di Claudio Maria Maffei*
Avete presente il 18 politico all’Università agli esami di gruppo ai tempi della contestazione degli anni ‘70? Beh è un po’ quello che è successo con l’ultimo “dipiciemme” in cui certamente il ministro Speranza se avesse potuto avrebbe date molte più zone arancioni, probabilmente anche alla Regione Marche. Non è che il ministro Speranza non sappia lo stato della nostra economia e sottovaluti l’importanza di ridare fiato a tante attività che con l’arancione si spengono e di ridare ai cittadini quel minimo di libertà di movimento che serve per una sopravvivenza sociale. E non è che non sappia che dopo quasi un anno di lockdown totali, parziali, a giorni alterni, a macchie, le persone non ne possono più. Il problema è che lui sa anche che la pandemia ancora colpisce con forza e che sì i numeri calano, ma poi non calano così tanto. Alla fine si è convinto a dare una sorta di 18 politico collettivo senza stare a fare una verifica troppo attenta dei dati e degli indici di rischio.
Prendiamo le Marche. Anche ieri abbiamo avuto 465 nuovi casi, 16 decessi e avevamo 71 ricoverati in terapia intensiva e 613 ricoverati in tutto. Vediamo cosa significano questi dati. 465 nuovi casi sono troppi per i Dipartimenti di Prevenzione che solo con ritardo riusciranno a contattarli per fare l’indagine epidemiologica e per gestire bene l’isolamento del caso e da quarantena dei contatti. Tutti quei ricoveri in terapia intensiva corrispondono ad un 30% di saturazione dei posti letto di terapia intensiva quando il limite massimo accettato dal Ministero è proprio del 30%. Ma come ci siamo arrivati? La Regione Marche si è aumentata i posti letto di terapia intensiva contando tutti quelli che ha a prescindere dal fatto che riescano a funzionare avendo il personale che serve. Se avesse contato solo quelli in grado di funzionare effettivamente quella percentuale sarebbe salita di molto e probabilmente addio giallo. Ma certamente anche altre Regioni hanno fatto così ed è per questo che ho parlato di 18 politico.
Già che ci siamo diamo una occhiata all’andamento della pandemia nell’ultimo mese e mezzo per vedere l’impatto dello screening di massa. Dai dati ufficiali che usa il Ministero per l’attribuzione delle zone colore risulta che prima dell’inizio dello screening di massa (che ha avuto avvio il 18 dicembre) ogni 2 settimane si verificavano nelle Marche 288 nuovi casi (dati della settimana dal 14 al 20 dicembre che ricomprendevano anche i nuovi casi della settimana precedente). Che sono rapidamente saliti nelle successive settimane a 293 (settimana di Natale), 352 (settimana di Capodanno), 444 (settimana della Befana) per poi scendere a 410 e 358 nelle settimane successive, ma senza tornare ancora al livello di prima di Natale e di prima dello screening.
Ma è andata a tutte le Regioni così? Nel Lazio che andava come noi e non ha fatto lo screening di massa la curva è salita di meno ed è scesa prima tornando nell’ultima rilevazione sotto al livello di prima di Natale. Ma c’è anche a chi è andata molto peggio, come la Provincia di Bolzano che ha di gran lunga la maggiore incidenza di nuovi casi in Italia pur avendo fatto uno screening di massa efficientissimo con due cittadini su tre (350.000 tamponi in tutto) che hanno partecipato allo screening nel giro di tre giorni a fine novembre (nelle Marche ne sono stati fatti 230.000 in 40 giorni con la partecipazione di un cittadino su 5).
Perché lo screening di massa non incide e forse fa peggio? Le ipotesi: perché dà troppi risultati sbagliati, perché dà un senso di falsa sicurezza e perché toglie il personale da dove serve di più. Tanto è vero che la stragrande maggioranza delle Regioni non lo fa a partire da quelle che vanno meglio come la Toscana o come la Provincia di Trento che ha scelto di non copiare i vicini dell’Alto Adige rispetto ai quali hanno all’ultima rilevazione ministeriale una incidenza di nuovi casi di meno della metà.
Da domani comunque siamo in zona gialla. I cittadini marchigiani se la aspettavano e se la meritavano. Prendiamola però non come una promozione a pieni voti, ma come una di quelle promozioni che si danno accompagnate da frasi tipo “sappiamo che può fare di più e per questo abbiamo voluto promuovere”. Il fare di più vuol dire per i cittadini mantenere e rafforzare tutte le misure che servono a minimizzare il rischio di contagio e per chi governa vuol dire portare le risorse dove servono togliendole da dove purtroppo rischiano solo di fare propaganda.
*Medico e dirigente sanitario in pensione
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