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“Bella ciao” è nata nelle Marche
«I primi canti sul Monte San Vicino
Ecco la lettera che lo prova»

STORIA - Lo studioso Ruggero Giacomini ha rivelato nel suo ultimo libro l'origine del celebre inno della Resistenza: «La documentazione è inoppugnabile, finalmente ci si accorgerà del radicamento del movimento partigiano nelle Marche»

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La busta della lettera della partigiana russa Lydia Stocks che aveva fatto la Resistenza sul San Vicino

 

di Alessandra Pierini

“Bella ciao” è nata alle pendici del Monte San Vicino, baluardo della Resistenza marchigiana. A dirlo è Ruggero Giacomini, storico originario di Sarnano, il quale ha dedicato un libro al canto partigiano, tornato alla ribalta internazionale anche per essere entrato nella colonna sonora della serie tv “La Casa di carta”. L’autore che vanta tra le sue pubblicazioni “Storia delle Resistenza nelle Marche (edita da Affinità Elettive), libro imprescindibile per chi si occupa di storia partigiana, si inserisce così nel decennale dibattito sulle origini del canto popolare, simbolo di libertà. Se finora la tesi più accredita era quella che le attribuiva la nascita nel 1944 nel Centro Italia, Giacomini indica con precisione l’accampamento di San Vicino come luogo di origine. Fondamentale per la sua scoperta il ritrovamento di un documento.

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Ruggero Giacomini

Giacomini, cosa l’ha spinta ad approfondire l’origine di “Bella ciao”?

«Già in “Storia della Resistenza nelle Marche”, c’è un capitolo dedicato ai canti partigiani che testimoniano il radicamento popolare del movimento. La scoperta che mi ha indotto ad approfondire questo argomento è stata la lettera di una partigiana russa Lydia Stocks che aveva fatto la resistenza sul San Vicino. Dal campo di internamento dell’isola di Wight in Inghilterra, il 24 aprile 1946 scrive ai compagni marchigiani con cui ha fatto la Resistenza. Nella lettera all’ex comandante azionista della brigata Garibaldi Marche, Amato Vittorio Tiraboschi, scrive con qualche errore: “Ricordo tutto quello che abbiamo provato, tutti quelle giovani ragazzi che andavano morire con il canto Bella ciao”. E’ una fonte insospettabile, una testimonianza non inquinata».

Lei parla di scoperta, ma in realtà di elementi ne aveva già in precedenza.

«Le testimonianze in realtà le avevamo sotto gli occhi. Ci sono memorie di partigiani che lo avevano raccontato. Prima di Lydia Stocks, nel 1945 l’allora parroco di Poggio San Vicino, piccolissimo comune del Maceratese abolito dal fascismo e ricostituito dopo la guerra, pubblica un opuscolo su un eccidio nel comune da parte dei tedeschi e riporta due versi della canzone Bella Ciao, spiegando che la cantavano anche i bambini dell’accampamento. Paolo Orlandini, partigiano di 95 anni, si ricorda bene quando cantavano Bella Ciao. Sollecitato dall’editore Castelvecchi, ho ripercorso la storia di Bella Ciao, riprendendo tutte le testimonianze disponibili. Si tratta di una documentazione inoppugnabile che consente anche di sgomberare il campo da miti in circolazione, come quello secondo cui sarebbe ispirato al canto delle mondine, quando invece è stato dimostrato che il canto delle mondine è successivo e si è ispirato a Bella ciao».

Che cosa cambierà secondo lei per le Marche dopo questa scoperta?

«Fuori dalle Marche, chi legge pensa che in questa regione non ci sia stata la Resistenza perché non è mai stata presa in considerazione. In realtà il movimento partigiano nelle Marche è stato molto radicato e diffuso. Il San Vicino me lo immagino come una nave tra gli Appennini e il mare e il monte che fa da albero. Questo vasto monte, rifugio e base dei partigiani, aveva una sua unitarietà, e collegava la provincia di Ancona e Macerata. Si tratta di una presenza, popolare, larga di adesioni che va oltre il radicamento delle forze politiche. A livello nazionale la Resistenza nelle Marche sarà una scoperta. Consiglio ai maceratesi, invece, di leggere “Lotta per la libertà e il dovere della memoria – Zeno Rocchi e  il 900 a Sarnano” che racconta la storia di questa figura di antifascista unica nella regione, anche commissario politico dei partigiani di Piobbico».

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