Ancona è tra le dieci finaliste per il titolo di Capitale Italiana della Cultura. Il posto nella shortlist è stato conquistato grazie al tema “La Cultura tra l’Altro”, evidenziato il ruolo sociale della cultura. «Fino a due-tre anni fa, – afferma il sindaco Valeria Mancinelli – se me l’avessero detto non ci avrei creduto, ovvero che Ancona (che come tante città italiane ha un patrimonio storico culturale assolutamente di prim’ordine) e i suoi cittadini sentissero la cultura con una leva di trasformazione della città. Sinceramente da qualche anno, invece, questa cosa, tempo fa incredibile, sta avvenendo concretamente ed è questa una delle novità più interessanti che stiamo vivendo». Qualche esempio per cercare di testimoniare questa affermazione. «Il cavallo di Mimmo Paladino e la Mole Vanvitelliana. Quest’ultima è uno dei tanti monumenti di cui la città è ricca. Costruita nel ‘700 nel corso degli anni è stata lazzaretto, poi fornace, fabbrica dello zucchero, deposito tabacchi. Tutto avrebbe immaginato, nella sua centenaria storia, fuorchè di diventare un luogo centrale dove si fa cultura e dove oggi ci sono 22.000 mq recuperati e restaurati e 7000 mq di spazi espositivi e tante attività che lì dentro vivono il rapporto con la città. Il cavallo di Mimmo Paladino è arrivato alla Mole perché è stato trasportato via mare da un artigiano locale del settore della manutenzione e installazioni per imbarcazioni. L’ha portato in barca, di mattina presto, alla sua nuova collocazione . E l’artista Paladino è rimasto talmente contento del restauro che l’artigiano dei pescherecci aveva fatto del suo cavallo che gli ha commissionato il restauro di altri 12 cavalli. Quell’artigiano ogni settimana mi chiede come va questa storia della capitale della cultura».
E ancora: «Il porto antico di Ancona: da 2400 anni c’è un porto romano con i suoi resti di grande valore storico archeologico, c’è l’arco di Trionfo di Traiano, di ciò si interessava la Sovraintendenza, qualche volta l’Amministrazione comunale, ma a luglio del 2015 in quella parte di porto sono state dismesse varie attività commerciali. Il giorno in cui è stato riaperto alla città 20.000 persone hanno partecipato alla festa e l’arco di Traiano e il porto romano sono diventati, da quel momento, un luogo dell’anima della città e un pezzo visibile dell’identità della città. Oggi il porto romano per gli anconetani non è un ammuffito reperto archeologico di cui si interessano quelli del settore ma un luogo vissuto della città. Ultimo esempio, il quartiere degli Archi, il quartiere dei pescatori. Questo è il quartiere più multietnico della città dove il 30% della popolazione è di origine straniera. Qui l’Amministrazione sta investendo tanto, col Bando Periferie, per riqualificare ma qui torna anche a vivere una comunità con tante iniziative. L’ultima è rappresentata dalla nascita di un’associazione che si chiama Arcopolis che ha oltre 300 soci di 21 nazionalità diverse. I soci sono dal gestore del supermercato, all’ operatore culturale, alla moglie del pescatore, ecc. e costoro stanno progettando alla Mole Vanvitelliana le iniziative per il quartiere degli Archi». «La sfida della Capitale della cultura ha messo in moto molte energie e ci sta aiutando alla trasformazione della città. Ancona aveva bisogno non solo di riscoprire un’identità legata alle radici e rivolta al futuro, ma anche di ricostituire relazioni con l’entroterra. In passato Ancona era vissuta come un’isola proiettata sul mare e al di là del mare; l’entroterra e il resto della Regione erano sostanzialmente indifferenti. Questa occasione è stata importante per ricostruire relazioni forti con l’intera comunità regionale, per provare a essere capoluogo di regione non con un blasone ormai sfiorito da rivendicare ma con un ruolo di servizio per l’intera comunità regionale. Anche questo ci aiuta a ricostruire la nostra identità per il Terzo Millennio».
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