di Gabriele Censi
«Ci aspetta una vita in mascherine e in fila, una vita fatta di passi avanti e passi indietro, anche se arriveremo alla fase 2 il virus circola e ci dovremo convivere».
Queste le conclusioni del virologo Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell’università-azienda ospedaliera di Padova, ospite oggi pomeriggio online di Unicam. Crisanti ha raccontato l’esperienza fatta a Vò Euganeo, primo focolaio del Covid in Italia. E’ stato il punto di partenza del seminario organizzato dall’università di Camerino sul tema del Coronavirus. L’invito per la conferenza on line di oggi è arrivato dal direttore della Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria Guido Favia, amico di lunga data del noto scienziato che ha lavorato anni all’Imperial College di Londra. Il caso di Vo’ conferma alcune conoscenze ormai diffuse sul virus, chi colpisce di più (uomini più delle donne, anziani meno che i bambini), come si diffonde e come si contrasta. In questo momento in cui la curva epidemica tende ad appiattirsi e gli ospedali tirano un sospiro di sollievo, Crisanti invita però alla prudenza perché sono tanti i casi di infetti non scoperti che rimangono nelle loro case e sono spesso asintomatici.
Lo studio di Crisanti si è avvalso per lo sviluppo matematico della collaborazione di Ilaria Dorigatti ricercatrice al Dipartimento di Epidemiologia delle Malattie Infettive, dell’Imperial College di Londra che invita anche lei alla prudenza soprattutto sul problema della riapertura delle scuole: «I bambini anche se non si ammalano possono però trasmettere il contagio». Il virologo ha annunciato uno studio di tipizzazione genetica in partenza e già finanziato su tutta la popolazione di Vo’ Euganeo. «Il tampone è un elemento importante perchè seppure dà una fotografia immediata chi è positivo lo rimane per parecchio tempo e si riesce ad individuare. L’esperienza fatta a Vo’ Euganeo, è stata importante per capire come si spengono i focolai e primi passi da fare sono la chiusura e l’analisi sistematica di tutte le persone. Non esiste prova che le persone che hanno anticorpi siano protette, e se lo sono ovviamente non si sa per quanto tempo. Perché se gli anticorpi vengono prodotti normalmente durante le prime 3-4 settimane abbiamo persone che rimangono positive per 7-8 settimane?».
Il seminario è stato avviato con il saluto del rettore Claudio Pettinari: «Abbiamo fortemente voluto avviare una serie di incontri con scienziati di chiara fama che possano fornire un contributo provato da evidenze scientifiche, per comprendere al meglio quanto sta accadendo in questo particolare momento. Vogliamo inoltre ribadire attraverso autorevoli testimonianze il fondamentale ruolo della ricerca, realizzata attraverso il rigoroso metodo scientifico, che può portare benefici per la nostra quotidianità. Approfittiamo di questo momento in cui la nostra quotidianità è totalmente stravolta, per prendere ancora di più consapevolezza di quanto sia importante investire nella ricerca scientifica. Ringrazio il professor Crisanti per averci voluto onorare della sua presenza, seppur telematica».
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