di Giovanni De Franceschi
«Stiamo predisponendo un’ordinanza sull’obbligo delle mascherine, vorremmo iniziare a ragionare col ministero della Salute sulla fase 2: più aperti e più protetti». Così il governatore Luca Ceriscioli durante la conferenza in streaming di oggi pomeriggio convocata per fare il punto sull’emergenza Coronavirus. Quindi la Regione è decisa a introdurre l’obbligo di presidi di protezione per uscire di casa e dare avvio alla cosiddetta fase 2, quella delle convivenza col virus. Ma sui tempi e sui contenuti specifici dell’ordinanza bisognerà attendere dunque la risposta del ministero.
MASCHERINE – Per quanto riguarda dunque la volontà di voler rendere obbligatorio l’uso dei dispositivi di protezione, il presidente della Regione ha spiegato: «Vorremo fare come l’Emilia Romagna, che prima ha condiviso il testo con il ministero della Salute e poi ha atteso che l’ordinanza fosse emanata dal ministro stesso. Questo per un duplice motivo: togliere innanzitutto il tema dell’uso dalla mascherine da un discorso frammentario e iniziare a ragionare sulla fase 2 a livello più esteso. Dal governo infatti ci attendiamo linee guida in questo senso. E poi per dare un messaggio culturale ai cittadini: abbiamo visto che le misure restrittive funzionano, ora non possiamo abbassare la guardia». Ma modi e tempi sono ancora incerti. «Nella proposta al ministro non è compresa solo mascherina – ha sottolineato infatti il governatore – si parla più genericamente di protezioni. Perché è chiaro che in momento in cui si fa fatica a reperirle, sarebbe come prendere in giro i cittadini. Sarà poi il ministero a definire i contenuti specifici dell’ordinanza». Quindi probabilmente, come in altre regioni, l’obbligo sarà esteso anche a sciarpe e foulard.
FASE 1 e FASE 2 – E’ proprio sul passaggio tra queste due fasi della gestione del problema sanitario che si è incentrata una parte della conferenza. Innanzitutto Ceriscioli, come aveva già detto ieri durante il Consiglio regionale in streaming, ha ribadito che la curva dei contagi ha passato il picco il 1 aprile e continua la discesa. «La nostra curva – ha spiegato – è allineata con quella cinese, significa che cittadini hanno rispettato con grandissimo rigore le misure restrittive e l’effetto si sente: oggi infatti siamo arrivati a 96 nuovi casi su 700 tamponi esaminati. Il che però dimostra anche un’altra cosa: che almeno 400 di questi tamponi sono usciti dalla logica dei sintomatici. Cioè è in atto un allargamento crescente degli esami che è partito dalle categorie più a rischio: dipendenti della sanità, case di riposo, soggetti con sintomi lievi. Oggi ho chiesto anche di avere un quadro dei tempi: da quando emerge la necessità del tampone, fino al risultato. Così da poter spingere ancora di più su questo strumento, anche sul versante dimessi, che potrebbero diventare ufficialmente guariti».
Ma allora questo approccio, cioè tamponi su larga scala e non solo ai sintomatici, non poteva essere utilizzato anche nella prima fase così come fatto in Veneto, visto che ha dimostrato di funzionare meglio? «Il Veneto è stato un caso particolare – ha risposto il governatore – hanno trovato una quantità di reagente necessaria a fare dieci volte i tamponi che abbiamo fatto noi, ma il reagente noi fatichiamo a trovarlo anche oggi. Quindi nella prima fase innanzitutto abbiamo rispettato le disposizioni dell’Oms e del governo e poi quando abbiamo capito che lo strumento dei tamponi andava esteso, ci siano scontrati con difficoltà tecniche. La Roche che ci aveva promesso una fornitura costante di reagente ha disatteso l’impegno. Ora speriamo che garantisca la continuità della fornitura come ha dichiarato».
Per la fase 2 quindi si sta cambiando approccio: più tamponi possibili, perché nel diffondersi del virus gli asintomatici hanno un ruolo chiave, assistenza domiciliare con le Unità speciali sul territorio che sono partite ieri (leggi l’articolo), test sierologici soprattutto tra gli operatori sanitari per capire chi ha sviluppato gli anticorpi e concentrazione dei pazienti gravi in un’unica struttura, la fiera di Civitanova. Sulla cui necessità Ceriscioli stesso è stato chiaro (leggi l’articolo), nonostante i dati mostrino un allentamento della morsa del virus. Ciò non vuol dire che siamo già pienamente entrati nella fase due, basti pensare che lo stesso governatore ha ammesso di non essersi sottoposto a tampone dopo i 14 giorni di quarantena perché asintomatico, ma la strada sembra segnata.
PROBLEMA ANZIANI E CASE DI RIPOSO – «Sotto il profilo sanitario il sistema regionale ha risposto correttamente – ha detto il presidente – Sono state molte le iniziative in proposito, forse in alcuni casi sono stati segnalati in ritardo i focolai e non sono state prese le giuste misure per evitare il propagarsi del virus. Se pensiamo che alcune strutture hanno fatto addirittura feste di carnevale, è evidente che situazione che va indagata fino al profondo. E infatti anche la magistratura si sta muovendo in tal senso. Certo, va detto che per i gestori nella prima fase non era facile capire l’insidiosità del virus, come per molti, e nella seconda hanno dovuto far fronte alle difficoltà per reperire i dispositivi di protezione, che peraltro persiste ancora oggi. Per noi restano comunque punto su cui presteremo grande attenzione».
SISTEMA SANITARIO – Cambierebbe qualcosa in questi cinque anni di legislatura sull’assetto sanitario regionale e terrebbe ancora per sé la delega? «Di sicuro – ha detto il presidente – ci sono aspetti che non si risolveranno con questa legislatura. Il tema va collocato su due grandi questioni: l’assetto istituzionale delle Regioni e le risorse messe a disposizione per la sanità. Sul primo, da una parte si è pensato di comprimere il ruolo delle Regioni e dall’altro in capo alle Regioni stesse sono passate anche le competenze delle Province. Per cui oggi nelle Marche ci troviamo ad affrontare molte competenze con solo sei assessori, e questo problema rimarrà anche per chi verrà dopo di me. Senza considerare che nel frattempo abbiamo affrontato due grandi emergenze: terremoto e coronavirus. Sul secondo punto, c’è stato un taglio delle risorse alla sanità a livello nazionale. E siccome la sanità per acuti non ammette deroghe, la sanità territoriale p stata messa a dura prova. Perché è chiaro che nella scarsità generale di risorse nessuno può togliere soldi alle Rianimazione, ai Pronto soccorso, alle Chirurgie. Con risorse adeguate avremmo avuto certamente un territorio più forte a livello sanitario, che ci avrebbe permesso anche di gestire meglio la pandemia».
FUTURO POLITICO – Non è che i suoi compagni del Pd hanno cambiato idea su una sua ricandidatura? «Spero proprio di no – ha risposto ridendo Ceriscioli – di sicuro non ho cambiato idea io. Mantengo la mia scelta: centrosinistra più unito, grazie al passo indietro di chi sembrava dividere. Basti pensare che stanotte ho sognato di correggere i compiti dei miei alunni, per far capire come la testa sia lontana da un futuro in politica».
</
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati