di Giuseppe Bommarito
E’ datato 24 aprile 2020 il “Documento Fase 2” a firma di Nadia Storti, direttrice generale dell’Asur Marche, destinato a prevedere le modalità e le tempistiche del ritorno completo alla normalità delle rete ospedaliera marchigiana, sconvolta da febbraio in poi dalla pandemia coronavirus e dalle modifiche realizzate in corso d’opera, nella Fase 1 di emergenza, consistite nella creazione e/o potenziamento a tamburo battente di aree dedicate al covid in alcuni ospedali e nella trasformazione di altri (tra i quali quello di Camerino) in ospedali esclusivamente destinati ai pazienti covid.
Si prevede, nel documento in questione, un ritorno graduale alla normalità entro il prossimo mese di maggio e il rientro completo delle funzioni ospedaliere ordinarie entro giugno, con alcuni riferimenti fissi destinati nel frattempo a rimanere nell’ambito regionale come presidi per così dire strutturali per il covid. Ebbene, sorprende fortemente che in un siffatto ed articolato programma messo a punto per ripristinare in tempi brevi l’attività routinaria dei presidi ospedalieri, e quindi a ripulirli dai pazienti affetti da coronavirus, non vi sia il benché minimo riferimento al Fiera Covid di Civitanova, la cosiddetta astronave già da alcune settimane ampiamente strombazzata a destra e a manca, addirittura come polo regionale (assurdo, con solo 42 postazioni di terapia intensiva) che “farà scuola nel mondo”, dal duo Ceriscioli-Ciarapica, con la santa benedizione di Guido Bertolaso, ancora ieri in loco, e del Sovrano Ordine di Malta. E stiamo parlando, come autrice di tale programma di rientro nella normalità, di quella stessa Nadia Storti che l’otto marzo scorso, parlando a Camerino a picco epidemico ancora non raggiunto, ebbe a dire che nelle Marche serviva un incremento minimo di posti letto di terapia intensiva e che l’individuazione dell’ospedale destinato esclusivamente al covid nella città camerte era ottimale – si ponga a mente questa affermazione – perché quella struttura ospedaliera era isolata in quanto posizionata su una collina fuori dall’abitato.
Mentre i lavori vanno avanti con il centro fiere praticamente blindato, senza nemmeno la possibilità di leggere il cartello di cantiere (che per legge dovrebbe essere visibile a tutti), ancora non scema, dunque, l’interesse sulla vicenda assurda dell’astronave civitanovese, che tanto in queste settimane ha fatto parlare e litigare. Inutile adesso tornare, visto che già se ne è ampiamente parlato, sullo spreco vergognoso di soldi donati da cittadini benefattori (ben 12 milioni di euro, di cui peraltro 5 di natura pubblica, in quanto erogati dalla Banca d’Italia) per un’opera che non ha più ragion d’essere né nella fase attuale (nelle Marche vi sono attualmente circa 100 posti letti disponibili per la terapia intensiva) né nella prospettiva di future recrudescenze del virus, laddove tutte le indicazioni portano da un lato a prevedere spazi aggiuntivi nella rete ospedaliera esistente e dall’altro ad attivare le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale sul territorio) e la capacità di eseguire rapidamente tamponi ad ampio raggio. Inutile tornare sul disprezzo totale da parte della Regione Marche nei riguardi del parere dei tecnici, i quali, con impareggiabili e chiarissimi documenti delle associazioni dei medici anestetisti e rianimatori e dell’Anaoo Assomed, totalmente ignorati, hanno sancito non solo l’inutilità, ma anche l’assurdità della prevista cattedrale nel deserto.
Inutile tornare anche sulla confusione da dilettanti allo sbaraglio che ogni giorno cresce circa la finalità di una tale struttura (inizialmente destinata a gestire esclusivamente l’emergenza per i pazienti richiedenti terapia intensiva e solo qualche giorno dopo, cosa ben diversa, a consentire invece agli ospedali di tornare alle ordinarie funzioni) e la durata del suo utilizzo, oscillante tra poche settimane e qualche anno, quanto meno sino al 2025. Inutile ricordare, benché determinante, la mancata disponibilità di centinaia di medici e di infermieri da destinare alla nuova struttura. Inutile ricordare – visto che l’arroganza del potere in questa storiaccia la fa da padrona e procede incurante di tutto – la trasversale opposizione ad un progetto folle, proveniente da amplissimi settori sia della destra che della stessa sinistra marchigiana, Cgil compresa, un caso più unico che raro, che avrà pure un significato. Tutto inutile, lorsignori, Ceriscioli & Company, devono a tutti i costi (anche a costo di bruciare senza alcun senso ben 12 milioni di euro) andare avanti nell’ambito di quella che è stata definita la fiera della politica e della vanità, se non altro per farsi belli con le penne del pavone e dimostrare alla popolazione marchigiana di aver fatto qualcosa di importante (?).
E’ importante invece sottolineare alcuni aspetti sui quali per nulla si è sinora riflettuto (a parte una interessantissima relazione della dottoressa Natalia Conestà, biologa specializzata in sanità pubblica) e che sin d’ora si appalesano come fonti di contagiosità, cioè di possibile diffusione del covid 19 tra la popolazione che numerosa gravita negli immediati paraggi dell’astronave bertolasiana, caratterizzati – come è noto – dalla presenza, tra le altre cose, anche di un frequentatissimo centro commerciale e del palazzetto dove gioca la Lube, oltre ad una scuola e a parecchi altri esercizi pubblici e ad un casello autostradale che sputa macchine a getto continuo. Certo, ci saranno nel nuovo reparto protocolli appositi per gestire in sicurezza gli arrivi e le uscite del personale e dei pazienti, ma, considerati l’ingresso della nuova erigenda struttura in una stradina chiusa e senza uscita e l’assenza di un luogo di sosta dedicato, i medici, gli infermieri, i dipendenti delle imprese di pulizia, gli autisti delle ambulanze, gli operatori della protezione civile, gli addetti alla funzionalità delle attrezzature, quotidianamente centinaia di persone, dovranno tutti i giorni lasciare le loro auto nei parcheggi limitrofi della trafficatissima zona antistante e laterale rispetto al casello, interfacciandosi così in una pericolosa promiscuità con migliaia di cittadini alle prese con le mille incombenze della vita quotidiana, del tutto ignari del rischio eventuale di contagio.
Ebbene – si chiede la dottoressa Conestà – qualcuno è in grado di garantire che l’infelice posizione del Fiera Covid (la peggiore possibile in tutta la provincia di Macerata) e la pletora di persone che dovranno frequentarlo, non tutte adeguatamente formate, non causeranno prima o poi l’inghippo, l’inciampo, la situazione che sfugge all’improvviso di mano, il risveglio del mostro proprio in casa nostra, con la costituzione di un focolaio e l’immediata conseguente creazione, prevista in automatico nella cosiddetta Fase 2, di una zona rossa preclusa ad ogni movimentazione e ad ogni possibile attività lavorativa, con tutti i risvolti annessi e connessi anche in termini di ulteriore tragedia economica? L’improvvida decisione delle autorità regionali non rischia di integrare nei fatti (certo, al di là delle intenzioni) una condotta agevolatrice del possibile contagio, peraltro anche penalmente rilevante?
A che pro tutto questo, poi, ben sapendo in anticipo che il personale necessario per il nuovo reparto non c’è e non sarà possibile reperirlo, se non depotenziando al massimo i reparti ospedalieri di Civitanova Alta, e magari chiudendone qualche altro? Tutta questa serie di scempiaggini, alla fine del giro, solo per costruire, a suon di milioni anche pubblici ottusamente buttati al vento (nel mentre per mancanza di liquidità si negano i tamponi pure a persone con congiunti deceduti o in gravissime condizioni per il virus) e in un contesto fisico caotico per il traffico e altamente affollato, comunque assolutamente inadeguato, un reparto che non è un ospedale non avendone le caratteristiche di base necessarie, che garantisce meno sicurezza di un ospedale per la mancata integrazione con reparti essenziali per tale qualificazione, che causerà agli attuali degenti nei nosocomi marchigiani il trasferimento verso una struttura meno sicura dell’ospedale in cui essi sono attualmente ricoverati, da essi peraltro pure rifiutabile se non altro per non spezzare il legame già instauratosi con il personale infermieristico, così, tra l’altro, mettendo in dubbio anche il raggiungimento del risultato minimale di decongestionare la rete ospedaliera dai pazienti covid.
Un’operazione, quella dell’astronave bertolasiana lanciata verso il nulla, senza che ad oggi vi sia stato il necessario passaggio in consiglio comunale della convenzione tra il Comune di Civitanova e la Regione, magari – chissà – anche senza il mutamento di destinazione d’uso, che probabilmente segnerà il de profundis per le speranze della giunta comunale di centrodestra in carica di salvaguardare l’ospedale della città costiera dal sostanziale affondamento voluto dai vertici Asur, ormai lanciati verso la contestata decisione dell’ospedale unico provinciale. Un’operazione che rimane del tutto incomprensibile, se non per la sussistenza di fortissime spinte oggettivamente legate al notevole importo dei lavori edili da effettuare (ben 7 milioni di euro) e della fornitura della attrezzature sanitarie (altri 5 milioni di euro), nonché per il legame che essa ha finito per assumere nell’ambito del duro scontro interno al Pd legato all’individuazione del prossimo candidato governatore.
Sì, perché la politica, quella peggiore, gioca un ruolo decisivo in questa vicenda. Luca Ceriscioli, come è noto, del tutto sgradito all’establishment piddino per i pessimi risultati conseguiti nell’ultimo quinquennio nell’ambito della sanità regionale (altra brutta storia sulla quale sarà necessario tornare con un’analitica ricostruzione) e delle misure volte a sanare il dramma del terremoto del 2016, era stato costretto nei mesi scorsi, dopo una strenua resistenza, a rinunciare a ricandidarsi. Era dato come un candidato sicuramente perdente. Ma adesso, complice il rinvio in autunno delle elezioni regionali, Ceriscioli, dopo essersi dotato di un fiero cipiglio ed essere diventato improvvisamente decisionista, ha con tutta evidenza cambiato idea, e il megalomane progetto Fiera Covid, con la visibilità che sta fornendo ai suoi mentori, pare sia diventato l’asso portante della sua strategia volta ad ottenere la ricandidatura. Esclusa qualche eccezione, tra le quali spiccano quelle del capogruppo consiliare Francesco Micucci e dell’assessore Angelo Sciapichetti, fedeli nei secoli, tutti tacciono nel Pd, benché nel feroce fermento sotterraneo prevalga l’idea che il Fiera Covid sia una formidabile stupidaggine.
Tacciono per dovere d’ufficio tutti i maggiorenti del Pd e dintorni, turandosi per bene il naso,
ben consapevoli che l’operazione di cui trattasi ha una matrice affaristica preventivamente studiata a tavolino e tutta giocata sull’asse Ascoli Piceno-Ancona. Ha parlato, con una decisa presa di posizione del tutto critica, solo la sottosegretaria Alessia Morani, pesarese, evidentemente dimenticandosi tutti gli altri protagonisti di questa ridicola vicenda che le argomentazioni sin qui sostenute dai tanti trasversali oppositori del progetto sono le stesse, ma proprio le stesse, portate avanti con tutta forza contro l’analogo progetto del fiera covid di Milano (che almeno era partito in una fase di altissima emergenza locale ed è stata veramente realizzato in dieci giorni) sia dal Pd lombardo che dal Pd nazionale. Sembra un paradosso, ma è così. Tant’è che, non a caso, le più importanti regioni amministrate dalla sinistra, a partire dall’Emilia Romagna per arrivare alla Campania, passando per il Lazio zingarettiano (che ha realizzato ben 150 posti letto nell’ospedale militare del Celio ad un costo notevolmente minore di quello previsto dal governatore marchigiano), per aumentare la dotazione di posti letto di terapia intensiva si sono ben guardate dal seguire il modello “astronave” piantata nel deserto e hanno giustamente puntato sul potenziamento della rete territoriale delle Usca e sul rafforzamento dei reparti ospedalieri di malattie infettive preesistenti (in Emilia), oppure sulla creazione (a Napoli) di strutture esterne ma fisicamente connesse ai principali ospedali presenti sul territorio. Ciò nonostante, non vogliono fermarsi i nostri eroi piddini, immersi sino al collo nella loro smagliante opacità e pronti a tutto, evidentemente, anche a giurare che Cristo è morto di freddo. La speranza è che, se anche in questa occasione non vi sarà un giudice a Berlino, gli elettori marchigiani tra qualche mese sappiano punire gli autori di un siffatto oltraggio al buon senso e a quel minimo etico che dovrebbe essere patrimonio di chiunque riveste cariche istituzionali.
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