«Sono stato portato a conoscenza del programma di attività estrattive nel bacino di Monte Sant’Angelo. Faccio mie le considerazioni critiche del sindaco di Arcevia e del Comitato provinciale dell’Anpi di Ancona e mi permetto di aggiungere una riflessione: la memoria è un valore sociale collettivo, una sorta di bene comune riconosciuto dalla legge regionale del 2020 grazie a cui esiste il Parco della Memoria e della Pace. Elemento di tale memoria è il paesaggio, tanto più essenziale quanto più quei luoghi, quelle terre, quelle case sono stati muti testimoni della barbarie nazifascista. In tal caso quel paesaggio diventa sacro e perciò inviolabile perché rappresenta il naturale perenne monumento al sacrificio di una comunità». A parlare è il presidente nazionale Anpi Gianfranco Pagliarulo che commenta così in attesa che la Regione decida se dare o no il via libera alla Variante al Piano Provinciale delle Attività Estrattive approvato dalla Provincia di Ancona.
Un atto che prevede il ripristino del bacino estrattivo di Monte S. Angelo, nel Comune di Arcevia, previsione già annullata dal Consiglio di Stato nel 2011. Il Comune di Arcevia si è già opposto alla Variante, sia nel corso del procedimento in capo alla Provincia sia nella fase attuale, interloquendo con la Regione Marche. I motivi addotti sono oltre alla modificazione delle condizioni economico-sociali del territorio arceviese, la accertata erroneità delle previsioni sulle necessità di materiale calcareo contenute nel P.R.A.E., nell’ordine del 70% in più e il non aver preso in considerazione anche il bacino estrattivo di Monte Rotondo, in Comune di Sassoferrato, pure previsto dal Piano Regionale per la Provincia di Ancona. Violare perciò la terra del Monte Sant’Angelo di Arcevia, a giudizio di Gianfranco Pagliarulo vuol dire «procurare una ferita irrispettosa della memoria locale, ma anche della memoria nazionale troppe volte, negli ultimi anni, colpita da una campagna di negazione dei valori della Resistenza; aggiungo che tale progetto sembra per di più di dubbia utilità anche ai fini di un’impresa produttiva».
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