di Maria Nerina Galiè
Non c’è solo la solidarietà nei confronti dei colleghi di Napoli alla base della protesta attivata oggi, 25 settembre, nello stabilimento Whirlpool di Comunanza in contemporanea nazionale con gli altri siti italiani. Le Rsu picene, che da stamattina all’alba presidiano l’ingresso di Villa Pera, hanno espresso motivi di seria preoccupazione di fronte alla scelta, per ora insindacabile dell’azienda, di alienare il plant campano contro ogni previsione e accordo precedentemente sottoscritto.
Con Paolo Marini e Gianni Lanciotti (Fiom), Raffaele Bartomioli (Uilm), Fabio Capolongo e Orlando Corradetti (Ugl) e Angelo Forti (Uil) c’erano pure il segretario provinciale Fiom di Ascoli Alessandro Pompei e Francesco Armandi ex sindacalista di Comunanza ed ora coordinatore nazionale Whirlpool di Ugl.
Erano pochi in compenso i lavoratori, cosa non nuova per Comunanza dove tali eventi «non hanno mai trovato una grande partecipazione della base operaia», hanno concordato alcuni dei presenti, aggiungendo: «Più che per paura, è perché eravamo abituati ad un rapporto diverso con la precedente proprietà (la famiglia Merloni che ha venduto al colosso americano, ndr), sentita molto più vicina. Qui non era mai stato necessario un picchetto per far sentire le nostre ragioni. Prima di adesso, che invece non abbiamo più interlocutori. Forse poi molti di noi pensano che il problema riguarda solo Napoli. Ma non è così, purtroppo».
«E la partecipazione alla manifestazione nazionale di Roma, il prossimo 4 ottobre, sarà l’occasione per mostrarci compatti anche a livello di stabilimenti locali», ha affermato Pompei il quale ha anticipato anche l’assemblea aziendale del 1 ottobre, a Comunanza, con la coordinatrice nazionale Whirpool Fiom Claudia Laura Ferri. «Sono tante le cose in ballo – ha detto ancora il sindacalista – come il rinnovo dei contratti e, soprattutto, degli ammortizzatori sociali la cui copertura da parte dello Stato è garantita fino al 6 aprile 2020. Poi cosa succederà?». C’è da dire che a Comunanza questo è il primo mese in cui i giorni di fermo sono stati solo due, a ottobre non si prevedono, i 325 operai rimasti dopo l’esodo incentivato (insieme a circa 40 impiegati) ora lavorano sempre.
«La scorsa settimana abbiamo visto i primi 12 prototipi della nuova lavasciuga da 8-9 chili ad incasso che, secondo gli accordi, dovremmo iniziare a produrre i primi mesi del 2020 – ha raccontato Bartomioli – questo però non dissolve le preoccupazioni». In particolare sulle vere intenzioni dell’azienda a livello italiano: «Lo sapremo presto – è intervenuto Armandi – quando conosceremo la destinazione della piattaforma della lavatrice top di gamma. Da piano aziendale deve andare via da Comunanza. Pare chiaro che non è più per rafforzare Napoli. Nessuno però ancora ha detto che fine farà. Se l’Aqualtis lascerà l’Italia sarà davvero un brutto segnale per tutti».
«L’atteggiamento dell’azienda al Mise lo scorso 17 settembre – ha continuato Pompei – ha lasciato tutti senza parole, oltre i contenuti. Ha fatto capire chiaramente qual è il suo atteggiamento rispetto ai tavoli delle trattative. Alla nostra richiesta di dati, numeri, conferme, o anche eventuali smentite sullo stato di applicazione del piano nessuno ha aperto bocca. Non possiamo rapportarci con una realtà taglia le relazioni industriali, non si pone in modo corretto nei confronti del Governo e non dà riscontri a domande specifiche, chiudendo anche i normali canali comunicativi».
I timori per il futuro, dei lavoratori di Napoli e quindi a cascata di tutti gli altri del gruppo, sono concimati da dubbi espressi dai sindacalisti piceni sulla base di notizie che si accavallano in questi giorni e non smentite: «La Whirlpool pensa davvero di lasciare in mani sicure i 410 dipendenti campani, o è tutto un bluff?»
L’azienda svizzera che subentrerà il prossimo 31 ottobre, la Passive Refrigeration Solutions, produce in Cina, ha un’esperienza fallimentare alle spalle, non ha sede in Italia. La transazione costerà 20 milioni di euro alla Whirpool. Ne occorreranno altrettanti almeno per far partire l’impianto, oltre al costo per gli ammortizzatori sociali in attesa di un auspicato, ma anche promesso, riassorbimento dell’intero organico entro un tempo non meglio precisato. «Anche qui ci si aspetta l’utilizzo di fondi pubblici italiani?»
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