di Alessandra Pierini
«In questo momento abbiamo due bambini con Mis-c (sindrome multi-infiammatoria sistemica ndr), uno prossimo alle dimissioni e uno di cui seguiremo l’evoluzione». A dirlo è Salvatore Cazzato, direttore di Pediatria al Salesi di Ancona. Dall’inizio della pandemia ad oggi i casi di bambini e bambine interessati da questa malattia, simile per alcuni aspetti alla più nota sindrome di Kawasaki, sono stati in totale 15.
Dottor Cazzato, cos’è la Mis-c?
«Nella fase pandemica che stiamo vivendo, è una forma di malattia legata al contagio da Sars Cov 2. E’ una infiammazione che può interessare ogni tipo di organo, ad esempio il cuore o l’apparato gastro intestinale»
Quali sono i sintomi che devono essere per i genitori un campanello di allarme?
«Il bambino presenta febbre persistente a cui possono associarsi altri sintomi di allarme come una manifestazione cutanea e congiuntivite. Bisogna quindi far visitare il paziente che sarà sottoposto ad una serie di accertamenti volti ad escludere altre patologie e confermare la diagnosi».
Come evolve questo tipo di malattia?
«Questi pazienti vanno inquadrati con una serie di analisi, poi possono aver bisogno di terapia intensiva o di un ricovero in reparto. Ci vogliono diversi giorni perché il processo infiammatorio si spenga e il quadro clinico rientri».
Ci sono altre malattie legate al Covid?
«Più che altro abbiamo forme acute di Covid. I bambini sono per la maggior parte asintomatici. Nella prima fase i più piccoli avevano per lo più conseguenze gastro intestinali, in questa fase dell’epidemia invece vediamo problemi respiratori negli adolescenti. E’ vero che di solito si tratta di casi con condizioni predisponenti, come ad esempio l’obesità che spesso aggrava il quadro clinico».
Quali sono le fasce di età più interessate?
«L’aggravamento a causa del Covid o per infiammazioni successive ad esso tende ad interessare più spesso il bambino in età scolare o l’adolescente. Non è tipico dei bambini piccolissimi».
Qual è attualmente la situazione nel vostro reparto?
«Abbiamo una riduzione dei casi per cui sono moderatamente ottimista. Una riduzione legata alle scuole chiuse, anche se io sono assolutamente addolorato per la chiusura che procura al bambino un danno importante che vivrà nel lungo periodo. La scuola di per sé non è un focolaio e va aperta il primo possibile. Il bambino non si infetta nelle scuole ma più spesso nelle famiglie o all’esterno della scuola e nei tragitti che fa per raggiungerla».
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