E’ arrivato alle battute finali il processo per l’omicidio volontario e l’occultamento di cadavere della pittrice Renata Rapposelli.
Entro la fine di luglio potrebbe, infatti, essere fissata la discussione delle parti con le richieste di condanna dell’accusa alla Corte d’assise di Teramo per Giuseppe e Simone Santoleri, accusati di essere gli autori del delitto maturato per motivi economici. Data la mole degli atti, i legali della difesa e delle parti civili stanno insistendo perché alla chiusura del dibattimento nelle prossime settimane, l’udienza per deliberare la sentenza sia piuttosto fissata dal presidente della corte dopo la pausa estiva, nei primi giorni di settembre. La vittima, originaria di Chieti, residente ad Ancona, era scomparsa il 9 ottobre 2017 dall’abitazione di Giulianova dell’ex coniuge Giuseppe e del figlio Simone. Il cadavere della 64enne era stato ritrovato per caso un mese dopo, il 10 novembre, lungo l’argine del Chienti nelle campagne di Tolentino. A formalizzare la denuncia di scomparsa erano stati alcuni amici di un gruppo di preghiera frequentato dall’artista che non riuscivano più a contattarla al telefono, risultato per giorni spento e irraggiungibile.
Padre e figlio, detenuti in due carceri diversi (Giuseppe nel penitenziario di Teramo, Simone in quello di Pescara), stamattina sono tornati in aula con le mascherine per assistere alla deposizione di altri testimoni della difesa. Per la prossima udienza, il 13 luglio, è stato citato un consulente grafologo incaricato di analizzare le lettere scritte dal figlio di Renata durante la detenzione e il 16 dovrebbe chiudersi del tutto l’istruttoria. Ma prima la corte dovrà sciogliere la riserva e decidere se accogliere o meno l’istanza per svolgere una seconda autopsia sui resti della pittrice. Se la richiesta venisse respinta le stesse amiche che denunciarono la sua scomparsa, avrebbero manifestato l’intensione di celebrare nella basilica della Santa Casa di Loreto finalmente il funerale della donna. Dal giorno del ritrovamento, la salma è, infatti, ancora custodita all’Istituto di Medicina legale di Macerata.
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