di Claudio Maria Maffei*
Cerchiamo di dare un contesto ed il giusto senso alla notizia che da martedì dopo Pasqua le Marche passeranno in zona arancione e quindi ad un sistema di regole più “allentato”. Le Marche sono state per qualche giorno in bilico tra la zona rossa e la zona arancione, ma poi con i dati della settimana dal 22 al 28 marzo siamo finiti in arancione. Credo siano stati decisivi il famoso (e fumoso) indice R(t) e il tasso di incidenza settimanale di nuovi casi di 226,75 ogni 100.000 abitanti che è al di sotto di quella soglia di 250 che non andava superata.
Diamo però una occhiata completa a tutti i dati in modo da capire come va interpretato il nostro nuovo colore. I dati innanzitutto confermano la forte variabilità tra le 5 province con una incidenza di 250 (e quindi proprio al limite) per Ancona e di 238 per Pesaro, 235 per Macerata, 167 per Ascoli Piceno e 129 per Fermo. Ma i dati – e soprattutto le voci da chi lavora sul campo – confermano soprattutto la drammatica situazione della rete ospedaliera: terapie intensive ancora piene e ospedali ancora pieni. E quindi difficoltà a ricoverare chiunque e difficoltà a garantire le cure intensive a chi ne ha bisogno . Anche ieri 88 pazienti Covid in Pronto Soccorso. Poi, come se tutto il resto non bastasse, gran parte delle attività chirurgiche sono al momento bloccate o ridotte in gran parte degli ospedali pubblici.
Guai allora se in questa fase in cui la vaccinazione sta procedendo ancora con lentezza per le carenze nella fornitura del vaccino (nelle Marche sono state vaccinate circa 100.000 persone su una popolazione di 1 milione e mezzo di abitanti) si allentasse la attenzione nei confronti dei corretti comportamenti individuali e sociali. Purtroppo molte regole fissate dai vari provvedimenti nazionali sono oggettivamente e forse consapevolmente “stupide”, nel senso che si capisce subito che sono inventate e buttate lì senza alcun fondamento scientifico e manco logico con l’unico obiettivo di disincentivare al massimo qualunque attività sociale a rischio. Lo sono (stupide) ad esempio quelle relative all’attività all’aperto individuale da farsi vicino casa quando sei rosso o dentro il comune se sei arancione. Vallo a spiegare in termini scientifici. Oppure vai a spiegare la differenza tra i negozi di abbigliamento per bambini e quelli per adulti.
Purtroppo questa sensazione di illogicità che provocano alcune regole ha finito col diventare in tanti (sicuramente in troppi) una sorta di insofferenza scettica nei confronti di qualunque altra regola comprese quelle che invece sono di fondamentale importanza riguardanti ad esempio la frequenza di spazi chiusi comuni che va limitata al massimo e fatta nel rispetto del giusto distanziamento con mascherina.
In fondo le cose da tenere a mente sono semplici: c’è ancora una grande circolazione del virus nella popolazione, la trasmissione avviene solo da persona a persona, la trasmissione è favorita negli ambienti chiusi, il giusto distanziamento e la mascherina riducono di molto il rischio di trasmissione. Perché l’impatto tragico della pandemia si riduca occorre che tutti sempre si ricordino di queste cose specie nei giorni di passaggio da una zona di rischio ad un’altra. Un mese fa circa ci furono tragiche conseguenze a seguito di pranzi, cene, aperitivi e feste prima del passaggio in zona rossa e adesso rischiamo gli effetti dei festeggiamenti per il passaggio inverso.
Il virus non sa niente dei decreti e per lui martedì prossimo è un giorno di lavoro come un altro. Siamo noi che rischiamo di scordarcene. Le regole della zona arancione ci danno un po’ di respiro: ottimo, facciamo buon uso di queste regole. Ma che di quel nostro respiro non si possa approfittare chi del nostro respiro è oggi il peggior nemico: il virus.
Buona Pasqua a tutti.
*Medico e dirigente sanitario in pensione
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