di Claudio Maria Maffei*
Da lunedì torniamo in zona arancione. Era inevitabile ed anzi certe misure potevano essere adottate prima dalla Regione che si è ridotta all’ultimo anche per quelle aree della Provincia di Ancona in cui era evidente che andavano adottate subito misure energiche. Dove invece la Regione ha messo una inutile e costosa energia (se non addirittura pericolosa) è nella promozione indiscriminata dei test rapidi, acquistati addirittura per milioni di tamponi. Cerchiamo allora di capire quando servono e perché sono potenzialmente pericolosi, oltre che certamente costosi.
Il punto di partenza è che questi test rapidi hanno problemi di validità. Si sa in partenza che uno su 5 può risultare negativo in una persona in realtà infetta. Ma questo dato è quello che ha comunicato la ditta che lo produce, dato però calcolato in condizioni ideali su soli 40 soggetti positivi. Che sarà successo quando il test è stato usato su centinaia di migliaia di persone sul campo nello screening di massa? Nessuno lo sa perché la Regione ha fatto un controllo sul campo sui soggetti positivi (anche se non è stato reso noto il risultato dei test di conferma dei tamponi trovati positivi), ma non ha fatto nulla per capire cosa è successo nei soggetti risultati negativi. Molti hanno sentito i racconti di persone risultate negative a un test rapido che poi sono risultate positive. Così come molti avranno sentito dire a chi ha fatto il test “adesso mi sento più tranquillo” per poi aggiungere che così sarebbe andato a una cena o ad un pranzo. Dimostrando di non avere capito due cose fondamentali: che il test rapido a volte sbaglia e ti rassicura quando non dovrebbe e che comunque anche se sei negativo oggi potresti diventare positivo domani.
E allora che è successo? Che le Marche dopo l’inizio dello screening di massa hanno visto peggiorare i propri dati, esattamente come è successo in Provincia di Bolzano dove hanno fatto in modo molto più efficiente lo stesso screening. Lì hanno partecipato due cittadini su tre in uno screening durato tre giorni. Nelle Marche ha partecipato un cittadino su 5 in uno screening durato oltre 40 giorni. Qual è la possibile spiegazione di questo risultato paradossale con una Operazione dal nome Marche Sicure che coincide con il peggioramento dei dati? Quella di prima: troppe false sicurezze a fronte di pochi casi positivi veri trovati e messi in isolamento. Oltretutto il test usato nelle Marche non è almeno per ora tra quelli (diciassette) riconosciuti validi per gli scambi all’interno della Unione Europea. Come dire: forse c’era di meglio.
E allora perché la Regione ha fatto lo screening e quanto ha speso per farlo? Lo ha fatto perché la politica lo ha deciso senza il supporto di alcuna Commissione Tecnica impegnando (non necessariamente speso) molti milioni di euro con una prima fornitura che da sola è costata oltre 1.330.000 euro. Come tutte le cose finite male la paternità della iniziativa sarà difficile da attribuire. Pensare che una Regione con una Giunta pure di centro-destra, il Piemonte, grazie alle indicazioni di una Commissione lo screening di massa non lo ha fatto.
Ma i test rapidi allora non servono? No, in realtà possono essere utilissimi, ma quando usati in modo mirato per lo screening di soggetti a rischio o con sintomi da verificare al più presto. La Regione invece continua nonostante tutto a crederci ciecamente visto che adesso li rende disponibili anche presso le farmacie e in un numero crescente di strutture private di tutti i tipi. In pratica oggi il test rapido lo fai dove vuoi e quando vuoi. Se te lo fanno bene, con un test valido e tu sai usare bene il risultato quando viene negativo e quindi rispetti tutte le regole come se non l’avessi fatto, allora magari sarà spesso inutile, ma almeno non dannoso. E qualche soggetto positivo magari lo troverà ed aiuterà la sua gestione. Ma non sarà con questi test che miglioreremo la nostra situazione.
Certo fa specie pensare che mentre tanto personale era impegnato nello screening di massa (organizzato per almeno 750.000 persone quando ne ha partecipato un terzo circa rispetto al minimo previsto) c’erano carenze di personale in tutti i servizi, da quelli residenziali a quelli dei Dipartimenti di Prevenzione e degli ospedali.
Dalle esperienze negative si può imparare, ma devi avere l’onestà di riconoscerle sbagliate.
*Medico e dirigente sanitario in pensione
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