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I giganti sognanti di Run,
muralist anconetano a Londra

ARTE - L'artista Giacomo Bufarini fa base nella capitale del Regno Unito ma torna spesso a casa. In piazza Cavour i suoi disegni coprono i dieci bancali della libreria dell’usato Sonnino. In Cina, in Marocco, in Senegal, in Gambia, negli Stati Uniti, in Europa, con le sue visioni ha imbevuto di colore palazzi e piazze ai quattro angoli del globo

Giacomo Bufarini

 

di Marco Benedettelli

Mura popolate da giganti sognanti o da dettagli grondanti magia, intrichi di giungle primordiali e moltiplicazioni geometriche, fiumi, mani. Ha disseminato lo spazio urbano di Ancona e Falconara delle sue tracce, se ne trovano qua e là, sfrontate o più racchiuse. Fa base a Londra ora, ma poi torna spesso a casa, va e viene. In Cina, in Marocco, in Senegal, in Gambia, negli Stati Uniti, in Europa, con le sue visioni ha imbevuto di colore palazzi e piazze ai quattro angoli del globo. Giacomo Bufarini, in arte Run, muralist classe 1979, vive coi pennelli in mano e di progetti ne ha sempre tanti in testa. «Del dipingere per strada mi piace la possibilità di interagire coi passanti. Ci sono persone all’apparenza magari insospettabili, indaffarate, che si fermano per chiedere e darti giudizi, ognuno è profondo e originale. Negli anni ho imparato ad ascoltarle, ad essere empatico con loro», racconta ai tavoli all’aperto di un bar in corso Mazzini, Ancona. La sua prima opera in città Run l’ha dipinta nel 2008 per POP Up Festival, fuori dalla Galleria San Martino, due figure umanoidi che ballano fuse fra loro proprio a fianco del grande murales di Ozmo, la Madonna col Bambino.

In piazza Cavour i suoi disegni coprono i dieci bancali della libreria dell’usato Sonnino, umani, città, mare e giungla sono un racconto per immagini destinato ai passanti o a chi cerca il suo libro. Indimenticabile l’inaugurazione, un happening pubblico conclusosi in una sorta di danza attorno a un albero. Altri murales realizzati per AnconaCrea sputano in via Oberdan sul cortile delle scuole Elementari Faiani o all’ingresso del Museo della Città su via Buoncompagno. Esposizioni di quadri e disegni sono stati allestiti nella Galleria Puccini o da Bobeche Vintage Store. A Falconara, Run ha iniziato colorando vecchi vagoni ferroviari, pareti di fabbriche abbandonate. Lo scorso anno l’impresa edile 3T gli ha commissionato un’opera di 144mq, in via Nino Bixio 22, per riqualificare un grande condominio dove ora, su una facciata, un uomo e una donna se ne stanno dipinti a guardare il mare, abbracciati con una calma primordiale. «Sono stato studente all’Istituto d’arte Mannucci di Ancona fra il ‘94 e il ‘99. Di quegli anni vorrei ricordare il professore Sandro Sansoni. È stato un maestro, uno scienziato dell’illustrazione di grande cura anatomica per i soggetti – ricorda Run – La pittura per me nasce nel segno del realismo e della figuratività, ma della forma mi interessa il ritmo, l’oscurità, la luce, la sensualità e il grottesco. Sono attratto da questi due poli, l’erotico e il primitivo. Amo pochi colori, quelli primari. Quando sono a Falconara mi piace disegnare il mare sul mio quaderno, in pochi tratti regolari e densi, mi piace la sua assenza di ostacoli. Il paesaggio è un diario, un sogno, come la natura della campagna nei pressi di casa mia, così rigogliosa. In Ancona invece traggo ispirazione dall’architettura, è una città sporcata dal tempo e dalla salsedine, i miei ricordi e il mio vissuto sono legati alle sue forme. Per me, che vivo da più di dieci anni a Londra, Ancona è decadente e antica, italiana nelle proporzioni. Quando chiudo gli occhi e immagino una città, mi viene in mente Ancona, diversa in ogni edificio, piena di spazi. Ricordo anni fa l’incontro con il pittore dorico Gaston, passò per venirmi a conoscere mentre lavoravo. Insieme disegnammo due pesci che formavano una faccia, con occhi e bocca».

È dal 2007 che Bufarini si è trasferito a Londra «per una serie di coincidenze – spiega – e qui ho iniziato subito a fare il muralist nel flusso della metropoli, che richiede tempestività d’azione, velocità». Tutto è compresso, agglutinato. In questi spazi capisci Banksy per esempio, fulmineo nel concetto e nell’esecuzione, ironico e corrosivo, spiega. «Londra, superfluo sottolinearlo, offre molteplici opportunità ma bisogna campirne la morfologia urbana, le sue logiche effimere, i suoi squat e le sue boutique, il sistema dei mercanti d’arte. Nella capitale ho fatto opere di nascosto o alla luce, con o senza permesso, a est e a ovest, per nessuno o per committenti. Non esiste purezza, siamo parti di un circuito, “viviamo a Babilonia”. Ma bisogna stare molto attenti a capire per chi lavoriamo. L’artista ha delle responsabilità, esercita una sua influenza nel mondo e in ballo c’è la sua anima». Oltremanica, Run ha dipinto con le sue grandi teste una ventina di muri, in strade buie o in contesti più istituzionali, per gallerie e collezionisti, nel quartiere di Shoreditch, nel Lower Clapton, nel Blithehale Medical Centre in Bethnal Green, per festival, musei. La sua prima mostra ufficiale è stata nel 2014, alla Howard Griffin Gallery. Nel frattempo ha realizzato lavori a Los Angeles, a Dakar, in Gambia per il WOW Festival, in Libano, alla biennale di Marrakech e ancora in altri luoghi.

«Dipingo un muro in un paese lontano e poi capita che non ritorni a guardarlo. Rivedo quello che ho fatto solo in fotografia e mi domando cosa ne sia dei miei murali, come la gente continui a giudicarli e viverli. Ho iniziato nell’infanzia, con l’esempio di mia madre che si è sempre definita un’artigiana. Mio padre è un imprenditore immerso nella manualità. Così ci ho messo del tempo a definirmi artista, ho dovuto compiere i trent’anni per superare il mio pudore. A volte mi trovo a disegnare per interi pomeriggi e mi stupisco di come stia riuscendo a vivere della mia arte, a essere pagato per quello che faccio. È stata una catena di eventi, di coincidenze e volontà». C’è una testimonianza del viaggio di Run in Cina assieme ai colleghi artisti Hitnes e Jiamin Hu per la Biennale d’ arte 2018 di Shenzhen. È il documentario che il 30 novembre esordisce ad Ancona per la semifinale di Corto Dorico, What I Do diretto da Gastone Clementi. Un video che mostra come bassifondi fumosi, espansioni disordinate, cultura popolare e inaspettati incontri possano essere amalgamati assieme dalla vernice e dal tratto del pennello, fin dentro il bosco della metropoli.

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