di Alberto Bignami
Ultime battute in Corte d’assise a Teramo per il processo per l’omicidio della pittrice Renata Rapposelli, 64enne originaria di Chieti, che risiedeva in un appartamento in piazza del Plebiscito ad Ancona, trovata cadavere il 10 novembre del 2017 lungo l’argine del Chienti nelle campagne di Tolentino.
Per Simone Santoleri, il 46enne figlio di Renata, il pm ha chiesto l’ergastolo mentre per il marito Giuseppe, 70, ha chiesto 24 anni. Padre e figlio sono accusati di omicidio volontario in concorso e occultamento di cadavere. Oggi, al processo, era presente solo il marito Giuseppe Santoleri e le parti civili: la figlia di Renata, Maria Chiara che ha chiesto un risarcimento di 500mila euro e l’associazione Penelope che ne ha chiesti 10mila. Domani si terrà un’ulteriore udienza durante la quale parleranno gli avvocati della difesa.
Renata Raposselli abitava in un piccolo appartamento nel centro storico di Ancona e le indagini portate avanti dai carabinieri circa la sua scomparsa, iniziarono proprio da lì e a seguito della denuncia sporta da un amico del gruppo chat di whatsapp nel quale anche la pittrice era iscritta.
Le ultime notizie che si avevano della donna prima di quel 9 ottobre del 2017, giorno della sua scomparsa, riguardavano un breve viaggio che la 64enne scrisse nel gruppo che avrebbe compiuto in quel periodo per andare a trovare il figlio Simone, residente con il papà a Giulianova.
Agli amici della chat raccontò che il figlio stava poco bene e queste erano le motivazioni note, anche agli investigatori, circa il suo spostamento. Della donna però non si ebbero più tracce e il cellulare risultava spento nonostante il marito e il figlio raccontarono di averla vista, ma subito riaccompagnata alla stazione a seguito di alcuni screzi. Cosa accadde esattamente non si seppe fino a quando, dopo circa un mese, il 10 novembre, il suo cadavere venne ritrovato e quasi subito identificato per l’abbigliamento indossato nonostante il corpo fosse stato maciullato dagli animali che giravano lungo quella zona: il greto del fiume Chienti, nella quale era stato gettato.
Dalle successive indagini emerse che il marito Giuseppe e il figlio Simone soffocarono e uccisero la donna al termine di una violenta lite scoppiata nell’abitazione di Giulianova per questioni economiche riguardanti un arretrato di 2mila euro che la donna chiese proprio durante il suo breve soggiorno a Giulianova.
Dettagli che vennero estrapolati in parte anche da alcune intercettazioni ambientali.
Secondo la Procura, la Rapposelli venne uccisa a casa dei Santoleri subito dopo il suo arrivo mentre il movente starebbe nel fatto che la donna chiese appunto del denaro a Giuseppe. Soldi arretrati che le sarebbero serviti come mantenimento.
(ultimo aggiornamento alle ore 20.40)
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