di Pierpaolo Pierleoni
Lavorare nel luogo dei sogni e trovarsi, all’improvviso, nella massima incertezza, per colpa della pandemia da Covid-19. C’è anche una giovane di Sant’Elpidio a Mare, Barbara Miandro, tra i 200 italiani, impiegati a Disney World, che domani si imbarcheranno su un aereo per fare ritorno in Italia. Nella stessa situazione ci sono anche una ragazza di Monte Urano ed un’altra marchigiana di Jesi. Rischiavano di trovarsi senza alloggio, né assicurazione sanitaria, ma la loro storia, dopo un’intensa trattativa che la giovane racconta dettagliatamente, si è sbloccata.
Miandro era a Orlando, in Florida, dal 3 febbraio, già in passato aveva già lavorato per Disney, era impiegata ad Epcot, uno dei parchi di Disney World, come Italy cultural representative nel settore della ristorazione del padiglione italiano, affidato ad un’azienda esterna. «Capiamo perfettamente che questa situazione non era prevedibile e ha colto tutti impreparati – esordisce – Non abbiamo mai preteso di viaggiare gratis, chiedevamo solo un volo in sicurezza e garantito per Roma ad un prezzo normale per quella tratta. Il Consolato di Miami ci aveva anche chiesto l’Iban per effettuare donazioni, ma abbiamo rifiutato».
Sono quasi 250 gli italiani, quasi tutti under 30, che lavorano al più grande parco divertimenti del pianeta. Miandro fa parte di un gruppo di 50 persone che ha iniziato ai primi di febbraio. «Per arrivare qui – racconta – paghiamo circa 2000 dollari tra travel package e documenti. Il nostro gruppo ha avuto più difficoltà economiche rispetto a chi era qui da più tempo, poiché abbiamo lavorato solo 1 mese e con affluenza più bassa».
Il 15 marzo arriva la comunicazione della chiusura del parco per 2 settimane. «Ragazzi di altre nazionalità hanno ricevuto subito una mail con l’avviso di sospensione del contratto e l’invito a lasciare prima possibile l’housing (i disney housing sono 4 complessi residenziali da circa 40 case, ognuna con 6 appartamenti). Il nostro general manager ci ha informato che ci avrebbe rifornito di cibo ed acqua e ci hanno rassicurato che avremmo ricevuto lo stipendio lordo (308 dollari a settimana, da cui va detratto l’affitto, circa 162 dollari a settimana, più tasse e assicurazione sanitaria)». Un gruppo di italiani, che avrebbe terminato il contratto ad aprile, decide di tornare in Italia, ma iniziano a mancare voli garantiti. Intanto la chiusura di Disneyworld si prolunga, ma i giovani italiani vengono tranquillizzati «perché eravamo più al sicuro nei nostri housing che in Italia – spiega Miandro – dove la situazione peggiorava di giorno in giorno. Nel frattempo, alcune aziende esterne messicane, inglesi e francesi hanno iniziato a licenziare i dipendenti e consigliato il rientro a casa».
Nel frattempo il coronavirus è arrivato anche in Florida (ad oggi si toccano 22.897 contagi e 633 morti) e sono partite le restrizioni. Le attività chiudono e i ristoranti lavorano solo in delivery o to-go, mentre i supermercati, di solito h24, chiudono alle 21. «C’era il coprifuoco, ma non veniva rispettato, la gente continuava a passeggiare e fare attività fisica, nessuno usava mascherine e guanti nei supermercati», racconta la giovane. Negli housing vengono chiuse le aree comuni, in molti iniziano a cercare voli online. «Alitalia andava da 800 a 6000 euro in economy light (senza bagaglio incluso). C’erano soluzioni più economiche con altre compagnie. Eravamo ancora tranquilli, abbiamo deciso di aspettare. Io abito con un’altra ragazza italiana di Anagni, due ragazze scozzesi e due messicane. Anche loro si sentivano tranquille e sicure».
Il 6 aprile però è arrivata la notizia della sospensione del contratto, con l’obbligo di lasciare le case entro venerdì 17 aprile. «E’ scoppiato il panico – prosegue la giovane – le mie coinquiline piangevano, i colleghi chiedevano spiegazioni al general manager, che due giorni dopo ci ha spiegato che chi avrà ancora sei mesi di visto valido dalla data di riapertura potrà tornare subito a lavorare qui. Ci suggeriscono voli online con scalo a New York, Chicago o Toronto e un’ulteriore scalo in Europa. Qualche giorno dopo, ci viene concesso il pagamento di altre 3 settimane nell’ultimo assegno per aiutarci a comprare il biglietto aereo».
A quel punto gli italiani ancora ad Orlando sono 200, c’è chi compra il volo Alitalia, unico garantito dalla Farnesina, altri rischiano con voli più economici. Dopo alcune prenotazioni, i prezzi schizzano, i voli successivi prevedono viaggi fino a 36 ore con più scali, tra cui New York, dove la pandemia sta dilagando. «Decidiamo di contattare il Consolato di Miami – continua Moandri – Ci dicono di aspettare e che ci avrebbero aiutato. Parte così una comunicazione giornaliera col Consolato e la Farnesina. Ci dicono che Alitalia chiede 400.000 euro per un volo charter di rimpatrio, ma l’opzione viene scartata. Con il giorno di liberare gli appartamenti sempre più vicino e Disney che ricorda l’ultima data disponibile per lasciare la casa, cresce l’ansia, c’è chi acquista voli da 36 ore con 4 scali a 1500 euro».
Così i dipendenti di Disneyworld decidono di fare appello ai media. E siamo agli ultimi giorni. Mancano appena 48 ore e tutti i 200 stanno per trovarsi senza alloggio né assicurazione sanitaria. Ma mercoledì 15 la situazione si sblocca. «Il Consolato di Miami chiama e annuncia che c’è un volo, al costo di 1.048 dollari (960 euro)con partenza domenica 19 – termina Barbara Miandro – Disney ci ha concesso 2 giorni di permanenza in più, ma con trasferimento in un altro complesso residenziale. Un manager ha organizzato 3 bus per arrivare in aeroporto ad Orlando».
Insomma, è arrivato l’epilogo positivo. «Il volo farà scalo tecnico a La Romana, poi arriverà direttamente a Fiumicino e Malpensa lunedì mattina – conclude la giovane elpidiense – Lì ci aspettano due settimane di isolamento prima di poter raggiungere le nostre famiglie. Ringrazio chi ci ha messo la faccia, i media, Gabriele Parpiglia, le 22000 persone che hanno inviato l’e-mail “Salvate i ragazzi di Orlando”, il Consolato di Miami, la Farnesina, i nostri manager che non ci hanno mai abbandonato, la compagnia aerea Neos e l’aeroporto di Orlando. Nel volo si imbarcheranno con noi anche altri italiani che devono rimpatriare».
L’ora del rientro in patria per la 27enne è imminente, con la prospettiva di fare ritorno negli Usa quando l’emergenza sarà alle spalle e Disneyworld riaprirà. «Ora è impossibile prevedere una data. Il mio visto scade il 30 aprile 2021. Mi piacerebbe essere di nuovo a Orlando per il 50esimo anniversario del parco».
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