I lavoratori della Whirlpool hanno manifestato stamattina in piazza del Papa, davanti alla Prefettura di Ancona, nell’ambito delle 8 ore di sciopero nazionale proclamate da Fiom, Fim e Uilm e sono stati ricevuti in delegazione ristretta dal vicario del prefetto. Al centro del sit-in di protesta il mancato rispetto da parte della multinazionale dell’accordo sul piano industriale firmato nel 2018, il destino del sito produttivo di Napoli e le prospettive future che coinvolgono tutti i lavoratori italiani del gruppo statunitense. Nel corso della protesta è anche circolata l’indiscrezione che l’azienda avrebbe venduto l’immobile storico di via Aristide Merloni a Fabriano mantenendone però in questa fase l’affitto.
«Sono stati licenziati oltre 300 impiegati e adesso arriva la notizia che la Whirlpool dovrebbe aver ceduto la storica sede centrale di Fabriano – conferma la voce Pierpaolo Pullini, responsabile Fiom di Ancona e territoriale di Fabriano – Su questi crediamo che la multinazionale debba dare chiarimenti anche per capire come questo risvolto possa influire sulle prossime strategie. Nel medio-lungo periodo che cosa succederà a Fabriano? Sarebbe il caso che l’azienda parlasse anche di questo». I sindacati dei metalmeccanici sono preoccupati e leggono troppo incertezza nel futuro. A loro giudizio starebbero suonando troppi campanelli d’allarme stonati rispetto allo spartito sottoscritto con l’accordo del 2018. «Il taglio della piattaforma globale di progettazione (Gpo), l’avvio dell’incentivazione all’esodo, nuovi licenziamenti unilateriali, proposti solo a impiegati, quadri e dirigenti, ci fanno temere che sia in atto una politica di taglio di costi completamente incentrata sull’Italia. – sottolinea Pullini – C’è il rischio concreto che l’Italia non resti centrale nelle strategie di Whirlpool. L’azienda sta disattendendo l’accordo anche sui volumi (i pezzi prodotti) che sono meno rispetto a quelli previsti e questo rischia di tramursi in esuberi; sulle sedi impiegatizie inoltre si continuano a delocalizzare funzioni previste in Italia ma esportate in Polonia. E ancora assistiamo a tagli alla progettazione e alla chiusura dello stabilimento di Napoli».
Le lavatrici costruite nello stabilimento di Napoli, verso lo stop il 31 ottobre, andranno fuori mercato e i nuovi elettrodomestici per l’alto di gamma destinati al mercato europeo saranno prodotti altrove,«da quello che sembra, in Cina mentre il basso di gamma viene già realizzato in Turchia. – aggiunge il responsabile di Fiom Ancona – E’ l’asset del lavaggio che rischia davvero di uscire dall’Italia e questo non era previsto nel piano industriale 2018 che escludeva esuberi nel settore del bianco e garantiva investimenti semmai con l’avvio di un reshoring, vale a dire il rientro in Italia di alcune lavorazioni». La situazione è in fieri e c’è grande attesa per il tavolo di confronto convocato a Roma per il 31 luglio al quale parteciperanno le parti sociali, l’azienda, i rappresentanti del Ministero del Lavoro e del Ministero dello Sviluppo Economico per affrontare il nodo delle strategia aziendali e del prolungamento degli ammortizzatori sociali. Sta infatti per finire la cassa pre covid per le maestranze di Napoli, Comunanza, Siena e per i colletti bianchi delle sedi impiegatizie e urge un nuovo accorso sulla elargizione della cassa integrazione incastonata però nella discussione più ampia del piano industriale.
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