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Diego Urbisaglia fuori pericolo:
«Ho sconfitto il Covid 19
e adesso penso a sposarmi»

ANCONA - il consigliere comunale dei Verdi e vigile del fuoco ha aperto gli occhi dopo un mese di ricovero all’ospedale di Torrette e 14 giorni di terapia intensiva intubato. Adesso dovrà affrontare un periodo di riabilitazione. «Al ritorno in politica ora non penso. Certo, sto perdendo delle opportunità. Con la malattia è saltata quella di divenire presidente della settima Commissione, ma non mi interessa. Le priorità sono la mia famiglia e i miei figli» racconta

Il vice presidente del Consiglio comunale, Diego Urbisaglia

 

di Marco Benedettelli

È calmo e lucido come sempre, Diego Urbisaglia. Le sue parole sono forti e serene. Dopo un mese di ricovero all’ospedale di Torrette, e 14 giorni di terapia intensiva intubato e profondamente sedato, il Consigliere comunale dei Verdi e Vigile del fuoco ha aperto gli occhi ed è tornato a respirare, con l’aiuto degli occhialini per l’ossigeno. A 42 anni, con tre figli, il covid lo ha aggredito con ferocia, ma la sua situazione polmonare ora è rassicurante, come racconta al telefono dal reparto di Malattie infettive di Torrette: «Forse il primo ringraziamento va alle donne della mia  famiglia, mia moglie Gloria e mia sorella Federica. Si sono dimostrate due leonesse, si sono sobbarcate tutti i problemi e le angosce con un coraggio indescrivibile». E poi il pensiero va al calore della comunità che si gli si è stretta attorno. Diego è molto conosciuto in città grazie alla sua appassionata attività politica ormai pluridecennale e le sue doti umane: «L’affetto è andato oltre ogni mia possibile immaginazione. Tornato cosciente, ho acceso il telefonino e mi si è aperto un mondo. Ho visto i video di solidarietà dei miei amici, le manifestazioni di vicinanza anche goliardiche e scherzose nel mezzo della difficoltà, i videomessaggi di “tieni duro” che mi hanno dedicato addirittura dei vip,  Bobo Vieri, Rocco Siffredi, Daniele De Rossi. E poi i segnali di legame profondo. Sono rimasto incantato».

La sua voce è di chi sorride. Ora però, continua a spiegare, il percorso è ancora lungo. Ci sarà la riabilitazione, probabilmente al Santo Stefano di Porto Potenza Picena. «Purtroppo non riesco ancora a muovere le gambe. È da capire se sia una conseguenza della staticità di questo mese o un postumo neurologico della malattia, da recuperare con gli esercizi. In ogni caso, ne avrò per mesi. Dovrò vivere in reparti protetti e in isolamento e non potrò riabbracciare i mie tre figli prima di una novantina di giorni. Mi perderò i compleanni di Davide e Caterina», riflette con rimpianto. «Oggi quando ci parlo in videochiamata li tranquillizzo, il più possibile». Per la sua famiglia il periodo è stato a dir poco durissimo. Mentre Diego Urbisaglia finiva in sedazione, il contagio da Covid ha colpito i suoi genitori, ricoverati anche loro entrambi a Torrette. Ora stanno meglio. «Ho scoperto della loro malattia solo l’altro ieri. Per mia sorella Federica sono stati giorni molto tesi, che lei e la mia compagna Gloria hanno affrontato con grande forza». Uno degli spettri più paurosi del ricovero da Sars-CoV-2 è la solitudine. Dalla mattina alla sera il mondo è distanziato, l’incomunicabilità è asfissiante e poco si capisce della propria condizione, sia nel bene che nel male, confusi e frastornati dagli effetti del virus. «Ma io ho avuto una grande fortuna, quella di avere mia sorella vicino. Lei lavora al reparto intensivo di Torrette come ausiliare. E mi ha tranquillizzato, è stata al mio fianco al risveglio. Mentre ero intubato ho fatto sogni molto complicati, realissimi e al contempo assurdi. Succede così quando si è in sedazione profonda. C’è voluta mia sorella per dirmi che certe cose non erano avvenute e le avevo solo immaginate nel sonno farmacologico. Senza di lei in ospedale ad aggiornarmi sulla mia salute sarebbe tutto più difficile».

I brividi della febbre sono arrivati a Diego a fine gennaio, era domenica e passeggiava al porto con la compagna Gloria. «Il mio medico ha subito individuato i sintomi. In breve la febbre è salita. Sono rimasto dieci giorni chiuso a casa con la bombola di ossigeno. Non miglioravo, finché non mi hanno ricoverato. Ho il forte sospetto che si sia aspettato troppo però e la polmonite ha avuto modo di avanzare. Sto vedendo persone della mia età arrivare in ospedale dopo un periodo di febbre alta molto inferiore al mio». Una volta a Torrette, a Diego Urbisaglia è stato comunicato che la situazione era grave, bisognava andare subito in intensiva. «Mi sono ritrovato con le spalle al muro, non c’è stato nemmeno il tempo di riflettere, ho mandato solo qualche messaggio. Stavo per partire per una traversata, per un viaggio, era questa la mia sensazione». Le due settimane sono state lunghe, per tre volte il vigile del fuoco e consigliere comunale è  stato messo in posizione prona, per stimolarne la respirazione. Ma non arrivavano miglioramenti. Poi, finalmente la risalita. «Ora sono focalizzato solo sulla salute, a migliorare. Al ritorno in politica ora non penso. Certo, sto perdendo delle opportunità. Con la malattia è saltata l’opportunità di divenire presidente della settima Commissione, ma non mi interessa. Penso alla mia famiglia, ai miei figli. Quando tutto sarà finito, io e la mia compagna Gloria ci sposeremo. E ci sarà modo di abbracciarsi con gli amici, che si sono dimostrati il mio orgoglio. Faremo un bel pranzo a cielo aperto e sotto il sole, tutti assieme».

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