di Monia Orazi
Traballa una delle ultime certezze industriali del settore del “bianco” fabrianese, l’Elica di Francesco Casoli, delocalizza il 70 per cento della produzione effettuata negli stabilimenti di Cerreto, Mergo e Fabriano, con la chiusura totale di Cerreto dove lavorano circa 150 persone e prevede «per l’area Cooking Italia la trasformazione del sito produttivo di Mergo nell’hub alto di gamma – sottolinea una nota aziendale -, il trasferimento delle linee produttive a maggiore standardizzazione nello stabilimento di Jelcz-Laskowice in Polonia e l’integrazione nel plant di Mergo dell’attività oggi realizzata nel sito di Cerreto.
Tale riorganizzazione, che terrà conto delle attuali normative sul blocco dei licenziamenti nel settore manifatturiero, prevede un impatto occupazionale complessivo di circa 400 persone negli stabilimenti di Mergo e Cerreto. Questa “dolorosa scelta” servirà a salvaguardare la strategicità e la centralità dei siti di Fabriano e di Mergo e consentirà di mantenere il cuore e la testa del gruppo nelle Marche». L’azienda nella nota specifica che dal 2016 ad oggi nel settore Cooking sono stati investiti 45 milioni di euro, con una perdita complessiva di 21 milioni e mezzo di euro in cinque anni, nonostante il ricorso ad ammortizzatori sociali. Proprio un anno fa Elica aveva festeggiato il mezzo secolo di attività. Una notizia che fa tremare i polsi alla già fragile economia del distretto fabrianese con ripercussioni a cascata nelle pmi dell’indotto e nelle zona di provenienza delle maestranze che spaziano dall’Umbria al maceratese e all’anconetano, che a distanza di circa 15 anni dall’inizio della crisi produttiva del manifatturiero, non ha trovato ancora un modello produttivo e sociale alternativo e ancora perde pezzi importanti.
I dipendenti da stamattina sono ai cancelli degli stabilimenti, a Cerreto hanno messo un gazebo per ripararsi dal sole forte che sembra di maggio. Scuotono la testa, dicono che lo stabilimento è in attivo, che si producono i piani cottura innovativi Tesla, che solo a Natale è stato detto loro che Cerreto era uno stabilimento di punta del gruppo. Si aspettavano qualche sacrificio, ma non una tegola così pesante, anche perchè ad Elica già con l’acquisizione della Turboair qualche limata ai numeri dei dipendenti, con il ricorso agli ammortizzatori sociali, c’era già stata. “Mai domi” recita un lenzuolo attaccato alla recinzione, sui cui spiccano le bandiere sindacali. Resteranno lì ad oltranza dalle 5 del mattino alle 21,30 di sera, per far sentire le loro ragioni, loro che da dicembre sino a metà febbraio hanno lavorato anche nel turno di notte per tenere il ritmo della produzione, anche con dipendenti interinali chiamati a dare supporto.
Stamattina al presidio sono passati il sindaco di Cerreto David Grillini e Michela Bellomaria vicesindaco. «Ci sentiamo vicini ai lavoratori e faremo quanto è nelle nostre possibilità per stare loro vicino – ha detto il primo cittadino – abbiamo convocato per il pomeriggio un incontro on line con gli altri sindaci dell’ambito territoriale, a cui parteciperanno tutte le sigle sindacali, per valutare che strada prendere. E’ una situazione che va ad aggiungersi ad altre gravi già esistenti, alla crisi economica iniziata dal 2007, alla chiusura di altre importanti realtà produttive. Parliamo di un centinaio di operai che lavorano in questo stabilimento a cui si sommano quelli dell’indotto, ci sono tante famiglie in difficoltà».
Presenti anche le sigle sindacali del settore. Giampiero Santoni della Fim Cisl, spiega che è l’esito di un percorso durato 12 anni, ma di cui non ci si aspettava un epilogo così forte: «Oggi viene meno la proprietà, cioè Casoli, si sta andando verso la finanza pura, con l’entrata del fondo Tamburi che sta prendendo sempre più potere, chiaramente si guarda più al risultato economico, che alla responsabilità sociale verso un territorio.
Abbiamo fatto numerose segnalazioni, inviato lettere alla proprietà, qualcosa ci aspettavamo, ma non questi numeri. Ieri ci è stato presentato un piano industriale che devasta il territorio fabrianese, ancora più di tutte le crisi del settore elettrodomestici, il cosiddetto settore del bianco. Questo significa che una multinazionale come questa, fra tre anni, non rimane in piedi, ma è una multinazionale destinata ad esportare le produzioni all’estero dove ci sono costi minori di produzione. Ci attendiamo un grosso calo di produzione nel settore degli elettrodomestici, quando finirà questa richiesta su tutto il territorio Emea (Europa, medio oriente, Africa, ndr). Siamo molto preoccupati per l’indotto, sicuramente altre aziende saranno costrette a delocalizzare all’estero, perchè non si può pensare di fare il terzista in Italia e poi esportare all’estero».
E’ pronto alla battaglia con le altre organizzazioni sindacali e i lavoratori Vincenzo Gentilucci della Uilm: «I lavoratori hanno appreso ieri la notizia in modo drammatico, sono andati fuori dalle fabbriche per dare un segnale forte.
Non potremo mai ragionare su ulteriori esuberi sul territorio. In passato con questa azienda abbiamo fatto numerosi accordi di snellimento della forza lavoro volontari, avendo come obiettivo quello di dare un futuro migliore a chi restava dentro la fabbrica, non più a sei ma ad otto ore di lavoro. Le dichiarazioni di ieri hanno vanificato anni di confronto e trattative con il sindacato. Qui a Cerreto si fanno le produzioni di alta gamma Tesla, per cui avendo l’azienda sempre detto che l’alta gamma sarebbe rimasta in Italia, pensavamo che non ci fosse nessuna ripercussione, stando alle logiche aziendali. Avanziamo una richiesta di segno contrario alla delocalizzazione: vogliamo che siano riportate in Italia altre produzioni che oggi si fanno in Polonia, come avvenuto in passato quando la produzione di una cappa è stata portata in Italia. Oggi forse c’è qualcun altro che decide per Casoli, o lui ha cambiato idea rispetto a quello che ha sempre detto, che l’Italia per il gruppo è centrale».
Pierpaolo Pullini della Fiom Cgil avverte che la vertenza sarà lunga, dato che il piano di riorganizzazione aziendale presentato ieri riguarda gli anni dal 2021 al 2023: «Non possiamo sostenere questa posizione dell’azienda, non ci si può limitare a ridurre il numero degli esuberi, è necessario mettere in piedi una iniziativa che riguardi tutto il territorio, tutte le istituzioni affinché la produzione rimanga sul territorio di Fabriano. In dodici anni abbiamo fatto accordi perchè si tornasse alla piena occupazione e fossero pienamente sostenibili tutti gli stabilimenti. Abbiamo dimostrato che è sostenibile, continuare a produrre in Italia. Oggi Elica ci viene a dire in un’ottica esclusivamente finanziaria che ha la necessità di delocalizzare una parte importante di produzione, anche di alta gamma in Polonia per aumentare la propria competitività e la propria efficienza, su questo chiede anche soldi pubblici per gestire i licenziamenti su questa cosa siamo completamente contrari. A gennaio ci hanno detto che andava tutto bene, ieri hanno comunicato gli esuberi: non è questo un modo di gestire le relazioni industriali, che appartiene alla storia di questa azienda. Lavoreremo per costruire una prospettiva per le generazioni future».
La deputata del Pd Alessia Morani ha sollevato in parlamento la questione del gruppo Elica, chiedendo l’intervento urgente dei ministri del Lavoro Andrea Orlando e dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. «Chiedo – ha detto Morani – che il gruppo Elica delle Marche venga convocato con urgenza dal governo, in particolare dai ministro Orlando e Giorgetti, perchè è notizia di ieri che il gruppo voglia delocalizzare in Polonia. Cosa che comporta una perdita stimata di 4-500 posti di lavoro e il coinvolgimento degli stabilimenti di Mergo e di Cerreto d’Esi. Voglio esprimere in quest’aula la solidarietà nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici che sono in presidio permanente e che meritano da parte del governo l’attenzione per quello che sta avvenendo. Quella del fabrianese – ha ricordato Morani – è un’area in cui si è già conosciuta la disoccupazione per la crisi ex Merloni e credo che il governo debba mettere in atto tutte le azioni e le soluzioni possibili per evitare che il gruppo delocalizzi i suoi stabilimenti causando un dramma sociale in un territorio che è già stato duramente colpito».
A Mergo stamattina è intervenuto il presidente della Provincia di Ancona Luigi Cerioni: «La delocalizzazione non può essere la risposta, soprattutto in questi momenti. Oggi siamo qui – ha detto il presidente allo stabilimento di Mergo – perché abbiamo appreso con sgomento che ancora una volta programmi di ristrutturazione aziendale prevedono tagli drastici, se non definitivi, della capacità produttiva: questo significa ancora una volta delocalizzare. Ecco, questa non può essere la risposta, soprattutto in questi momenti. Chiediamo al governo regionale e al governo nazionale di intervenire e chiediamo soprattutto all’azienda di rivedere la sua posizione».
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