di Martina Marinangeli (foto di Giusy Marinelli)
Quest’anno, le celebrazioni per il 25 aprile, sono state più sentite del solito. A sfilare in corteo lungo il viale della Vittoria, dal monumento dei Caduti del Passetto, fino a piazza Cavour, accompagnati dalla banda di Torrette, c’erano più persone dello scorso anno e forse la ragione è quella scandita dalla sindaca Valeria Mancinelli dal palco all’ombra del conte Camillo Benso.
«Il ministro questa volta ha sbagliato e ha avuto come conseguenza solo una maggiore partecipazione alle celebrazioni, per fortuna». Il ministro in questione e quello dell’Interno, Matteo Salvini, convitato di pietra della manifestazione dorica e figura ricorrente nei tre discorsi dal palco per quel suo paragone tra la festa della Liberazione e «un derby tra comunisti e fascisti» e, ancor di più, per la sua decisione di non partecipare alle celebrazioni per recarsi a Corleone. «Non è ammissibile che un ministro della Repubblica osi dire di non partecipare alle manifestazioni per il 25 aprile – tuona una Mancinelli visibilmente commossa –, non è tollerabile. Si possono avere opinioni diverse su tutto, ma non sul fatto che la pace e la libertà vadano difese».
La ricorrenza era più sentita quest’anno, e lo si poteva percepire già dalle prime battute delle celebrazioni al monumento del Passetto, dove forze dell’ordine ed autorità erano tutte schierate per il saluto ai caduti. Dal prefetto di Ancona, Antonio D’Acunto, accompagnato al suo arrivo, puntuale come un orologio svizzero, dall’ammiraglio di divisione Alberto Bianchi, Comandante delle scuole della Marina militare, al presidente del consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo, passando, tra gli altri, per il rettore dell’Università Politecnica delle Marche Sauro Longhi, e l’Imam Mohamed Nour Dachan.
Dopo la canonica preghiera in memoria delle vite spezzate per liberare l’Italia dal nazifascismo, è stata letta la lettera della ministra della Difesa Elisabetta Trenta, un accorato appello a preservare il valore di questa giornata. La sindaca ha poi aperto le danze degli interventi dal palco allestito in piazza Cavour, ricordando che i partigiani, tra cui suo padre, «non erano tutti Garibaldi, non erano eroi. Erano persone normali, diventate eroi normali, per difendere il sacrosanto diritto ad avere una vita normale». Un intervento molto applaudito, che si è concluso con un appello a «operare tutti i giorni per difendere la pace e la libertà. Un piccolo gruppo di cattivi diventa protagonista della storia quando milioni di persone abdicano alla loro responsabilità individuale». Poi l’ultima stoccata al vicepremier Salvini, mai nominato apertamente: «ognuno ha un pezzetto di responsabilità individuale, ma per chi ricopre ruoli pubblici è più grande».
Concetto ripreso ed ampliato dal presidente di Anpi provinciale Daniele Fancello, che ha parlato anche della chiusura del punto nascita di Fabriano quale esempio di distanza delle istituzioni dai problemi dei cittadini, dell’antipolitica come cavallo di Troia per «questo clima sovranista» e non ha lesinato neanche lui una stoccata a Salvini, ricordando «la foto di Pasqua con il mitra» e puntualizzando che «la mafia va combattuta ogni giorno, non solo il 25 aprile», alludendo alla scelta del ministro di andare proprio oggi a Corleone. A chiudere il tris di interventi, Guido Lorenzetti, presidente dell’Associazione nazionale ex deportati, figlio di quell’Andrea Lorenzetti a cui è stata anche dedicata una pietra d’inciampo proprio quest’anno: «volendo utilizzare lo stesso linguaggio rozzo, la Festa della Liberazione non è un derby tra comunisti e fascisti, caro ministro, ma nel caso tra oppressione e democrazia».
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