di Giampaolo Milzi
Si sale su per lo Scalone Nappi ricostruito dopo la guerra e poi, appena affrontato li nuovo tratto a larghi gradini – sempre in salita e che poi sbuca direttamente nel piazzale panoramico di San Ciriaco – ecco che l’atmosfera da cartolina spesso viene inquinata da esalazioni nauseabonde. La gente fa una sosta, si tappa il naso, e getta uno sguardo ammirato sulla sottostante, bellissima piazza del Senato, con l’omonimo palazzo duecentesco e la chiesa dei santi Pellegrino e Teresa col cupolone, del XVII secolo, e poi tira dritto fin su, per la cattedrale. Va avanti così da anni, dove il cuore del centro storico di Ancona batte più forte e regala emozioni indimenticabili. E va avanti così anche da oltre due mesi, da quando i tecnici del Comune si sono decisi a piazzare dei semplici cavalletti con travi di legno a sbarrare, all’inizio e alla fine, quei 30 metri di percorso infestati dalla puzza e dal degrado.
Un percorso senza nome (non un cartello toponomastico ad indicarlo) sebbene antichissimo e strategico per i flussi di passanti, tra i quali tantissimi turisti, e da maggio, quando è iniziata la stagione crocieristica, anche quelli che sbarcano al porto dai grandi traghetti. Un giallo-nero, si può dire. Perché per capire cosa cronicamente affligge quel sito siamo dovuti andare sul posto. Giallo risolto, ma con l’amaro in bocca, perché dal Comune continua a non arrivare alcuna risposta ufficiale. Anche se questo giallo-nero, tra gli addetti ai lavori, è una specie di segreto di Pulcinella. La situazione di brutto guaio annunciato sì è concretizzata in modo plateale nel febbraio 2018, quando un enorme pino secolare, pericolante da un pezzo, si è abbattuto su quell’ultimo tratto che conduce al duomo tagliandolo letteralmente in due. E la parte basamentale del tronco s’è portata dietro un grande quantitativo di terra, trascinata dalle potenti e ultra ramificate radici. Scoperchiando la connessione tra l’impianto fognario pubblico sottostante e la condotta idrica che serve la graziosissima casa medievale la cui facciata laterale, salendo, si affaccia sulla piccola scarpata che costeggia sul fianco sinistro il prolungamento di via-Scalone Nappi. Un segreto di Pulcinella, va ribadito. Visto che qualcuno, a Palazzo del Popolo, fuori dall’ufficialità, ha ammesso che sì, “in quel posto c’è un grosso problema attinente le fognature”. A darci risposte precise è l’anziana signora Giuliana Moretti, che col marito Raffaele Sardi e il figlio Mario ci abita al primo piano della grande casa da sogno (circondata da fiori, terrazzini e giardinetti curatissimi), i cui ingressi principali danno sul piazzale del patrono della Dorica. «Ormai ci siamo arresi. Certo, i vigili del fuoco quando è caduto l’enorme pino sono arrivati subito, poi sono tornati, mi pare anche con personale del Comune, e l’hanno rimosso. Poi più nulla», racconta con grinta mista a rassegnazione.
«Abbiamo sollecitato i responsabili municipali, sia con messaggi di posta elettronica certificata sia con telefonate – aggiunge la figlia Ines -, ma tutto quello che sono riusciti a fare è stato piazzare quegli sbarramenti di legno, rivelatisi del tutto inadeguati ad impedire il flusso dei visitatori». Chi fa da sé fa per tre, dunque, si dice. Già, ma non può risolvere un problema così grosso alla radice. Perché di radici si tratta, e il gioco di parole ci sta tutto. E di terra da sempre franosa. Almeno dal 2015-2016, i primi allarmi, un albero più piccolo che viene giù, il terreno della microzona verde in pendio che dà sul selciato a scalini che inizia a gonfiarsi proprio perché le radici del pino centenario – dei veri e propri rami “underground” – spingono da tutte le parti, assieme al terriccio che irretiscono, premendo con forza sul muretto di cinta. E anche questo, soprattutto nella parte centrale dell’itinerario, si gonfia, s’inclina e viene solcato da crepe sempre più vistose. La signora Moretti: «Già allora chiamammo i pompieri, perché notavamo che qualcosa non andava nel nostro impianto fognario, ma ci dissero che era affar nostro, in zona di nostra competenza privata. Vero. E allora mio figlio ha dato una sistemata». Poi il patatrac, col mega pino che dopo forti piogge – le chiome appesantite dall’acqua – in bilico da un pezzo, crolla. Nella scorsa primavera, dopo i due interventi dei vigili del fuoco, e l’evacuazione dell’alto pino, il signor Marco, figlio della Moretti, si rimbocca le maniche. Piazza lungo la scarpata, che dovrebbe essere contenuta in modo efficiente dal muretto a bordo via, dei piccoli terrazzamenti fatti con tubi innocenti e tavolette di legno. Ma non può bastare. La scarpata è solcata da una grossa fenditura che arriva fino alla base circolare del tronco reciso e da un buco. E per quanto la famiglia Sardi-Moretti ce la metta tutta ad isolare impianti igienici ed idrici, quelle profonde cicatrici al suolo non rendono affatto stagna la situazione: è evidente che serve, urgente, un intervento specifico, professionale e magari costoso, da parte di esperti comunali e dell’acquedotto. Intanto, con il caldo di questi giorni, l’atmosfera cupa si appesantisce. «Folate di puzza di fogna durante la settimana, e puzza, a volte, anche dentro alcuni ambienti della casa», confessa la signora Ines. Durante il nostro, di sopralluogo, mentre guardiamo il muretto pericolante e la zona verde devastata, incrociamo per caso un ingegnere e dei tecnici municipali. Si sono accorti – e potrebbe sembrare una specie di beffa – che le transenne di legno poste dal Comune all’inizio della scalinata sono state atterrate da qualcuno. Lo stesso accade periodicamente in cima, sullo sbocco nel piazzale di San Ciriaco. Troppo forte la tentazione di passanti e turisti di andare oltre. «Noi siamo qui per altre incombenze, ma certo è che questa situazione è intollerabile, segnaleremo ai dirigenti», si limita a dire stupefatto e amareggiato l’ingegnere. E’ questa la brutta storia della strada a gradoni senza nome che si arrampica in cima al Colle Guasco, e anche sul lato destro offre una vista da cartolina, su via Birarelli, la chiesa di San Gregorio Armeno, il colle Cappuccini col vecchio Faro ottocentesco. Una cartolina ricercata ma minata da problemi di sicurezza. Con buona pace della legittima vocazione turistica, mai davvero concretizzatasi, di un’Ancona “Bella addormenta (perché sedata dalle istituzioni) sul Golfo”.
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