«Ferma restando l’assoluta necessità di far leva sul senso di responsabilità dei singoli cittadini, il quadro complessivo delle misure adottate (in materia di spostamenti delle persone) impone di trovare un punto di equilibrio tra il primario obiettivo di salvaguardare la salute pubblica, da perseguire essenzialmente con il divieto di assembramento e, più in generale, con il distanziamento interpersonale e ogni altra forma di protezione individuale, e l’esigenza di contenere l’impatto sulla vita quotidiana dei cittadini». Questo è uno dei passaggi chiave della circolare inviata dal ministero dell’Interno alle prefetture, in vista dell’allentamento delle misure restrittive previste dall’ultimo Dpcm che entrerà in vigore domani. Dunque da domani la disposizione è di controllare più che altro che non si formino assembramenti, che vengano rispettate le distanze interpersonali e che si usino le protezione individuali, piuttosto che controllare ogni singolo spostamento. E infatti, il capo di gabinetto Matteo Piantedosi, che ha firmato la circolare ha aggiunto che «la valutazione dei casi concreti dovrà essere affidata ad un prudente ed equilibrato apprezzamento». Anche perché oltre a poter uscire per attività motoria e sportiva, raggiungendo persino un comune diverso da quello di residenza purché sia nella stessa regione, il nodo delle visite ai congiunti e di cosa rappresentino nel concreto i congiunti stessi resta dal punto di vista dei controlli. Sempre secondo la circolare del Viminale, infatti, il termine congiunti ricomprende «i coniugi, i rapporti di parentela, affinità e di unione civile, nonché le relazioni connotate da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti», come stabilito da una sentenza della Cassazione del 2014. Una definizione simile a quella data da palazzo Chigi nelle faq con “affetti stabili”, ma che appunto rende di fatto impossibile una verifica puntuale sulle visite. Né spiega fino in fondo chi ricomprendere nelle relazioni “connotate da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti”. Da qui dunque l’indicazione spostare il mirino dei controlli. Nelle indicazioni del ministero inoltre non c’è alcun riferimento al modulo di autocertificazione che a quanto pare esce di scena pur rimanendo formalmente richiedibile. Infine le aziende non dovranno più inviare ai prefetti richieste di autorizzazione o la comunicazione preventiva per la ripresa delle attività produttive industriali e commerciali. Il sistema sulla verifica della sussistenza delle condizioni per la ripresa viene sostituito con un «regime di controlli sull’osservanza delle prescrizioni» contenuti nei protocolli in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. «A fronte dell’esigenza di sostenere il riavvio del tessuto produttivo economico nazionale – indica la circolare – si pone l’imprescindibile necessità di garantire la sicurezza dei lavoratori e di assicurare idonei livelli di protezione negli ambienti di lavoro». Per questi obiettivi sarà determinante attivare «un adeguato sistema di controlli, teso a verificare la puntuale osservanza delle prescrizioni poste a presidio delle tutele e ad applicare le eventuali, relative sanzioni». Leggi qui la circolare del ministero dell’Interno.
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