di Martina Marinangeli
Il 27 dicembre del 2020, il primario del pronto soccorso all’Inrca di Osimo, Adolfo Pansoni, riceveva la prima dose di siero anti-Covid nelle Marche. Quell’inoculazione di Pfizer segnò l’inizio della campagna vaccinale più imponente della storia, che oggi conta 2.708.776 somministrazioni ed oltre l’87% della popolazione regionale coperta con almeno una dose. I 12 mesi che hanno cambiato le sorti della guerra al virus e che, tra alti e bassi, ci hanno portato ora ad avere meno della metà dei ricoveri rispetto allo scorso anno. E tutto ebbe inizio in quel V-Day a due giorni dal Natale, con 200 volontari tra operatori sanitari delle strutture ospedaliere e delle Rsa a dare il via alle danze. Un avvio simbolico, tuttavia, perché all’inizio del 2021, le immunizzazioni partono, sì, ma non decollano: i rifornimenti delle fiale procedono lenti e si bloccano a più riprese. In quella fase si può contare solo su Pfizer e le forniture garantite dalla casa farmaceutica statunitense non sono sufficienti a coprire una platea che, almeno nelle prime settimane, ha riguardato solo il personale sanitario e socio sanitario. Il piano di vaccinazioni stilato dall’allora commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri, prevedeva poi di allargare la platea a pazienti delle Rsa ed over 80, con l’apertura di hub vaccinali distribuiti sul territorio.
La campagna esce così dagli ospedali per avvicinarsi alla popolazione, ma l’organizzazione è complicata e si registrano da subito criticità e battute d’arresto. Per molti anziani è complicato raggiungere i centri, e per stilare l’accordo tra Regione e medici di base per le somministrazioni a domicilio servirà qualche altra settimana. A questo punto, anziché procedere per fasce d’età – mettendo in sicurezza chi più di tutti rischia la forma grave della malattia, ovvero gli anziani – Arcuri ed il ministero della Salute decidono di cambiare la modalità di definizione del target, decidendo di partire con le somministrazioni a personale scolastico e forze dell’ordine da marzo. Ma proprio in questo frangente, ad Arcuri subentra il generale Francesco Paolo Figliuolo, che imprime una forte accelerazione alle vaccinazioni, sempre più di massa. E questo nonostante gli stop&go e gli scivoloni comunicativi. Giusto per citarne uno, il caso Astrazeneca, siero destinato prima agli under 55, poi agli over 60 dopo la morte della 18enne genovese per una rara forma di trombosi attribuibile ad una reazione avversa al vaccino e, infine, eliminato del tutto dal novero nel caso delle terze dosi. Una confusione che minerà pesantemente la fiducia nei vaccini a vettore virale (Astrazeneca e J&J).
Nonostante tutto, la campagna procede ed i ritmi si fanno più serrati, con il picco di inoculazioni raggiunto nei mesi di giugno e luglio quando, tra prime e seconde dosi, le Marche viaggiavano su una media di 15mila al giorno. La platea dei soggetti coperti almeno con una dose si fa sempre più consistente arrivando a coprire circa l’80% dei marchigiani, ma le ferie agostane segnano l’inversione di tendenza, con un numero calante di persone che si recano nei centri di vaccinazione per l’inoculazione. Contestualmente, iniziano ad arrivare i primi provvedimenti sanzionatori al personale sanitario no vax per non aver ottemperato all’obbligo vaccinale. A settembre arriva l’ok di Ema ed Aifa alla terza dose a completamento del ciclo primario e si parte da sanitari ed over 80 per arrivare, oggi, alle prenotazione per i ragazzi di 16 e 17 anni e per i soggetti fragili tra i 12 ed i 15 anni. In autunno, le restrizioni legate a Green pass e Super Green pass hanno dato nuova energia alla campagna vaccinale, che è tornata a viaggiare su numeri di somministrazioni giornaliere molto alti, che nelle Marche oscillano tra le 15 e le 17mila. Dal 15 dicembre sono partite anche le immunizzazioni dei più piccoli, ovvero la fascia tra i 5 e gli 11 anni, ma in questo segmento l’adesione è ancora bassa: nella nostra regione ha ricevuto la prima somministrazione solo il 2% circa della platea totale.
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