di Federica Serfilippi (foto di Giusy Marinelli)
Perchè è stata scelta la Lanterna Azzurra? «Un locale poco conosciuto»,«era lontano da Modena», «pensavamo di non trovare altre bande rivali per commettere furti. Siamo andati a Corinaldo appositamente per rubare», ma non per uccidere sei persone e ferirne oltre duecento. Sono gli stralci delle dichiarazioni rese oggi dai sei ragazzi della Bassa Modenese accusati di aver spruzzato lo spray al peperoncino all’interno del locale e aver causato il fuggi fuggi infernale all’altezza dell’uscita numero 3, quella dove sono crollate le balaustre laterali, creando una marasma di corpi in cerca di salvezza. Tutti gli imputati (tranne Moez Akari che ha reso dichiarazioni spontanee) sono stati esaminati da pm, difese e parti civili nel corso del processo che si tiene con il rito abbreviato. I sei hanno concordato su un fattore: la notte della tragedia si trovavano a Corinaldo per rubare. Ma non si erano messi d’accordo. O meglio, non esiste una sola banda, come sostiene la procura (di qui l’accusa di associazione a delinquere). Alla Lanterna c’erano almeno tre gruppi distinti provenienti dalla Bassa Modenese. A detta degli imputati, bande rivali i cui componenti si conoscevano superficialmente tra loro. Ognuno, per rubare, aveva la sua gang. Tutti, a dicembre 2018, avevano scelto di andare alla Lanterna. I motivi? Svariati. Uno, la presenza di Sfera Ebbasta, artista trapper che attira centinaia di ragazzi in un solo locale. Poi, come sottolineato da Andrea Cavallari (e ribadito da un po’ tutti gli altri), «perchè la Lanterna era, almeno per me, un locale poco conosciuto, era lontano. Non ci sarebbe stata concorrenza di altri gruppi. Se ci sono, diventa più difficile rubare». Cavallari era arrivato a Corinaldo con Akari, un ragazzo non imputato per questi fatti e un autista trovato su subito.it, appositamente assoldato per fare da traghettatore.
«Non mi ero messo d’accordo con persone di altri gruppi. Cercai di dissuadere Souhaib Haddada (anche lui imputato, ndr) per non farlo andare a Corinaldo. La sua presenza lì sarebbe stata controproducente». Ci sarebbe stato un concorrente in più per i furti: «Ero infastidito quando lo vidi alla Lanterna» ha precisato Cavallari che ha ammesso il furto di una collana in discoteca e negato l’uso della bomboletta: «Per un periodo, io e Akari l’abbiamo sperimentata, ma la tecnica si era già interrotta prima di Corinaldo. Non era conveniente. Spruzzare voleva dire far andare tutte le persone fuori e far finire la serata». Nega di aver usato lo spray anche Ugo Di Puorto: l’unica impronta trovata dal Ris sulla bomboletta scaricata all’interno del locale è la sua: «Perchè era di mia proprietà – ha detto – ma non l’ho portata in discoteca. L’ha presa dal cruscotto dell’auto con cui siamo arrivati a Corinaldo Badr Amouiyah. Mi ha chiesto se poteva prenderla e ho acconsentito». Nel gruppo di Di Puorto, oltre a Amouiyah, c’era Raffaele Mormone e un altro ragazzo, morto nell’aprile 2019. Di Puorto, al momento del caos, ha sostenuto di essere fuori dalla Lanterna per una fumare una sigaretta. I suoi sospetti, durante il viaggio di ritorno sono caduti su Amouiyah: «Badr era agitato, disse che sarebbe tornato in Marocco, ho pensato fosse stato lui a spruzzare lo spray». Lo stesso sospetto si è insinuato in Souhaib Haddada, arrivato a Corinaldo con una terza auto e due suoi amici «ladri, purtroppo, come me. Uno mi ha detto Badr stava scappando (dopo lo scoppio del caos, ndr) era preoccupato. L’ho chiamato al telefono il giorno dopo per chiedergli se era stato lui a spruzzare ma ha negato tutto». Haddada ha ammesso due colpi di collane la notte della tragedia. Amouiyah, l’ultimo ad essere sentito, ha respinto le accuse: «Non ho mai portato la bomboletta dentro la discoteca. Prima di entrare sono stato controllato da due bodyguard. Quando ero nel carcere di Modena, ho saputo che Di Puorto si stava mettendo d’accordo per dare la colpa a me». Insomma, nessuno ha fatto chiarezza sull’uso della bomboletta e tutti ne hanno preso le distanze. Di Puorto ha sostenuto di tenerla nel cruscotto per difendersi «da bande rivali» e di non averla mai utilizzata dentro le discoteche. E’ stato sentito anche Mormone: «La mia fonte di guadagno erano i colpi nei locali. Quanti ne ho fatti? 22, 23, 24. Eravamo sempre in tre, io nascondevo la merce». Lo scippo sarebbe stato stato delegato quasi sempre a Di Puorto. A Corinaldo «siamo andati per rubare, dopo aver visto l’evento di Sfera su internet. Di solito, qualunque concerto trap attirava gente». Mormone è uscito dalla Lanterna «quando stavano uscendo tutti gli altri, ho visto la gente che urlava e mi sono chiesto cosa stesse succedendo. Ho portato aiuto a una ragazza». Il processo continuerà il 25 giugno, con l’inizio della discussione.
Processo alla banda allo spray: parti civili feriti e familiari vittime Fuori il Comune di Corinaldo
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