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Strage alla Lanterna Azzurra,
banda senza scrupoli:
derubato anche un soccorritore

ANCONA – La gang (tutti giovani, dai 19 ai 22) arrestata oggi ha continuato a commettere furti con simile modus operandi anche dopo la tragedia di Corinaldo: «Non hanno mostrato segni di pentimento». Il procuratore Garulli: «Fenomeno sociologico inquietante». I complimenti del ministro dell'Interno Matteo Salvini a carabinieri ed inquirenti che hanno condotto le indagini - VIDEO

Il procuratore Monica Garulli e il colonnello Cristian Carrozza

 

di Martina Marinangeli (foto di Giusy Marinelli)

«È come se si fosse chiuso un cerchio, non è stato lasciato nessun lato oscuro nella vicenda. Dal punto di vista umano è stato forte, ricordo ancora gli occhi dei papà e delle mamme che piangevano i loro figli». È con un moto di gioia mista a commozione che il comandante provinciale dei carabinieri di Ancona, Cristian Carrozza, racconta la conclusione delle indagini sulla tragedia della Lanterna Azzurra. Il colonnello era presente in prima persona quella notte, e le immagini strazianti a cui ha assistito probabilmente non se le dimenticherà mai, ma la «chiusura del cerchio», come la definisce lui, sulle indagini che hanno portato a sette arresti sono un passo fondamentale nella giusta direzione. Un cerchio ben più largo di Corinaldo, che racconta di una banda di giovani senza scrupoli con residenza a Modena e operante nel centro-nord Italia, dedita ai furti e alle rapine nelle discoteche – con predilezione per eventi di musica trap – o comunque nei luoghi affollati, dove è più facile passare inosservati e creare le giuste condizioni.

E le loro imprese criminali, con modus operandi consolidato, sono proseguite anche dopo la strage che avrebbero contribuito a provocare. Ragazzi tra i 19 ed i 22 anni, già noti alle forze dell’ordine e con alle spalle lavoretti occasionali o storie di disoccupazione, attirati dai soldi facili e dalla bella vita. Con l’attività criminale da «associazione a delinquere» – come recita uno dei reati contestati – a cadenza settimanale, arrivavano a guadagnare 15mila euro al mese, da spendere in viaggi (uno dei giovani è stato arrestato in vacanza a Sestri Levante), abiti e sostanze stupefacenti.
Una bella vita per cui erano disposti a tutto, anche a derubare una persona mentre cercava di aiutare un ragazzo caduto sulla rampa della Lanterna Azzurra, con il rischio di essere travolti dal fuggi fuggi generale provocato dal panico scatenatosi in seguito alla diffusione nell’aria dello spray al peperoncino. Perché proprio questo è un altro degli episodi inquietanti di quella tragica notte a Corinaldo. E almeno per ora, «non hanno mostrato segni di pentimento», fanno sapere gli inquirenti. Non erano nuovi del mestiere quella notte: la banda aveva già messo a segno diversi colpi, anche nelle Marche, in una discoteca di Fabriano (17 ottobre) e a Corinaldo (31 ottobre) lo scorso anno. E sono tornati anche dopo la strage, per un furto nella serata del 30 marzo all’interno dell’area di servizio «Esino ovest» di Chiaravalle e per due furti nella discoteca Mia Clubbing di Porto Recanati, tra il 30 ed il 31 marzo.

Il modus operandi era sempre lo stesso: alcuni membri avevano il compito di distrarre la vittima mentre ballava, spintonandola. Gli altri provvedevano, in maniera fulminea, a strappare collane, bracciali o orologi, approfittando della momentanea distrazione della vittima. Uno di loro, infine, pensava ad allontanarsi con la refurtiva e a nasconderla in bocca, nelle scarpe, nelle parti intime o all’esterno del locale. Non c’era un capo, e i loro ruoli erano interscambiabili. In certi casi, chiamavano il ricettatore di Modena – 65enne destinatario anche lui di un provvedimento restrittivo – ancor prima di aver commesso i furti, per far piazzare la merce, e a volte, come a Corinaldo, hanno spruzzato lo spray al peperoncino per approfittare del caos generale e agire indisturbati. Dopo la Lanterna Azzurra, però, quelle bombolette si sono trasformate in una sorta di pistola fumante e non sono più state usate, ma nel corso delle indagini è stato accertato che il gruppo avesse a disposizione un taser.

«È un fenomeno sociologico inquietante – ha osservato il procuratore della Repubblica, Monica Garulli – che dimostra l’esistenza accertata di ragazzi con operatività criminale similare, che in certi casi prevede anche l’uso dello spray al peperoncino. Tra le diverse bande, operanti sul territorio italiano, avviene una spartizione dei territori e ci sono stati contatti con altre bande. Per il gruppo arrestato oltre ai colpi perpetrati tra nord e centro Italia è in corso di accertamento l’eventuale responsabilità anche per un episodio accaduto all’estero». Per le indagini, rapide e brillanti, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha ringraziato «carabinieri e inquirenti: avevamo promesso indagini serie e rigorose per prendere i responsabili di quella tragedia e ora c’è un segnale importante. Nessun arresto restituirà le vittime ai propri cari, purtroppo, ma è nostro dovere individuare i colpevoli e punirli come meritano. Speriamo che la giustizia preveda galera certa per tutti, senza sconti o attenuanti».

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