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Zingaretti chiude la fase renziana
e inaugura un nuovo Pd

IL COMMENTO - Le Marche seguono l’onda lunga e siedono in prima fila sul comodo carro del vincitore. Flop per Martina ad Ancona nonostante il sostegno della sindaca del momento, Valeria Mancinelli

 

 

di Fabrizio Cambriani

Non c’era momento né condizione peggiore, per questo Partito Democratico, per realizzare le primarie per la scelta del proprio segretario nazionale. Gli ultimi dati, ricavati dalle recenti regionali, indicavano un’inarrestabile contrazione di consensi. Invece domenica scorsa, nei gazebo, si è realizzato un mezzo miracolo politico che probabilmente segnerà un punto di svolta.

Luca Ceriscioli con Nicola Zingaretti

Non solo nel centrosinistra, ma nell’intero panorama politico nazionale. I numeri dei partecipanti parlano chiaro e – nelle condizioni date – sono più che lusinghieri. Addirittura, largamente inaspettati, perché considerati inarrivabili, dagli stessi addetti ai lavori. Prova ne sia che, dentro lo stesso partito, i più maligni indicavano quale asticella minima per la legittimazione alla segreteria, la soglia di almeno un milione di votanti. Una cifra, evidentemente ritenuta alla vigilia della consultazione, pressoché irraggiungibile. Il miracolo politico va esclusivamente ascritto al popolo del Pd. La corsa ai gazebo, fin dalle prime ore del mattino, si rivela un defibrillatore capace di far ripartire un cuore ormai spompato. Il rito della croce sulla scheda ridà ossigeno a polmoni atrofizzati. Un gesto spontaneo, corale e generoso che rianima un paziente in coma. Ma soprattutto genera fiduciose aspettative per il futuro.

Paradossalmente si tratta di un popolo che sospinge una classe dirigente che non c’è. Che a un anno di distanza, si è perfino rifiutata di tentare un’analisi seria sulle ragioni che l’hanno portata alla sonora sconfitta delle scorse politiche. Che invece di provvedere a una nuova organizzazione ha scientificamente praticato la tattica del rinvio e del pop-corn. Il risentimento diffuso, da parte dei militanti, per questa scelta scellerata di inazione politica ha funzionato da molla respingente. La reazione è stata l’alta partecipazione alla consultazione. Una sorta di rivalsa che, evidentemente, covava da tempo sotto la cenere in attesa di un’esplosione liberatoria. Qualcosa che ha del catartico. Ma c’è stata pure una netta cesura con la gestione degli ultimi cinque anni a guida Renzi. Zingaretti stravince la sfida. Il tentativo degli avversari interni di costringerlo a una vittoria di Pirro, per condizionarlo successivamente, si infrange sulle cifre altissime di consenso ricevuto. Grosso modo i numeri rispecchiano quelle delle primarie vinte da Renzi nel 2017, sia in termini di partecipazione che di equilibri interni. A Zingaretti gli elettori consegnano una segreteria che prevede mani libere e ampi margini di autonomia. Renzi e il suo cerchio magico restano schiacciati nell’angolo sempre più ristretto delle loro incrollabili certezze.

Francesco Micucci, eletto all’assemblea nazionale

Le Marche seguono l’onda lunga e siedono in prima fila sul comodo carro del vincitore. In appena due anni si realizza una metamorfosi politica che ha dell’incredibile: i renziani del 2017 diventano, come per miracolo, zingarettiani di oggi. I numeri bulgari registrati in alcuni centri, specialmente nell’ascolano, cambiano solo di mano. Giravolte da capogiro che hanno per protagonisti figure di primissimo piano, che senza alcun problema mettono la loro faccia, di volta in volta, a disposizione del trionfatore di turno. Altro dato da registrare è che non attraggono nessun consenso nemmeno figure emergenti e sempre più presenti mediaticamente come la sindaca di Ancona, Valeria Mancinelli. Il suo pubblicizzato gradimento per Martina, vale nel capoluogo dorico, appena 522 voti. Un misero 17% sorpassato pure dal 19% di Giachetti.

Antonio Mastrovincenzo, Nicola Zingaretti e Luca Ceriscioli

Invece, interessantissime indicazioni arrivano per chi volesse calcolare gli equilibri interni del partito, anche in vista delle prossime elezioni regionali. A Falconara, Antonio Mastrovincenzo, presidente dell’Assemblea legislativa e primo sponsor regionale di Zingaretti, raccoglie il 70% dei voti. Rivelandosi così un emergente tessitore di tele autorevole e discreto. Restano tutti sul campo alcuni nodi da sciogliere di fondamentale importanza. Primo tra tutti il controllo dei gruppi parlamentari che fanno ancora capo a Matteo Renzi. Starà alla capacità di mediazione del nuovo gruppo dirigente farsene carico. Il dato indiscutibile che emerge da queste primarie è che termina una fase politica – quella renziana – e se ne apre un’altra. Il primo vero banco di prova per testarne solidità e affidabilità è l’appuntamento, a maggio prossimo, con le elezioni europee.

 

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https://www.cronacheancona.it/2019/03/04/primarie-pd-plebiscito-per-zingaretti-anche-nella-provincia-dorica/152105/

 

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