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Due anni dalla strage in discoteca
tra lacrime, ricordi e il lavoro del Cogeu

CORINALDO - Secondo anniversario della tragedia della Lanterna Azzurra dove persero la vita 5 adolescenti e una mamma di 39 anni. Il comitato composto da genitori e ragazzi si batte per promuovere un divertimento, all'interno dei locali di pubblico spettacolo che non possa prescindere dalla sicurezza

Le vittime di Corinaldo

di Federica Serfilippi

Benedetta Vitali, Asia Nasoni, Emma Fabini, Eleonora Girolimini, Mattia Orlandi e Daniele Pongetti. Sei nomi, sei storie, sei vittime. Sei vite spezzate in una notte che doveva essere di festa, passata tra la musica, le risate degli amici, gli abbracci dei propri familiari. Si è trasformata in una delle tragedie più grandi che la provincia dorica ricordi negli ultimi anni.  Una pagina scritta dalle lacrime portate dai lutti e dalla disperazione di chi, in mezzo alla calca infernale, ha cercato di trovare una via di fuga dalla Lanterna Azzurra, discoteca trasformatasi in una trappola mortale dove sono rimaste ferite (alcune anche in maniera grave) circa duecento persone.

Gli imputati per la strage della Lanterna

Ma è una pagina scritta anche dalle inchieste portate avanti dalla procura. Una è già arrivata al primo grado di giudizio. Ed  è quella che riguarda sei ragazzi della Bassa Modenese, rapinatori senza scrupoli, arrivati a Corinaldo nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 2018 per strappare collanine d’oro ai giovani avventori del locale, molti dei quali richiamati dalla presenza di Sfera Ebbasta, trapper in realtà mai arrivato alla Lanterna. Ragazzi etichettati dal gup, nelle motivazioni della sentenza che lo scorso luglio li ha condannati complessivamente a quasi 69 anni di carcere, come «criminali seriali, dotati di elevate professionalità e organizzazione sul piano strettamente operativo». Lo spray al peperoncino è stato utilizzato per «agevolare il perfezionamento delle azioni predatorie, garantirsi l’impunità e guadagnare la fuga». Era stata proprio la sostanza urticante a dare il là al parapiglia che aveva portato gli avventori verso le uscite di sicurezza. E qui, si innesta la seconda inchiesta. Quella legata alle autorizzazioni e agli aspetti di sicurezza del locale.

La rampa esterna del locale, uscita numero 3

Una discoteca, quella di via Madonna del Piano, che per la procura  non poteva essere destinata all’attività di intrattenimento e di pubblico spettacolo e non garantiva le necessarie condizioni di sicurezza in caso di emergenza. Il locale, sempre secondo le risultanze investigative,  sarebbe stato privo delle necessarie opere di urbanizzazione e sprovvisto del certificato di agibilità edilizia. Tra le difformità contestate, l’idoneità dell’uscita numero 3, quella teatro del crollo delle balaustre, trovate dai periti della procura in pessimo stato manutentivo. Su questo filone, a rischiare il processo sono 18 persone. L’udienza preliminare è in fase di fissazione. Ma la tragedia della Lanterna Azzurra non ha portato solo disperazione e inchieste giudiziarie. Ha portato anche al lavoro messo in piedi negli ultimi due anni dal Cogeu, il comitato composto prevalentemente da genitori e ragazzi che si è battuto e si batte tuttora per promuovere un divertimento, all’interno dei locali di pubblico spettacolo, che non possa prescindere da un elemento fondamentale: la sicurezza. E’ questo il faro che guida il comitato, assieme ai ricordi legati a quella tragica notte e alla speranza che un dramma simile non possa più ripetersi perchè «da un concerto si torna senza voce, non senza vita».

 

La fiaccolata alla Lanterna del 15 dicembre 2018

Il momento in cui ha ceduto la balaustra fuori dalla discoteca

Luigina Bucci; presidente Cogeu

Lanterna Azzurra

L’interno della discoteca



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