di Giovanni De Franceschi
Questa è la quarta settimana di lockdown e le misure continuano indubbiamente a dare i propri frutti. Nelle Marche l’incremento giornaliero medio dei contagi continua a scendere, così come quello dei decessi e del rapporto tra tamponi totali e positivi, e per la prima volta dall’inizio dell’emergenza questa settimana abbiamo avuto anche un saldo negativo delle persone ricoverate in terapia intensiva. Di contro cresce considerevolmente il numero dei guariti e dei dimessi. Tutto bene quindi? In parte sì, ovviamente. Gli sforzi e i sacrifici che stiamo facendo tutti noi, stanno pagando. E questo non può che generare un senso di appagamento. Ma in parte no, ed è qui ora il nocciolo del problema di cui ancora si fa fatica a vedere una soluzione. Restare chiusi in casa non significa affatto aver sconfitto il virus, o meglio averci imparato a convivere.
CONTAGI – Nell’ultima settimana la media dei nuovi casi giornalieri nelle Marche si è attestata al 3,25%. Per rendere l’idea, la prima settimana di entrata in vigore del lockdown totale, quella dal 9 al 15 marzo, lo stesso numero è cresciuto in media ogni giorno del 24,89%. Come dire, se prima delle misure restrittive si passava da 100 a 124 contagiati da un giorno all’altro, oggi, dopo quattro settimane di lockdown, si passa da 100 a 103 contagiati nell’arco di 24 ore. In totale sono circa 233 contagiati ogni 100mila abitanti nelle Marche. Quinto posto in Italia secondo la Protezione civile. Anche nella provincia di Macerata la curva ha seguito grossomodo lo stesso andamento: passando da un incremento medio giornaliero del 46% nella prima settimana ad un incremento medio del 4,31% durante quest’ultima settimana. Guarda il grafico.
TAMPONI – Il calo dei contagi è confermato ulteriormente dal rapporto tra i tamponi esaminati e quelli risultati poi positivi. Ad oggi in tutta la regione sono stati effettuati 15.252 esami, di cui 4.464 positivi: cioè il 29,7% circa. La settimana scorsa eravamo al 34%. Ma guardando alla media settimanale di questo rapporto, si vede come la curva abbia seguito una decrescita costante. Nella prima settimana di lockdown, infatti, il 43,8% dei tamponi effettuati nelle Marche era positivo: praticamente quasi uno ogni due. La settimana dopo è risultato positivo il 37% dei tamponi, la scorsa settimana si è arrivati al 27,4% e questa al 18,25%. Ecco il grafico.
PAZIENTI IN TERAPIA INTENSIVA – L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla pressione sul sistema sanitario e inevitabilmente un calo della curva dei contagi produce i suoi effetti. Per la prima volta dall’inizio dell’emergenza, in questa settimana abbiamo registrato nelle Marche un saldo negativo dei pazienti in terapia intensiva. Cioè si è passati dai 169 di lunedì ai 151 di oggi. E così anche la media settimanale dell’incremento giornaliero ha registrato una deciso calo nell’ultimo mese. Nella prima settimana di lockdown era del 13%, nella seconda del 6,2%, nella terza del 2,8% e in questa siamo arrivati appunto a un -1,75%. Di contro è aumentato esponenzialmente il numero delle persone guarite (la Regione ha iniziato a fornire questo tipo di dato dal 21 marzo, cioè da quando il sistema sanitario è stato in grado di esaminare due tamponi nel giro di 24 ore per ogni paziente dimesso, così da considerarlo ufficialmente guarito nel caso fossero risultati negativi). Il 21 marzo erano due i guariti ufficiali, il 2 aprile 42. Poi negli ultimi giorni la Regione iniziato a conteggiarli insieme ai dimessi, come le altre Regioni, e così è diventato impossibile dividere i due dati. Guarda i due grafici.
DECESSI – Ultimo dato quello dei decessi: anche in questo caso l’incremento giornaliero medio è calato di settimana in settimana. Nei primi sette giorni di chiusura totale, il numero dei morti è aumentato in media del 25,7%. Nella seconda si è scesi al 20%, nella terza è stato praticamente dimezzato fino all’11% e in ques’ultima è ulteriormente calato fino al 6,25%. Dall’inizio dell’emergenza ad oggi sono 599 le persone decedute, più o meno 33 morti ogni 100mila abitanti. Il che colloca la nostra regione al quinto posto in Italia, secondo l’elaborazione della Protezione civile (leggi l’articolo).
GORES – Sono 14 le vittime del coronavirus registrate nell’ultimo bollettino del Gores. L’età media delle persone uccise dal Covid19, a oggi 612 in tutta la Regione, è di 79,5 anni. Tra di loro il 94,4 percento aveva pregresse patologie. All’ospedale di Jesi, nelle ultime 24 ore, è deceduta una 77enne, mentre all’Inrca di Ancona e all’ospedale di Torrette si sono spenti rispettivamente una 62enne e una 94enne. Al Covid hospital di Senigallia non ce l’ha fatta invece un 53enne di Trecastelli. Il Gores specifica inoltre che una paziente di Ostra Vetere,, deceduta ieri e segnalata nel bollettino di sabato come positivo al Covid 19, in realtà era risultata negativa al tampone.
LA FASE 2 – Il fatto che la diffusione del virus e di conseguenza la pressione sul sistema sanitario stia rallentando non significa affatto che stiamo avendo la meglio. Che il virus stia per essere sconfitto. Ci siamo solo nascosti, stiamo mantenendo le distanze sociali e il virus ha perso terreno fertile. Ma un volta che le misure verranno allentate? Cioè, quando inizierà questa famosa fase 2 e finiremo di nasconderci e torneremo a uscire, magari a scaglioni, dalle nostre tane, cosa succederà? Molto probabilmente, come già dimostrato dalla Cina, il virus potrebbe tornare a proliferare con nuovi picchi e nuove ondate di morti e ricoveri. Uno scenario evitabile solo con una strategia che ancora si fa fatica a vedere. In altre parole, se non cambieremo approccio per risolvere il problema sanitario, vanificheremo tutti gli sforzi fatti finora. E la seconda ondata potrebbe avere effetti anche più devastanti della prima, soprattutto a livello psicologico. Di sicuro non sarebbe più giustificabile il fatto di farsi cogliere impreparati.
Perché, quantomeno di buoni esempi, in Italia ne abbiamo avuti: il Veneto. Che è diventato caso di studio sulla prestigiosissima Harvard Business Review, che ha pubblicato “Lessons from Italy’s Response to Coronavirus”, a firma Gary P. Pisano, Raffaella Sadun e Michele Zanini. Secondo gli studiosi di Harvard il Veneto ha adottato una strategia migliore rispetto alla Lombardia (di cui le Marche hanno seguito la strada). Perché? La regione di Zaia, come spiega lo studio, ha adottato un approccio molto più proattivo: test approfonditi su casi sintomatici e asintomatici precoci (i tamponi effettuati sono stati 94.784); tracciamento dei potenziali positivi; se qualcuno è risultato positivo, sono stati testati tutti i presenti nella casa di quel paziente, nonché i vicini; se i kit di test non erano disponibili, le persone si sono messe in auto-quarantena volontaria. Oltre a ciò, ha optato per un sistema basato su diagnosi in loco e assistenza domiciliare e ha dotato fin da subito medici e infermieri di dispositivi di protezione. Mentre la Lombardia e le Marche hanno seguito un percorso sostanzialmente opposto: limitato il numero di test; ci si è concentrati principalmente sui casi sintomatici; si sono effettuati investimenti limitati in tracciabilità proattiva, assistenza domiciliare, monitoraggio e protezione degli operatori sanitari. I risultati? Eccoli: abbiamo numeri peggiori del Veneto, che ha una popolazione di oltre 3 volte quella delle Marche, leggi l’articolo. Ecco perché, ora che è dimostrato come le misure restrittive funzionino, serve un cambio di passo a livello decisionale e politico. Una nuova strategia per affrontare il domani. E se già è stata studiata a livello regionale sarebbe utile spiegarla e renderla pubblica. Altrimenti il sospetto è che l’idea sia quella di prolungare il lockdown a oltranza fino a che qualcuno non tiri fuori il classico coniglio dal cilindro, il vaccino.
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