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Fiera Covid, sette nodi da sciogliere

IL COMMENTO di Giuseppe Bommarito - Alcune domande al governatore Acquaroli e all'assessore Saltamartini in vista dell'imminente riapertura della struttura di Civitanova

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Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito

Il momento non è certo favorevole per le polemiche che si sono inevitabilmente riaperte dopo l’imminente entrata in funzione del Fiera Covid di Civitanova, però alcuni dati e alcuni numeri vanno messi in evidenza, così come vanno poste alcune domande agli amministratori regionali appena arrivati a palazzo Raffaello a proposito dei posti letto di terapia intensiva, anche con riferimento al recente passato, allo stesso Fiera Covid e a quello che si sarebbe dovuto e potuto fare e non è stato fatto.
Prima però un breve riepilogo. Nella prima fase della pandemia il picco nelle Marche si manifestò a fine dello scorso mese di marzo, e allora i posti letto disponibili nelle varie strutture ospedaliere destinate al covid, tutti utilizzati, per dichiarazione della direttrice generale dell’Asur Marche Nadia Storti erano 169 (di cui 49 creati nel corso dell’epidemia).
Prese allora piede, proprio mentre i numeri dei ricoverati in terapia intensiva iniziavano a diminuire di giorno in giorno a seguito del lungo lockdown, l’operazione Fiera Covid di Civitanova, contestata massicciamente da più parti, cioè da organizzazioni di medici e paramedici, partiti, sindacati, movimenti, associazioni, politicamente anche tra di loro trasversali, non certo per criticare il lodevole intento di creare nel territorio marchigiano nuovi posti letto di terapia intensiva, cosa buona e giusta nonché doverosa anche in vista di eventuali recrudescenze o di nuove ondate del covid (quale quella che oggi stiamo vivendo), ma che andava realizzata all’interno degli ospedali esistenti (ad esempio, proprio Civitanova e Torrette di Ancona, presentavano ampi spazi inutilizzati) oppure utilizzando alcuni degli ospedali colpevolmente dismessi negli ultimi anni sulla base di una politica sanitaria irresponsabile.

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L’ingresso del Covid center di Civitanova

Le contestazioni vennero infatti avanzate con forza per tutt’altre motivazioni, e furono portate avanti a spada tratta soprattutto dagli specialisti della materia, cioè gli anestetisti rianimatori, mai ascoltati, né prima né in corso d’opera, dal governatore Ceriscioli e dalla giunta regionale. Gli anestetisti rianimatori, con il supporto anche di tutti gli altri sindacati dei camici bianchi, evidenziavano in sintesi quanto segue: un reparto di terapia intensiva deve stare all’interno di un ospedale, e non a distanza di chilometri, in quanto i pazienti, solitamente con più patologie, hanno bisogno dell’intervento e della cura anche dei sanitari addetti a tutte le altre specialità mediche di cui normalmente è composta una struttura ospedaliera; in ogni caso, per la nuova struttura manca il personale medico di anestesia e rianimazione e quello infermieristico (quello medico era già carente di 30 unità nel momento dello scoppio dell’epidemia), e spostare a Civitanova quello già operante nei vari ospedali marchigiani significherebbe sguarnire reparti già carenti di organico; il punto prescelto per la costruzione del Fiera Covid è quanto mai inidoneo per il traffico particolarmente congestionato della zona antistante, per la presenza di una palestra adiacente dove gioca la Lube e di un centro commerciale frequentatissimo, nonché di una moltitudine di esercizi commerciali di medie e piccole dimensioni. Suscitava e suscita infine enorme perplessità il fatto che la struttura venisse realizzata, bypassando allegramente obblighi e formalità di legge (su questi aspetti sta indagando la Procura di Ancona), non dalla Regione, ma da una struttura privata, il Cisom, Corpo Italiano di Soccorso del Sovrano Ordine di Malta, verso il quale l’ente regionale aveva inspiegabilmente dirottato non solo le elargizioni di privati benefattori (che alla fine sembra ammontassero a circa 3 milioni e mezzo di euro, su un totale di spesa – per le opere edili e le attrezzature – dichiarato dallo stesso Cisom di 12 milioni di euro), ma anche 5 milioni di euro ricevuti dalla Banca d’Italia, con il risultato finale che ben 8 milioni e mezzo di euro sul totale di 12 milioni, per diritto o per traverso, sono soldi pubblici (il che – sia detto qui per inciso – azzera la favoletta bella dell’opera realizzata interamente con soldi privati, che, proprio per questo motivo, non sarebbe criticabile).

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La palazzina Malattie Infettive a Macerata

Sta di fatto che alla fine, nella scorsa primavera, l’opera viene completata e il Cisom può dichiarare di aver realizzato 84 nuovi posti letto, di cui 42 per terapia intensiva e 42 per terapia subintensiva, suddivisi in più moduli. Nel frattempo l’Asur Marche, Area Vasta 3, ristruttura, con una spesa di circa 500mila euro la palazzina ex Malattie Infettive all’interno del plesso ospedaliero di Macerata, e vi realizza 32 posti di terapia semi-intensiva.
Poi il virus, da maggio in poi, perde quasi completamente mordente (al Fiera Covid, aperto solo per qualche giorno, arrivano solamente tre spauriti pazienti, lì trasportati quasi a forza solo per dimostrare che l’opera era servita a qualcosa) e al contempo iniziano a essere resi noti i piani nazionali e regionali per far fronte alla prevedibile seconda ondata del coronavirus e ad altre consimili calamità.
Si arriva così al decreto n. 34 del 19 maggio 2020, che prevede l’incremento strutturale di posti letto di terapia intensiva in tutta Italia, e, in particolare, per quanto concerne le Marche, sulla base della delibera regionale n. 7651 del 16 giugno 2020 la previsione è di 106 nuovi posti letto, suddivisi tra Ancona, Pesaro, Fermo, San Benedetto e Jesi. Non è dato conoscere con esattezza quanti di questi nuovi posti letto siano stati realizzati dalla Regione Marche, comunque non più di 14, presumibilmente realizzati a Fano, mentre circa altri 40 posti letto, a Marche Nord, potrebbero essere pronti entro fine anno; per tutti gli altri si parla di un’attesa di mesi e mesi. Non si conoscono nemmeno i motivi di questo drammatico ritardo, che comunque evidenziano una disponibilità totale effettiva, ad oggi, di 129 posti letto nelle varie strutture ospedaliere delle Marche, destinata ad aumentare nei prossimi mesi. Tutto ciò mentre gli anestisti rianimatori presenti nelle Marche non solo non sono stati aumentati di numero per sopperire alla carenza manifestatasi nel periodo peggiore della pandemia, ma addirittura, per pensionamenti e motivi diversi, sono ulteriormente diminuiti: quelli attualmente in servizio presentano invero una carenza ancora maggiore, passando da 30 a 44 unità mancanti.
Questa essendo la situazione aggiornata delle strutture e del personale specialistico necessario, i dati della pandemia ad oggi evidenziano 22 ricoveri in terapia intensiva (10 a Torrette, 1 al Salesi, 5 a S. Benedetto del Tronto e 6 a Marche Nord), nonché 8 in terapia semi-intensiva, tutti a Marche Nord. Il che significa che, come terapie intensive (che peraltro i nuovi protocolli di intervento tendono ad evitare il più possibile), allo stato attuale non si sta palesando alcuna situazione di emergenza, considerato che, con i dati odierni, siamo circa all’12% di utilizzo rispetto al picco del 31 marzo 2020 e al 15% di utilizzo rispetto ai posti comunque oggi disponibili.
E’ vero che la situazione sta manifestando un trend che va verso l’aggravamento, ma i numeri sopra esposti, tutti di fonte ufficiale, dicono con chiarezza che c’è ancora molto spazio nelle strutture ospedaliere esistenti, sia nelle terapie intensive che in quelle semi-intensive (a questo proposito, non è dato comprendere per quale motivo non venga aperta e resa disponibile per le terapie semi-intensive la palazzina ex Malattie Infettive di Macerata, della quale si era preannunziato l’imminente utilizzo e che dispone di 32 posti letto). E dicono che comunque il personale specialistico manca, e non penso possa essere efficacemente sostituito da medici militari non specializzati.
Insomma, la sensazione è che si stia facendo una gran confusione tra i ricoveri in terapia intensiva e semi-intensiva (22 + 9) e quelli che invece, per la lievità dei sintomi, avvengono in reparti di terapia non intensiva (ad oggi, 143 unità). E che la scelta di aprire il Fiera Covid, ancora una volta contro il netto parere degli specialisti rianimatori, sia il frutto di considerazioni emotive e non razionali, peraltro volte anche a far passare nel dimenticatoio gli ingiustificabili ritardi e le omissioni dell’assessorato alla sanità a gestione Ceriscioli e della dirigenza, perdurati da maggio a fine settembre 2020 sia sul versante nuove assunzioni di specialisti rianimatori che su quello della celere realizzazione di oltre 100 nuovi posti di terapia intensiva. Occorre quindi, per non ripetere errori già commessi, la massima chiarezza e un confronto franco e diretto con gli anestisti rianimatori e gli altri operatori della sanità per una gestione razionale della vicenda. Un confronto in ogni caso basato sui numeri reali, e non sulle sensazioni, più o meno indotte.

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Il presidente Francesco Acquaroli

Al presidente Francesco Acquaroli e all’assessore alla sanità Filippo Saltamartini, sicuramente saliti al volo su un treno in piena corsa con tutte le difficoltà di un esordio drammatico, mi sento però, in chiusura, di formulare alcune domande per un’insopprimibile esigenza di chiarezza e di trasparenza.
Primo: chi autorizza Guido Bertolaso a parlare in televisione (peraltro senza contraddittorio alcuno) come se fosse il padrone della struttura Fiera Covid, con il tono di chi dà ordini, e non semplici consigli, al nuovo esecutivo?
Secondo: posto che l’immobile ove è sita la struttura del Fiera Covid è di proprietà del Comune di Civitanova e che la gestione dello stesso è stata passata all’Asur Marche nella scorsa primavera, i beni e le attrezzature sanitarie lì presenti (letti e macchinari per le terapie) a chi appartengono?
Terzo: è possibile avere finalmente dal nuovo esecutivo regionale il rendiconto completo ed esaustivo dei costi sostenuti nella scorsa primavera per la realizzazione del Fiera Covid e per le attrezzature, rendiconto più volte promesso dal precedente esecutivo ma mai pubblicato, se non per la cifra complessiva quantificata in 12 milioni di euro?

Quarto: è possibile conoscere l’ammontare esatto delle donazioni private pervenute al Cisom per la realizzazione del Fiera Covid, distinguendo tra elargizioni volontarie vere e proprie e la donazione della Banca d’Italia pari a 5 milioni di euro?

Quinto: è possibile sapere quanti posti letto di terapia intensiva e semi-intensiva sarebbe stato possibile realizzare nelle strutture ospedaliere esistenti con la somma di 12 milioni di euro?

Sesto: per quale motivo non viene aperta la palazzina ex Malattie Infettive dell’Ospedale di Macerata, recentemente realizzata, che potrebbe ospitare ben 32 pazienti in terapia semi-intensiva?

Settimo: Di chi sono le responsabilità per i ritardi e le omissioni relativi alla creazione di nuovi posto letto di terapia intensiva e all’assunzione di medici anestesisti rianimatori?

 

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