«Questo ragazzo, in cura da anni, poteva muoversi liberamente. Perché non era ricoverato in una struttura dove avrebbe potuto essere aiutato a stare meglio?»
Se lo domandano i vicini di casa dei coniugi Giuliani, scossi e angosciati. La loro è la testimonianza drammatica di chi in queste ore sta cercando di dare un senso al gesto di violenza compiuto dal 25enne con problemi psichici, nell’abitazione di via Saveri dove è stata uccisa Fiorella Scarponi, e ferito Italo Giuliani.
«Stamattina abbiamo sentito quelle grida di aiuto all’improvviso – racconta Roberta Manoni la dirimpettaia dei due coniugi -. Ci dispiace tanto per quello che è accaduto perché Fiorella e Italo sono due bravi vicini di casa, sempre educati e sorridenti, nel pomeriggio facevano due parole sotto il porticato mentre i bambini giocavano». Qualcun altro ricorda nitidi i fotogrammi della tragedia, di aver visto quel ragazzo saltare la recinzione per introdursi in quella abitazione. «Mi ero appena alzato e stavo dirigendomi in bagno quando dalla finestra l’ho visto saltare. Poi ha sfondato la serranda e la finestra al primo piano, abbiamo sentito il rumore dei vetri infranti, e si è buttato nella casa – aggiunge Paolo Berardi che risiede nella palazzina di fronte -. La signora ha cominciato ad urlare e a chiedere aiuto. Pensando che si trattasse di un ladro con mia moglie ci siamo precipitati a chiamare i carabinieri. Solo più tardi abbiamo saputo che a commettere il fatto era stato il figlio di un altro vicino di casa». Tutta la scena si è svolta così rapidamente che quando sono arrivati i soccorsi del 118 ed i carabinieri il 25enne era già all’esterno dell’appartamento, nei giardinetti del quartiere.
«Lo hanno trovato seduto a terra con lo sguardo assente e i pantaloni sporchi di sangue. Nessuno di noi si è avvicinato, ci hanno pensato i carabinieri che erano già arrivati sul posto. Siamo rimasti senza parole per quello che è accaduto. – riferiscono altri – Con il senno del poi, però, le avvisaglie c’erano state». Qualche altro abitante dei condomini dell’ex Smia aggiunge che il giovane, provato dalla sua malattia e per questo seguito da specialisti e in cura farmacologica, già nel 2019 era uscito ad infilarsi in un’altra palazzina del quartiere approfittando di un portone con problemi di chiusura. «All’interno della tromba delle scale si era messo ad urlare, brandendo in mano una spranga di ferro, che quella casa era di sua proprietà e che dovevamo uscire tutti. – rammentano – Due residenti del palazzo avevano chiesto aiuto alle forze dell’ordine che arrivate subito lo avevano riaccompagnato a casa. Dovrebbe già essere stato ricoverato per le cure ma poi è ritornato a casa».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati