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«Troppo mascolina, stupro inventato»,
scatta il flash mob
«Siamo tutte Vikingo» (Video)

ANCONA - Ha raccolto un centinaio di persone, tra cui i sindacati Cgil, Cisl, Uil, l'associazione Marche Pride e Donne e Giustizia. La protesta, al suono di "vergogna, vergogna", si è scatenata contro il linguaggio utilizzato da tre giudici donne in un verdetto assolutorio che prendeva in considerazione una violenza sessuale subita da una ragazza peruviana. Tra i cartelli mostrati, la scritta con l'appellativo Vikingo con cui un presunto stupratore chiamava la vittima, riferendosi - scrive la sentenza - all'avvenenza tutt'altro che femminile della giovane. Il Ministero della Giustizia ha avviato verifiche sul caso

 

di Federica Serfilippi

«Vergogna, vergogna», «No alla violenza di nessun genere», «Mai più in silenzio». Sono solo alcuni dei cori, e delle scritte riportate negli striscioni, che questa mattina hanno dato vita al flash mob di protesta contro le parole utilizzate da tre giudici donne della Corte d’Appello in riferimento alla sentenza di una presunta violenza sessuale subita da una ragazza peruviana, definita con una «personalità tutt’altro che femminile, quanto piuttosto mascolina». A sfilare sotto il tribunale di via Carducci sono state un centinaio di persone, appartenenti alle sigle sindacali della Cgil, Cisl, Uil, all’associazione Marche Pride, alla rete Rebel Network, e al centro antiviolenza Donne e Giustizia. Tra i cartelli mostrati di fronte alla Corte d’Appello c’erano quelli con scritto #siamoTutteVikingo. L’appellativo era quello con cui uno degli stupratori aveva memorizzato nel suo cellulare il nome della vittima,  «con allusione a una personalità tutt’altro che femminile − scrivono i giudici − quanto piuttosto mascolina, che la fotografia presente nel fascicolo processuale appare confermare». La sentenza d’appello aveva fatto assolvere due peruviani dall’accusa di violenza sessuale di gruppo. Recentemente, la Cassazione ha annullato il verdetto, rimandando il processo alla Corte di Appello di Perugia. La presidente di Donne e Giustizia Roberta Montenovo: «Non manifestiamo tanto per l’esito della sentenza, quanto per il linguaggio utilizzato che è ingiustificabile e ci fa pensare a quanta formazione ancora manchi alla magistratura su un tema così delicato che recentemente ci ha messo davanti a sentenze importanti. Manifestiamo contro questa modalità di espressione e per avere una formazione culturale piena contro la violenza». L’avvocato Miriam Fugaro, ex presidente del centro antiviolenza: «Le parole usate sono offensive per la dignità della vittima. Il fatto che siano state pronunciate da donne è ancora più grave, ma ovviamente non sarebbe stato giustificabile neanche se fossero state dette da uomini». Per la Uil c’era il segretario regionale Claudia Mazzucchelli: «Siamo indignate − ha detto − non per il contenuto della sentenza, ma il tenore delle parole utilizzate. In questo verdetto leggiamo un ritorno al passato rispetto alle conquiste fatte dalle donne. Noi, invece, non arretriamo di un passo. Le donne sono libere di dire no alla violenza a prescindere dal loro aspetto fisico». Cristiana Ilari, della Cisl regionale: «In brevissimo tempo ci siamo mobilitati, uomini e donne, perché quello che è scritto nella sentenza ci indegna profondamente: legare lo stupro all’avvenenza e all’aspetto fisico di una persona è una vergogna e passo verso un sub-cultura». Intanto, il Ministero della Giustizia si muove sul caso della sentenza della Corte d’appello di Ancona. E’ stato chiesto agli uffici dell’ispettorato del dicastero di svolgere i necessari accertamenti preliminari in merito alla sentenza che assolveva i due imputati.

(foto di Giusy Marinelli)

I giudici: «Troppo mascolina, ha inventato lo stupro»

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