«Una personalità tutt’altro che femminile. All’imputato neppure piaceva», e lui sarebbe stato indotto «ad avere rapporti sessuali per una sorta di sfida». Troppo mascolina, poco piacente e per nulla attendibile. E’ questo quanto emerge dalla sentenza della Corte di Appello di Ancona che aveva assolto due peruviani di 24 anni dalla condanna inflitta in primo grado per violenza sessuale di gruppo perpetrata nei confronti di una loro connazionale, di poco più grande. A uno – accusato di aver fatto da palo durante le fasi dello stupro – era stata inflitta una pena di tre anni, all’altro – per la procura l’autore materiale della violenza – di cinque. Le motivazioni del verdetto dei giudici del tribunale di via Carducci sono emerse nell’ambito del giudizio di terzo grado. Pochi giorni fa, infatti, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza d’appello, rinviando il procedimento al tribunale di Perugia, dove verrà aperto un nuovo dibattimento. A ricorrere in Cassazione erano stati l’avvocato della vittima, Cinzia Molinaro, e la procura generale delle Marche. La violenza era avvenuta al parco pubblico di via Ragusa, la notte del 9 marzo 2015. I tre si conoscevano perché frequentavano lo stesso corso serale a una scuola alberghiera di Senigallia. Stando alle accuse, in un primo momento la ragazza – che non vivrebbe più in Italia – sarebbe stata stordita con delle gocce di benzodiazepina inserite dai connazionali nella sua birra, poi sarebbe stata portata nell’area verde. Qui, secondo la versione della peruviana, era stata abusata. Il racconto non è stato giudicato attendibile dalla Corte d’Appello, presieduta da tre giudici donne.
La sentenza è stata emessa nel novembre 2017. «In definitiva – si legge nel verdetto – non è possibile escludere che sia stata proprio lei a organizzare la nottata “goliardica”, trovando una scusa con la madre, bevendo al pari degli altri per poi iniziare a provocare» uno degli imputati «(al quale la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo di “Nina Vikingo”, con allusione a una personalità tutt’altro che femminile, quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare) inducendolo ad avere rapporti sessuali per una sorta di sfida». I giudici avrebbero definito la vittima come una «scaltra peruviana». Gli imputati, difesi dagli avvocati Gabriele Galeazzi e Fabrizio Menghini, hanno sempre rigettato ogni accusa, sostenendo che il rapporto fosse consensuale. Eppure, nel sangue della vittima era stata trovata una quantità eccessiva di benzodiazepina. Per le lesioni derivate dall’incontro intimo si era anche dovuta rivolgere al pronto soccorso del Salesi, dove era rimasta ricoverata per qualche giorno. Da quel momento, erano partite le indagini della Squadra Mobile, terminate con l’arresto dei due peruviani, poi liberati.
Stupro di gruppo al parco dopo aver narcotizzato l’amica: arriva l’assoluzione in secondo grado
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