio, che ha la sezione di medicina protetta, quella dedicata ai detenuti. In un primo momento, data la criticità dello stato di salute, aveva rinunciato a comparire in aula. Ieri, la richiesta di assistere al processo. Non c’è stato tempo per poter organizzare il trasporto dell’imputato fino al tribunale di Ancona. I difensori avevano chiesto un rinvio, ma il gup Paola Moscaroli ha rigettato la richiesta, facendo iniziare la discussione. In aula erano presenti anche le parti offese. C’era Romina, la donna di Agugliano che ha denunciato il 36enne dando inizio alle indagini della Squadra Mobile, e c’era anche la sorella di Giovanna Gorini, l’ex compagna di Pinti, morta nel giugno 2017 per una patologia tumorale connessa alla contrazione dell’Hiv. Il virus, stando alla procura, le sarebbe stato trasmesso proprio dall’imputato che poi l’avrebbe indotta a non curarsi forte delle sue tesi negazioniste. La famiglia Gorini è rappresentata dagli avvocati Elena Martini e Cristina Bolognini. Ad assistere Romina, accompagnata in tribunale dal figlio, è l’avvocato Alessandro Scaloni. Per il 36enne la procura ha chiesto 18 anni di reclusione, considerando il rito abbreviato chiesto dalla difesa e la continuazione tra i due reati contestati. La sentenza verrà emessa il 7 febbraio, dove eventuali repliche delle parti.

(servizio aggiornato alle 17.05)

 

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