di Federica Serfilippi
«Godiamocela insieme». Un invito neanche tanto velato quello rivolto dall’infermiere Emanuele Luchetti al medico dell’hub del Paolinelli di Ancona per cercare di farlo entrare nel giro dei vaccini bluff. Era il primo dicembre del 2021 e il 50enne finito in carcere ieri per falso, corruzione e peculato era stato appena scoperto dal collega nella simulazione di una dose anti Covid. «Non gliela hai fatta per niente» si sente dire dal medico vaccinatore, trasformatosi in detective dopo aver tirato fuori lo smartphone e aver registrato la conversazione con l’infermiere, in un primo momento restio ad ammettere le dosi fasulle («mi sono arrivate delle pressioni più volte, ce l’ho sui fianchi»), poi convinto a trovare nel camice bianco un perfetto complice per allargare l’attività illecita («ce parliamo eh, troviamo una soluzione»).
Da quel momento, il medico, che in queste ore non ha voluto rilasciare dichiarazioni, si rileverà una collaborazione preziosissima per gli investigatori della Squadra Mobile, fingendosi spalla di Luchetti e corruttibile quanto lui. In quella giornata, il primo dicembre, il camice bianco registra anche la riscossione da Luchetti di 600 euro (soldi subito poi portati in questura): la metà di quanto ricavato da quattro finte inoculazioni (totale di 1.200 euro). Lo scambio sarebbe avvenuto nello spogliatoio dell’hub. L’infermiere indica anche la presenza sul posto di un intermediario: «il contatto è quello con la barba, lui è il proprietario del ristorante il Casablanca» si sente dire da Luchetti. Il riferimento è a Daniele Mecozzi, civitanovese finito ai domiciliari. Il primo dicembre, l’infermiere mette anche nei guai il legale anconetano Gabriele Galeazzi, pure lui ai domiciliari: «il contatto è l’avvocato, prima è partito con l’avvocato».
Per aver cercato l’appoggio del medico, al 50enne infermiere viene anche contestato il reato di istigazione alla corruzione per averlo indotto «a praticare le false vaccinazioni e a rilasciare i falsi certificati». Una proposta che il medico vaccinatore non ha mai accettato, tanto che risulta essere parte offesa della vicenda. E’ dalle conversazioni tra lui e l’infermiere, tutte consegnate agli inquirenti, che si evince il giro redditizio dei bluff vaccinali e il target di clientela. Luchetti parla di «gente con il soldo. Se abbiamo ‘na roba del genere bisogna farla di alto livello, nel senso che quando magni ridi». E ancora, sempre rivolto al medico che ha fatto scattare la denuncia: «noi famo una roba de lusso, troviamo una soluzione insieme».
Sulle modalità di accesso dei no vax: «Questi perché non sono prenotati, però?» chiede il medico. «Esatto» risponde Luchetti. E poi: «Ho detto a loro: ‘Cerca Emanuele del Csm» all’arrivo dell’hub della Baraccola. «La seconda dose altri soldi?» la domanda del medico. L’infermiere: «adesso vediamo cosa possiamo fare, per il momento è compresa prima e seconda». Le parole di Luchetti il 2 dicembre, sempre durante una conversazione con il medico: «facciamo incontri, facciamo una chiacchierata, poi ho smosso quell’altra romena, che c’ha quell’altro di Perugia che dovrebbe venì, altra gente da Perugia, c’è un altro di Bologna. Deve essere in modo tale che la gente arriva». Sul prezzo per le finte dosi: «300 l’abbiamo buttata così, adesso tra un po’ ci spostiamo». Alla domanda del medico sulla partenza dei vaccini bluff: «No, non siamo partiti adesso», facendo poi riferimento a un prezzo iniziale di 50 euro. Stando alla procura, nel periodo monitorato per una dose falsa sarebbero stati incassati dai 300 ai 450 euro. In una conversazione con un’altra indagata, intercettata dalla Squadra Mobile, Luchetti dice: «Tutto si pensava tranne che in un anno io compravo la casa. Fino a ieri piangevo che non gliela facevo a pagare 100 euro».
Avvocati, imprenditori, dipendenti pubblici: gli indagati dell’inchiesta sui vaccini bluff
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati