Niente uova, colombe e specialità di pasticceria artigiana sulle tavole pasquali. Ne vieta la vendita un’interpretazione governativa del Dpcm 11 marzo 2020 in materia di contenimento dell’emergenza Covid-19 in base alla quale le imprese artigiane di pasticceria, obbligate alla chiusura, non possono vendere i loro prodotti nemmeno attraverso la modalità di asporto che è consentita invece ad altre attività.
Secondo i dati dell’Ufficio Studi di Confartigianato nelle Marche sono 675 le imprese di pasticceria e gelateria nelle quali lavorano 2.808 mila addetti, un settore caratterizzato da un elevata vocazione artigianale. La perdita di fatturato nel mese di aprile per la nostra regione è stimata in 19 milioni di euro, dovuta alle mancate vendite dei dolci legati alla ricorrenza di Pasqua. Aggiungendo, ai mancati ricavi, la perdita, valutabile in 4 milioni di euro, determinata dal deperimento di parte delle materie prime acquistate prima del lockdown in previsione della produzione per il periodo pasquale e dal parziale utilizzo legato all’imprevista chiusura resa necessaria per limitare i contagi da Covid-19, si stima che il danno economico che subiscono le circa 700 imprese marchigiane ammonti a 23 milioni di euro. «La Confederazione – afferma il segretario generale di Confartigianato Marche Giorgio Cippitelli – si è rivolta al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, sollecitando un intervento tempestivo che faccia chiarezza nelle interpretazioni governative, stabilisca omogeneità di applicazione delle norme in tutto il territorio ed eviti incomprensibili disparità di trattamento tra attività con Codici Ateco diversi ma produzioni simili. Siamo i primi a rispettare le regole per difendere la salute dei cittadini. Ma non accettiamo un’interpretazione della norma che si traduce in una palese ed assurda penalizzazione delle nostre produzioni a vantaggio di altre tipologie di prodotti di pasticceria. Così si colpiscono le nostre aziende e si nega libertà di scelta ai consumatori».
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