di Giampaolo Milzi
Svettava alto, nel suoi elegante stile Llberty, a piazza Cavour, a due passi dallo Clalet-bar “4 Fontane”. L’unico del quattro lampioni (gemelli) deceduti per morte naturale decenni fa – che si affacciavano sulla stessa via pedonale e riservata agli autobus che taglia la popolarissima piazza – ad aver resistito ad accidenti e corrosive intemperie. Peccato che sei anni fa è stato abbattuto da mani umane ed istituzionali. Poi è sparito.
Ed è come se il suo fantasma aleggiasse oscuro, tra gli altri impianti d’illuminazione d’epoca che riflettono la loro luce anche sul monumento a Cammillo Benso, tingendo di nero quello che è un vero e proprio giallo. Da quanto ricostruito e indagato in collaborazione col prof. Giorgio Petetti, noto ambientalista de “Il Pungitopo”, circolo di Legambiente cittadino, sono saltate fuori le fotografie che ritraggono lo slanciato e prezioso palo in metallo decorato ben piantato sul marciapiede vicino al quella che era la fermata del Cotran. Alcune di queste foto sono in possesso di Petetti, scattate nel 2005. Ma soprattutto almeno un’altra, più recente, datata 23 settembre 2015 è presente nell’ampio faldone contenente le varie documentazioni del cantiere che dal 2014 eseguì il restauro conservativo di piazza Cavour, reinaugurata il 22 luglio 2016. Cantiere, va ricordato, che interessò solo il primo assetto originario della piazza, inaugurata nel 1868 in attuazione di un progetto nato da un’idea dell’ing. Michele Bevilacqua.
I lavori non riguardarono le zone adibite a giardini, articolati in quattro isolati triangolari contornati da strade veicolari, che videro la luce intorno al 1925, quando il tratto di mura e la porta Cavour che si apriva al centro di esse furono demoliti per permettere l’espansione della città lungo l’asse del nuovo viale Adriatico, poi della Vittoria. La parte della piazza, esclusa dalla generale ristrutturazione completata nel 2016, comprendeva come si è accennato l’area verso est, con la via del capolinea Cotran, altri giardini e il lampione “desaparecido”. Un’opera di gran pregio, con la sua slanciata forma cilindrica: vicino alla base lo stemma del Comune di Ancona; guardando verso l’alto, belle decorazioni ornamentali in più “sezioni”, fino all’unica lampada sommitale sorretta da un sottile braccio costruito in forme circolari e ondulatorie.
A forza di indagare nella burocrazia di Palazzo del Popolo, ecco una scoperta: il 24 settembre 2015 l’allora architetto a capo della Direzione verde pubblico e cimiteri del Comune firmò un atto ordinativo in cui sollecitava AnconAmbiente a smontare il quasi centenario pastorale d’illuminazione – “in quanto versa in pessime condizioni” (recitava l’atto) – e a sostituirlo con un palo in acciaio volto a sostenere i cavi elettrici funzionali ad alimentare macchinari e strumentazioni del cantiere di piazza Cavour. L’amministratore delegato di AnconAmbiente, al tempo, rispose affermativamente all’ordinativo il 2 ottobre successivo. Ed ecco, a riprova, ancora una foto, del 5 ottobre 2015 (anch’essa pare sia nel dossier del cantiere): in cui compare il palo d’acciaio temporaneamente predisposto, ma non c’è traccia dell’antico lampione accanto al quale sostavano i bus.
Antico lampione “fatto fuori” dunque perché “in pessime condizioni”. Nelle foto scattate da Giorgio Petetti 10 anni prima le condizioni in cui versava sembravano più che accettabili. Di più. Piazza Cavour è tutelata, protetta e vincolata da decenni come prezioso bene storico. Lo affermano un decreto ministeriale del 1959. Ma anche altre normative, stando ad accertamenti eseguiti da Petetti. Il quale precisa «che tutta la piazza, compresi arredi, panchine e altre opere e pertinenze, e intesa nella sua forma più allargata verso est, dov’era il lampione volatilizzatosi, è soggetta a vincolo». Ed eccole le normative di salvaguardia e valorizzazione: fondamentale il decreto legislativo n° 42 del 22 gennaio 2004 che ha varato il Codice dei beni culturali e del paesaggio e cita “le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico” (parte seconda, titolo 1, capo 1, art.10, lettera g); piazza Cavour è ricompresa tra i beni storici ed ambientali indicati nella relativa Carta dei vincoli del Comune di Ancona; la stessa piazza è citata come “di notevole interesse pubblico perché costituisce un quadro naturale di comune bellezza avente valore estetico tradizionale” dall’elenco dei Beni paesaggistici dell’ente Regione Marche ed è quindi “sottoposta alle disposizioni (di vincolo, ndr.) della legge 29/6/1939 n° 147; di piazza Cavour si occupò anche la Commissione provinciale di Ancona per la protezione delle bellezze naturali, che nel corso di una riunione del 2 novembre 1957 la incluse nell’elenco dei beni da sottoporre alla tutela paesaggistica. Certo quindi che tutta l’area di piazza Cavour in senso lato, compresi i giardinetti ad est verso largo XXIV Maggio e quindi il lampione “fantasma”, sono tutelati dalla Soprintendenza. Legittimi quindi alcuni interrogativi: nel 2015 il Comune chiese il nulla osta alla Soprintendenza prima di ordinare la rimozione del lampione? E, ammesso e non concesso che versasse in gravi condizioni di salute, non poteva essere sottoposto a restauro?
Quanto ad AnconAmbiente, che smontò e rimosse il lampione, non si può dare per scontato che l’abbia poi destinato ad una discarica. Una ipotesi che Antonio Gitto, presidente appunto di AnconAmbiente, tende seppur con cautela ad escludere. Tanto che da alcune settimane si è dato da fare affinché personale dell’azienda controlli minuziosamente i suoi depositi. La speranza che il lampione sia stato lasciato in uno di questi è ancora viva. Ma per ora l’esito delle ricerche è negativo. In ogni caso, Giorgio Petetti ha deciso di presentare presto un esposto-sos alla Procura della Repubblica perché faccia chiarezza su questo giallo. Un appello per il ritrovamento del lampione, un eventuale restauro e la sua ricollocazione in piazza è partito anche da alcuni cittadini che ci tengono alle concrete memorie del passato anconetano. Si tratta di studiosi, saggisti, ricercatori storici. Tra questi, l’architetto Massimo Di Matteo, le archeologhe Gaia Pignocchi e Simona Petrelli, l’ex comandante della Marina Claudio Bruschi, l’esperto di araldica Giuseppe Barbone, l’architetto Manuela Francesca Panini, capo delegazione Ancona del Fai (Fondo Ambiente Italiano), l’ex direttrice della Pinacoteca comunale Costanza Costanzi, gli artisti Alfonso Napolitano e Rodolfo Bersaglia, l’amministratore del gruppo Facebook “Storica Ancona” Gianfranco Belemmi.
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